2020-12-06

Padre Mario Marazzi scrive da Hong Kong: “Sacerdote da 60 anni e tutto per me è stato grazia”

“Qualcuno mi domanda: ora che sei avanti negli anni non ti ritiri in Italia? Ma io preferisco restare qui, perché mi sento di condividere fino in fondo la vita di questa gente”

 



(C.Bott.) “60 anni fa divenni prete e missionario e fui mandato a Hong Kong. Un’occasione anzitutto per ringraziare Dio della chiamata e per dire grazie a voi che in tanti modi mi avete accompagnato in questi anni. Da giovane avevo sempre pensato che mi sarei sposato, invece improvvisamente il corso della mia vita cambiò direzione, grazie alla mia famiglia. Il papà morì quando noi eravamo piccoli. La mamma, che si prese cura di noi, mai parlò a noi maschi di vocazione, ma la sua educazione ne fu una buona preparazione. Quando lasciai la casa, con il mio stipendio davo un certo aiuto alla famiglia, ma i miei furono generosi nel lasciarmi andare. Per il continuo sostegno, sono loro grato”.

Inizia così la lettera che padre Mario Marazzi indirizza da Hong Kong, come sua abitudine fare ogni fine anno, a familiari e amici. Classe 1928 (ha compiuto 92 anni lo scorso 22 maggio), originario di Varenna ma trasferitosi a Mandello all’età di soli 5 anni, padre Mario ha tagliato nel corso di questo 2020 (per l’esattezza in data 11 giugno), come lui stesso tiene a ricordare introducendo il suo scritto, il traguardo dei sessant’anni di sacerdozio.

Nei suoi anni giovanili vi è stata un’esperienza lavorativa alla “Icma” di Mandello e il missionario del Pime non manca di farvi riferimento anche in questa sua nuova missiva. “Grazie al mondo del lavoro - scrive - dove ho passato 10 anni prima di entrare in seminario! E’ stata una scuola di vita. L’esperienza della Resistenza, che ho vissuto seguendo alcuni tragici eventi in paese e ascoltando le poche notizie che si potevano captare, mi ha aiutato a capire il senso, il valore e l’amore per la libertà. Sono grato all’Azione cattolica, che in quel periodo mi ha fatto conoscere alcuni princìpi della dottrina sociale della Chiesa e mi ha preparato all’impegno civile nell’immediato dopoguerra”.

Poi il suo grazie al Pime, il Pontificio istituto missioni estere. “Avendo compiuto un corso triennale di avviamento al lavoro dopo la scuola elementare - ricorda padre Marazzi - non avevo fatto studi classici. Al Pime di Monza durante un’estate fui avviato agli studi, che completai l’anno dopo a Vigarolo, in provincia di Lodi. Sono grato a tanti Padri che mi hanno aiutato prima e dopo la mia ordinazione. Ovviamente non può mancare un grazie speciale ai confratelli di Hong Kong del passato e di oggi per tutto il bene che ho ricevuto”.

“Sono grato alla gente di Hong Kong e a quella di Guangzhou - aggiunge il missionario - Per gente intendo laici cattolici e non, religiose, preti e vescovi che mi hanno fatto sentire a casa. Ringrazio le tante persone che dall’Italia, in tanti modi ma specialmente con la preghiera, mi hanno accompagnato nella mia missione. Guardando indietro a questi 60 anni mi sento di dire che tutto è stato grazia, compresa la depressione che mi colpì e i 18 anni passati al Centro missionario di Milano”.

Quindi un riferimento a quelli che lui considera i periodi più belli della sua lunga vita missionaria. Non ha dubbi, padre Mario, in proposito. “I 10 anni spesi a Guangzhou con i disabili - scrive - e quelli passati con un seminarista del Pime nell’appartamento di un edificio alla periferia di Hong Kong in attesa della costruzione della chiesa. Desidero ricordare un episodio della vita in quello stabile. Con un gruppetto di pastori protestanti che operavano in zona era nata una bella amicizia, tanto che quando uno di loro si sposò mi invitò alle nozze. Finita la festa tornai a casa. Era sera e il nostro appartamento era al buio. Il seminarista era fuori per qualche impegno. Per qualche momento mi sentii triste e solo e fui assalito da un pensiero: il mio amico pastore continua la festa con sua moglie, qui invece nessuno mi aspetta. Poi guardai fuori dalla finestra: là nei grandi caseggiati illuminati viveva la mia gente, la gente per la quale ero stato mandato. E la piccolissima cappella accanto era il luogo dove nella preghiera trovavo la forza di ricominciare ogni giorno con gioia. Non fu difficile, quella sera, ritrovare la tranquillità d’animo…”. 

Infine un accenno al suo futuro. “A volte qualcuno mi domanda: adesso che sei avanti negli anni non ti ritiri in Italia? Per la verità il mio Istituto ha a Lecco una bella casa di riposo per missionari anziani o ammalati. Tuttavia, come tanti miei confratelli, preferisco restare a Hong Kong. Non perché qui sia più bello che in Italia, ma perché mi sento di condividere fino in fondo la vita di questa gente”.

E un passaggio riguardante l’emergenza sanitaria che tutto il mondo sta vivendo: “Vi seguo in questo tempo di pandemia, augurandovi di passare il Natale tranquilli nelle vostre case. Chiedo di pregare per i cristiani della Cina, soggetti a restrizioni e controlli. Essi sono preoccupati per l’educazione religiosa dei figli, che fino a 18 anni non sono ammessi alle funzioni in chiesa e non possono ricevere alcuna istruzione cristiana. Vi raccomando anche i cittadini di Hong Kong, in apprensione per le nuove generazioni, il cui futuro è molto incerto”.

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