2021-02-03

Piazza Padre Cristoforo a Pescarenico, un ricco pezzo di storia di Lecco





Gianfranco Colombo - L’ultimazione dei lavori di riqualificazione di piazza Padre Cristoforo a Pescarenico, riporta in primo piano un luogo della nostra città che è stato testimone di un ricco pezzo di storia. Proprio da quella piazza, antistante al convento reso celebre dai Promessi sposi, i frati partivano il venerdì per la “cerca” del pesce. E, come scrive fra’ Bernardo d’Acquate, “ordinariamente ne viene una buona portione”. 
 A loro volta i Cappuccini erano pronti a ricambiare la generosità dei pescatori. Innanzitutto assistevano i malati, portavano il viatico agli infermi ed anche materialmente non si dimenticavano dei loro benefattori. In Quaresima mandavano un piatto di fave a quelle famiglie che erano solite far la carità del pesce il venerdì ed a Natale distribuivano le verze. Un’altra tradizione oggi scomparsa, riguardava la festa di San Marco, giornata in cui tutte le parrocchie della pieve confluivano in processione nella piazza di Pescarenico. «All’arrivo di ogni processione – scrive Uberto Pozzoli – suonava la campana del convento ed uno dei padri, in cotta e stola, si portava sulla porta della chiesa per dare l’acqua santa al popolo che entrava processionalmente. Giunte tutte le processioni, il prevosto di Lecco celebrava la messa ed al Vangelo un cappuccino faceva una predica di penitenza». Sempre il Pozzoli narra di alcuni risvolti non proprio penitenziali legati a questa ricorrenza. Vicino alla piazza di Pescarenico c’era un tempo l’osteria della Zopa, che costituiva per molti un’appendice obbligata dopo le cerimonie: «Quasi tutti, finite le preghiere di penitenza, uscivan di chiesa e, fatti tre passi, infilavano l’osteria della Zopa dove trovavano pronte montagne di polenta fredda, padellate di gamberi cotti e un vinello tanto generoso che, due ore dopo, tra i gamberi superstiti, il naso dei confratelli e le mantelline rosse degli abiti, non c’era più differenza di colore». Per queste libagioni post processione, un anno all’osteria della Zopa un confratello della parrocchia di Acquate dimenticò la croce dorata della Confraternita: troppi gamberi e troppo vino per il pur cattolicissimo confratello. L’8 settembre 1899, la piazza di Pescarenico accolse don Abele Meles, primo parroco della parrocchia nata nel 1897. Fu un’entrata piuttosto agitata perché Pescarenico era divisa in due: da una parte i sostenitori di don Cesare Airaghi e dall’altra quelli legati a don Bortolo Valsecchi, che si faceva chiamare Padre Umile. Le due fazioni si combattevano non solo a parole, ma anche con i fatti. Per comprendere il clima, basti dire che per una settimana prima dell’entrata di don Abele, i Reali Carabinieri percorsero le vie di Pescarenico avvertendo gli abitanti che in occasione dell’entrata del nuovo parroco non avrebbero ammesso nuovi disordini. Grazie anche a questo, non ci furono problemi e con l’arrivo di don Abele nacque concretamente la nuova parrocchia. Il nuovo parroco si era da poco insediato, quando un bel giorno, sempre in quella piazza dedicata a padre Cristoforo, si materializzarono alcuni facchini con una carretta. Erano stati incaricati dal prevosto di Lecco, monsignor Pietro Galli,  di staccare dal muro della chiesa parrocchiale di Pescarenico
 
la pala di Giovan Battista Crespi (1575-1632), detto il Cerano, e di portarla a Lecco. La preziosa tela, caricata con ogni probabilità su di una carretta, fece il viaggio sino a Lecco, ma non vi rimase molto. Come succede spesso, infatti, anche i pescarenichesi non persero l'occasione di sentirsi defraudati di un quadro che sino a quel momento avevano bellamente ignorato. Impiegarono poco per ricostruire cosa fosse successo e si avviarono compatti verso la parrocchiale lecchese. «Tutti si ammutinarono – scrive don Abele Meles nel suo Diario -  
e subito i più audaci si unirono e seguiti dal codazzo di tutta la popolazione, tumultuando, si recarono nella prepositurale a riprendere il loro quadro e a riportarlo trionfalmente nella loro Chiesa tra l'unanime e generale giubilo e soddisfazione». Così la pala del Cerano ripercorse il cammino che poco tempo prima l'aveva vista sbarcare nel centro di Lecco. Non serve grande immaginazione per ipotizzare che il viaggio di ritorno abbia avuto non poche fermate nelle osterie che si trovavano sulla strada e che i brindisi a monsignor Galli si siano sprecati. 

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