«Volgendo indietro lo sguardo (“y a volver la vista atràs”, dice Machado”), mi rendo conto che il viaggio si è fatto da solo. All’inizio sono andato soprattutto alla ricerca di un’identità personale, intima, come si dice di pancia, riemersa con i ricordi sollecitati dai luoghi alpini attraversati col treno. Poi hanno preso il sopravvento i segni di un’identità storica e collettiva». Così Lorenzo Sganzini commenta il suo ultimo libro: In Svizzera. Sulle tracce di Helvetia, raffinato romanzo di viaggio che arriva in libreria pubblicato da Gabriele Capelli Editore.
Il percorso comincia al triplice spartiacque dei fiumi Meira, Reno e Danubio, il Piz Lunghin in Engadina, per snodarsi attraverso tutta la Confederazione elvetica, alla ricerca di risposte non sempre facili da trovare per chi è nato in Ticino ed è separato dal resto del Paese, oltre che dalle Alpi, da distanze linguistiche e culturali. È allo stesso tempo un viaggio geografico, storico e interiore, quello di Sganzini, narrato con scrittura fine, profonda e ironica: l’autore segue le tracce di Helvetia, allegoria femminile di un paese particolare, in cui definire la propria identità significa confrontarsi continuamente con diversità e confini, con una storia in cui gli eroi non sono legati alle guerre.
Montagne, laghi e città sono i protagonisti, insieme ai molti personaggi dell’arte e della cultura, e perfino del mito, che della Svizzera hanno fatto la storia. I luoghi simbolo sono il Cervino, le gole della Schöllenen o il Grütli; i personaggi Guglielmo Tell (“ha ingolfato non poco la storia”), Nicolao della Flüe, il generale Guisan, Giacometti, Hodler, Frisch, Dürrenmatt, Rousseau, Erasmo, Calvino. Sganzini riscopre le città come incubatrici di un pensiero a cui non è estraneo il loro essere svizzere.
Il viaggio, partito tra le montagne, cuore geografico della nazione, si conclude al Palazzo federale di Berna, il suo cuore politico, dove, quasi a voler compensare la furia iconoclasta della Riforma, ogni spazio ne racconta la storia con statue e dipinti.
«Desideravo superare i luoghi comuni, abbandonare orologi a cucù, mucche, città ordinate e pulite - conclude l’autore -, per ritrovare e soprattutto raccontare una storia fatta di complessità e molte grandezze».
In Svizzera viene presentato sabato 29 ottobre, ore 11, presso LAC – Lugano Arte Cultura. Lorenzo Sganzini dialoga con Claudio Visentin, giornalista del Sole 24 Ore e del settimanale Azione.
ESTRATTO
Basilea è lì a sconfessare la famosa frase – un vero concentrato di luoghi comuni – pronunciata nel film Il terzo uomo da Orson Welles sull’invenzione dell’orologio a cucù, attribuita agli svizzeri, sbagliando perché a inventare l’orologio a cucù fu un tedesco della Foresta Nera (così che i più prevenuti completano aggiungendo... allora neppure quello): “In Italia sotto i Borgia, per trent’anni hanno avuto guerra, terrore, omicidio, strage ma hanno prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera, con cinquecento anni di amore fraterno, democrazia e pace cos’hanno prodotto? L’orologio a cucù”.
Quando all’estero si parla della Svizzera c’è sempre qualcuno che a un certo punto la cita. L’hanno fatto anche Umberto Eco e Mario Vargas Llosa. Il secondo, che deve aver letto Asterix e gli Elvezi, ha pure rincarato aggiungendo che gli svizzeri “hanno prodotto anche la fondue, un piatto sprovvisto di immaginazione ma decoroso e probabilmente nutriente”. E come la mettiamo cari Orson Welles e tutti gli altri, compreso Robert De Niro nello spot, questa volta però ironico, di My Switzerland in cui rifiuta a Roger Federer di prendere parte a un suo film perché “vedi Roger, malgrado la natura incontaminata e i bei paesaggi, voi svizzeri siete troppo perfettini, mi manca il pathos”; e come la mettiamo, dicevo, con Erasmo, Holbein il Giovane, l’editore Johann Froben, l’università e l’Umanesimo che, in quello stesso periodo, anche da queste parti non necessariamente troppo pacifico, hanno contribuito e non poco alla nuova visione del mondo? Qualcuno potrebbe obiettare che né Erasmo né Holbein - e nell’elenco potremmo metterci pure Calvino - erano svizzeri, dimenticando che il cosmopolitismo fu uno dei tratti distintivi del Rinascimento.
L’AUTORE
Lorenzo Sganzini (Lugano, 1959) è stato responsabile della Divisione cultura del Cantone Ticino, della Rete Due della RSI - Radiotelevisione svizzera di lingua italiana e dei servizi culturali della Città di Lugano durante la realizzazione del centro culturale LAC (Lugano Arte e Cultura). Nel 2020 ha pubblicato Passeggiate sul lago di Lugano. Di chiesa in chiesa tra arte e storia (Casagrande - Premio Internazionale di Letteratura Città di Como 2020).
PP: 184 / 18 euro - ISBN: 978-88-31285-38-4
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