2020-11-05

NANGA PARBAT: UN’EPICA SCALATA DI HERMANN BUHL


di Renato Frigerio - Il Nanga Parbat (in sanscrito, Montagna Nuda) ha fama di montagna impegnativa, con notevoli pericoli oggettivi (1). In rapporto alle sue dimensioni e alla sua bellezza, è poco battuto dagli alpinisti, e nessuna delle sue vie principali, che conducono alla vetta e che si sviluppano sui versanti Rakhiot, Diamir e Rupal, si può definire facile. Le ascensioni sul Nanga Parbat richiedono un lungo lavoro preliminare di installazione dei campi, sebbene ci siano state notevoli salite in stile alpino. A Sud si presenta con l’immensa e quasi verticale parete Rupal, la più grande del mondo, che con i suoi 4500m rappresenta il dislivello più elevato. 

Probabilmente la grande sfida che il Nanga Parbat ha continuato a lanciare agli alpinisti si è conclusa solo il 19 febbraio 2016 con la prima salita invernale ad opera di Simone Moro, Alex Txikon e Ali Sadpara, lungo la via Kinshofer. E a tutt’oggi solo il K2 resiste non essendo mai stato salito d’inverno. 

È un massiccio molto complesso, che viene considerato di solito come un’unica gigantesca cresta, che corre per 25 km dal Passo Mazeno (a Sudovest) ai Picchi Chongra (a Nordest). La parte alta è un trapezio di neve, ghiaccio e roccia che culmina a 8125m e ha una seconda cima (la Spalla Nord) a 8070m. È la nona montagna al mondo per altezza a quota oltre 8000. Il Nanga Parbat visto dalla grande ansa del fiume Indo o da Gulmarg, un noto centro sciistico, è uno degli scenari montani più impressionanti del mondo. 

 

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Ricorre quest’anno il 67° anniversario della leggendaria conquista del Nanga Parbat, una stupenda montagna che si eleva a 8125m all’estremità occidentale dell’Himalaya, non lontana dalla bella valle del Kashmir. La rievocazione di questo evento, giusto per ricordare colui che lo ha compiuto, dopo 41 ore di salita solitaria e senza ossigeno artificiale, mi sembra un doveroso omaggio alla sua memoria. Hermann Buhl (2), un grande dell’alpinismo, nato a Innsbruck il 21 settembre 1924 e precipitato per l’improvviso crollo di una cornice ghiacciata, durante un tentativo, mentre scendeva dal Chogolisa (3), il 27 giugno del 1957, è stato protagonista di questa impresa. 

 

Il 24 maggio 1953 una forte spedizione tedesco/austriaca, guidata dal dottor Herrligkoffer si è accampata a circa 4000m. In un mese di lavoro ha già fissato i primi campi quando per l’imperversare del cattivo tempo il capospedizione dà l’ordine di ridiscendere.

Ma quattro alpinisti decidono di disobbedire nonostante che disponessero di ben pochi portatori d’alta quota. 

Ma veniamo alle ultime fasi di questa scalata solitaria. 

= 2 luglio 1953 – Campo V – 6775m. Walter Frauenberger, Hans Ertl, Otto Kempter ed Hermann Buhl, con quattro portatori, hanno appena attrezzato questo campo che risulterà anche l’ultimo. Da qui, infatti, ci si muoverà per dar l’assalto finale alle vetta. Frauenberger ed Ertl, unitamente ai quattro portatori, scenderanno poi di nuovo al campo IV in quanto nella tendina d’alta quota non potranno trovar posto più che due persone. 

= 3 luglio 1953 – Alle 2 precise trilla la piccola sveglia e Buhl si alza per preparare il tè. Kempter è sprofondato nel suo sacco di piumino e dorme dalla grossa. Sollecitato dall’amico a lasciare il tepore del giaciglio, risponde con un brontolio che non ha affatto voglia di partire così presto. Buhl, allora, terminato di preparare lo zaino lascia la tendina alle 2,30’ proprio mentre Kempter si sta alzando. Lui andrà avanti per battere la pista e Kempter lo raggiungerà. Il cielo è stellato, non c’è alito di vento ma fa un freddo terribile. 

