2021-08-06

CHE STRAORDINARIO ROMANZO “CIN CIN ALLA BEFFARDA VITA”, PUBBLICATO DA GERMANA MARINI NEL 2014!



di Giovanni Alessi 
Nell’esplorare la mia straripante libreria alla ricerca di un introvabile volume, mi è capitato tra le mani un libro pluripremiato, con l’entusiastica prefazione della notissima psicoterapeuta Maria Rita Parsi, la firma della scrittrice Germana Marini , e pubblicato per i tipi delle Edizioni Cantagalli. 

Libro che celebra, come pochi altri, gli anziani, ed in particolare “i nonni”, definiti da Papa Francesco “una risorsa insostituibile per le famiglie”, tant’è che ha istituito la “giornata mondiale”, a loro dedicata il 26 luglio, ricorrente i santi Gioachino ed Anna, nonni di Gesù. 

Un testo di grande impatto, dall’autrice introdotto con i seguenti termini: 

A tutte le persone inguaribilmente “giovani dentro”, qualunque sia la loro età anagrafica. In special modo a coloro che, pur avendo da tempo varcata la boa degli “anta”, si rifiutano d’invecchiare. Non già scimmiottando figli e nipoti, abbigliandosi come i suddetti e adottando il loro tipico codice espressivo, bensì difendendo a spada tratta la propria freschezza d’animo e di pensiero dagli sleali attacchi di chi mira a scalfirla. Questo libro, in cui invenzione e autenticità delle vicende narrate 

s’intrecciano in un tutt’uno inscindibile, rappresenta il secondo atto di una trilogia, iniziata con “Così ho fermato il tempo” (Cantagalli 2009), ed è frutto di una lunga esperienza, relativa a quella che viene definita “terza età”, maturata in anni di sollecito interesse per le problematiche inerenti alla stessa, osservate con profonda empatia, commozione e tenerezza. Ho pianto senza ritegno- non mi vergogno ad ammetterlo- di fronte ad ultra ottuagenari, con una visione dell’esistenza e del mondo, proprio perché “infantile” improntata ad una sorprendente saggezza. La quale nulla ha a che vedere con dei Peter Pan timorosi di crescere, ma è privilegiato appannaggio di individui abbondantemente cresciuti, nei quali “il fanciullino di pascoliana memoria” continua a sopravvivere, Un libro -tributo, 

il mio, a quanti di essi riescono ad assaporare, istante dopo istante, il presente, senza volgersi nostalgicamente indietro e senza paventare il futuro.”. 

 

Estrapolerò ora alcuni passi dall’eccellente commento di Maria Rita Parsi, seguiti da un’illuminante asserzione di Franz Kafka: 

La giovinezza è felice perché ha la capacità di vedere la bellezza. 

Chiunque sia in grado di mantenere la capacità di vedere la bellezza, non diventerà mai vecchio. 

 

Ed ecco quanto la Parsi ha scritto sul libro stesso: 

 

“Nelle pagine di Germana Marini ho trovato molto di me e del mio mondo interiore. Anche l’anziano, infatti, come precisa l’autrice, porta in sé la creatività, l’affettività, la sapienza dell’infanzia, unica fonte di giovinezza non illusoria Alla vecchiaia si guarda con preoccupazione o con commiserazione e fastidio. Si dovrebbe invece guardare con invidia. Il non essere più “nell’occhio del ciclone” può invece costituire 

un vantaggio, uno stato di grazia che permette di sintonizzarsi su quella parte di sé che si chiama “anima”. Quante volte negli anziani vediamo lo straordinario coraggio dell’autenticità, magari dopo una vita di automortificazione, di dipendenza e ricatti affettivi: una “beffarda vita”, insomma.  È questa “nuova, insperata giovinezza”, che crea lo spazio spirituale di innamoramenti profondi, connotati dalla straordinaria purezza del sentimento, di cui anziani e bambini condividono la capacità”. 

E così la Parsi incalza: 

“Mi sono ritrovata anche nell’attività di rubrichista, la stessa della protagonista del libro: da anni ricevo lettere, ove accolgo con gratitudine la fiducia di chi mi affida un problema, un dolore, una gioia. Se molti ci scrivono, sia che si chiamiamo Maria Rita, o Brenda, o Germana, è per soddisfare quest’impellente, irrinunciabile bisogno d’ascolto”. 

E l’esperta indagatrice dell’animo umano, conclude in bellezza: 

“Mi piace, infine, terminare “passando la mano alla Marini, l’autrice”, che riscontra: 

“Confesso che nella mia annosa esperienza ho realizzato che, di fatto, nessuno chiede mai a chi si rivolge di fargli da “nume tutelare”. Di dargli delle “dritte”: L’importante è sapere che qualcuno leggerà e, se va bene, riuscirà a comprendere... La consapevolezza di quest’interlocutore che- quantunque in ombra - si presterà al gioco”.  


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