di Germana Marini
un’indelebile impronta nel mondo letterario
Di che stupite, uomini dabbene,
impietosi censori, incensurati
farisei?
Di che temete?
Non ricadrà su di voi il suo sangue
rappreso, nella poltiglia di carne
Il suo cuore ormai tace.
“Alfine!”, esultate, ché scomodo
e molto per troppi quel genio
smascherava irridente i vizi
dei probi e i suoi stessi vizi;
ardito, spietato.
“Eretico”, dite?, “Bestemmiatore”?
Non nega:
quando mai negò la sua natura, lui?
Povera natura, umana, precaria,
di bene e di male commista,
mille volti in un volto,
sfaccettati, stridenti.
Poliedrico volto oltraggiato
di sputi,
cui l’estrema vergogna
ha precluso il riscatto.
“Non giudicate
E non sarete giudicati!”:
è dottrina di Cristo.
Cristo, infinito amore, misericordia
immensa.
E voi insospettati e laidi corruttori
salottieri, rotti ad ogni turpezza,
purché celata al sole,
deplorate dagli alti palchi
la sua indegna fine.
Fra trine e merletti è la morte
del giusto,
solo i topi di fogna li ammazzano
in strada,
i cani randagi, i tristi, i furfanti…
Seguitate a dissertare compiaciuti
sul massacro, sadici rovistando
nelle più gelose piaghe, scoprite
ragioni artificiose, infingarde.
La verità è una sola:
angelo e demone, mistificatore
e geniale, mite e violento,
atterrato e incensato,
egli, come tutti, fu solamente
un uomo!
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