Il percorso procede attraverso seracchi e cornici obbligando l’alpinista ad osservare la massima cautela. Durante una breve sosta Buhl si volta e vede che Kempter è notevolmente distanziato: quasi un’ora di cammino, ma pensa che potrà raggiungerlo, 

facilitato anche dalla pista battuta. Dopo due ore di salita Buhl raggiunge la Sella d’Argento (7400m) all’inizio del grande nevaio sommitale che si estende in leggera salita nella prima fase per poi impennarsi fino all’anticima con un dislivello di 500 metri. Altra breve sosta poi riprende la marcia su un terreno solcato, come se fosse arato, dalle tempeste che infuriano alle alte quote. In quest’ultimo tratto la fatica si fa sentire e Buhl avverte una grande spossatezza che sembra paralizzargli il corpo. Gli effetti dell’alta quota agiscono negativamente sui polmoni, respirare costa fatica e ogni passo richiede grande dispendio di energie. Le soste, ora, si fanno più frequenti e sembra che anche a Kempter accada lo stesso perché solo da parecchio tempo lo vede laggiù sulla Sella d’Argento. 

La sua figura si staglia nello scenario dell’orizzonte, si muove lentamente poi, vinto dalla stanchezza, cade sulla neve. Kempter ha ceduto. Deve aspettarlo? L’amico si riprenderà? La salita è ancora molto lunga e conviene partire per sfruttare il tempo favorevole. Ai piedi della Forcella Diamir, 40 metri sotto l’anticima, una “stanchezza di piombo” – così scriverà Buhl nel suo diario – s’insinua in tutte le membra. Si ferma e si siede sulla neve asciutta. L’aria è fredda ed il sole disidrata il corpo. Vorrebbe mangiare qualcosa ma non riesce ad inghiottire nulla. La fame e la sete lo torturano e solo l’ultimo goccio di tè gli procura un po’ di sollievo. Sono le dieci del mattino. Un ultimo sguardo in basso e si convince che Kempter, immobile, ha definitivamente rinunciato. Prima di riprendere la marcia si alleggerisce del sacco per procedere più leggero. Lo riprenderà durante la discesa. Penosamente, arrancando, raggiunge una quota di circa 7800m che costituisce praticamente l’anticima, tracciando, per conche interminabili, la pista che si rivelerà preziosa per il ritorno. Alle 2 del pomeriggio tocca la profonda depressione che separa l’anticima dalla vetta principale: siamo a quota 7820m. La fame lo rode e la sete non gli dà tregua ma deve tener duro. Restano poco più di 300 metri di dislivello da superare. Cosa sarebbero mai 300 metri sulle Alpi? Eppure qui appaiono come un’intera montagna. Stringe i denti e riparte. Gira attorno ad uno spigolo e si trova di fronte ad un muro strapiombante che attacca con determinazione. Le dita cominciano ad indebolirsi ma deve resistere. L’ostacolo è superato ma – come scriverà nel suo diario – “sono stati momenti da tenere il cuore in sospeso”. Da questo punto deve percorrere brevi nevai e districarsi tra sfasciumi di roccia. Poi, dopo una piccola conca, segue un pendio e la salita si fa più facile… È sulla vetta del Nanga Parbat. Annoterà nel suo diario: “Sono le 7 di sera. Eccomi dunque in punta, primo uomo dacchè la terra esiste a calpestare questo luogo, mèta dei miei sogni e desideri…”. Trascorsa mezz’ora, dopo aver lasciato in vetta la piccozza con la bandierina del Pakistan, inizia la discesa nel corso della quale sarà costretto ad un bivacco, poco sotto gli 8000m, prima di ricevere gli abbracci ed i complimenti degli amici saliti nel frattempo al Campo V. 

 

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Per le sue leggendarie imprese oggi Hermann Buhl (4) è considerato un mito. Non sono state le vie nuove tracciate sulle Alpi a fargli guadagnare notorietà quanto, piuttosto, le ripetizioni degli itinerari più severi ed impegnativi e per tutti voglio citare la ripetizione della via Cassin, effettuata da solo, sulla parete Nordest del Pizzo Badile il 6 luglio 1952 (5) 

Il tempo impiegato? Solo 4 ore e mezza: incredibile? 

L’avere poi vinto gli 8125 mdel Nanga Parbat costituisce – come ha giustamente scritto Reinhold Messner – “un’impresa senza paragoni”. 

 

 

 

 

Note di rilievo:

 

(1)  Essendo facile raggiungere le sue pendici, il Nanga Parbat è la prima cima himalayana veramente grande ad essere stata attaccata (nel 1895) e ha una disastrosa storia di incidenti mortali. Nel 1895 – muoiono l’inglese Alfred Frederick Mummery e due Gurka, Raghodir Thapa e Gaman Singh; nel 1934 – muoiono i tedeschi Alfred Drexel, Willy Merkl, Willo Welzenbach, Uli Wieland e sei portatori Sherpa; nel 1937 – causa un’erme valanga di ghiaccio, muoiono sette alpinisti tedeschi, tra cui Karl Wien, Adolf Gottner, Hans Hartmann e nove portatori Sherpa; nel 1950 – muoiono gli inglesi W. H. Crace e Thornley: nel 1962 – muore Siefried Low; nel 1970 – muore Gunther Messner. 

Il Nanga Parbat è stato ampiamente esplorato con 8 diverse vie, sulla cresta Mazeno, la cresta Nordest e versante Rakhiot, sul versante Diamir e Rupal. Sul solo versante Diamir Reinhold Messner ha compiuto tre prime salite. 

(2)  Vincitore del Nanga Parbat, in solitaria, e del Broad Peak. Il Broad Peak (8047m), nel Karakorum, è la seconda cima oltre gli 8000m conquistata dall’austriaco Hermann Buhl nel 1957, insieme ai connazionali Kurt Diemberger, Marcus Schmuck e Fritz Wintersteller.

(3)  Una meravigliosa cima di 7654m del Karakorum. Il Chogolisa è stato vinto nel 1958 da una spedizione giapponese con Fujlire e Hiral. 

(4)  Scrisse un’autobiografia: “Achttausender druber und drunter” (1956, traduzione italiana, - ”È buio sul ghiacciaio”, SEI, 1960). 

(5)  Lo salutano gli alpinisti presenti lì, per caso, tra cui i lecchesi Carlo Mauri e Emilio Ratti, con il valtellinese Giulio Fiorelli: A festeggiare la grande impresa in cima si trattengono per un’ora circa. Il ventisettenne austriaco, protagonista della prima solitaria e decima salita della via, così scrisse “I miei nuovi amici vorrebbero portarmi con loro a Lecco, ma spiego loro che l’indomani mattina devo essere a Innsbruck”. Di fatto destò ancora più meraviglia quando Buhl si accise a ridiscendere in libera lungo lo spigolo Nord per portarsi a Promontogno. Da qui, sempre in bicicletta, così come era venuto, fino al Passo Maloja, attraverso tutta l’Engadina, per raggiungere Landeck, in giornata. 

 

 

 

 

Box 

 

 

Hermann Buhl, di padre austriaco e madre altoatesina, è stato uno dei più famosi alpinisti del dopoguerra, noto per le sue ascensioni invernali e per le difficili vie scalate in solitaria sulle Dolomiti e altrove. 

Nel 1953 raggiunse la cima del Nanga Parbat (8125m) da solo in prima ascensione e nel 1957, in cordata, toccò la cima del Broad Peak (8047m). Morì nel 1957 cadendo su una cornice mentre scendeva dal Chogolisa (7654), nel Karakorum. 

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