2020-11-09

Covid, Natale senza cenoni costa 5 mld


Il Natale senza pranzi e cenoni costa 5 miliardi che sono stati spesi lo scorso anno dagli italiani, in casa e fuori, solo per imbandire le tradizionali maxitavolate delle feste di fine anno che rischiano di sparire per l’emergenza Covid. E’ quanto emerge da una analisi Coldiretti/Ixè in riferimento al Natale senza cenoni e tombolate preannunciato dal Premier Giuseppe Conte, in occasione della Giornata nazionale del Ringraziamento che segna tradizionalmente il momento dei bilanci di un anno di lavoro nelle campagne e viene ricordata con feste in tutto il Paese, limitate quest’anno dalle misure di contenimento entrate in vigore con il Dpcm.

A pesare sul Natale oltre al rischio di lockdown per ristoranti e locali pubblici sono – sottolinea la Coldiretti – soprattutto il divieto alle feste private e ai tradizionali veglioni ma anche i limiti posti agli spostamenti, dal coprifuoco e l’invito a non ricevere nelle case persone non conviventi, in una situazione in cui lo scorso anno la tavolata media per gli appuntamenti di fine anno degli italiani era composta di ben 9 persone.

Le previsioni sull’andamento del contagio – precisa la Coldiretti – preoccupano anche per i divieti posti alla gran parte degli eventi tradizionali che segnano la fine dell’anno a partire da sagre, feste paesane e mercatini natalizi che sono momenti importanti per l’acquisto di regali enogastronomici, i più apprezzati dagli italiani. Senza dimenticare l’impatto negativo della mancanza di turisti italiani e stranieri con molti Paesi, a partire dalla Germania, che – continua la Coldiretti – hanno già messo l’Italia nella black list dei paesi più pericolosi. Si stima infatti che – sostiene la Coldiretti – quasi 1/3 della spesa turistica nel Belpaese sia destinata proprio all’alimentazione.

Il crollo delle spese di fine anno a tavola e sotto l’albero rischiano di dare il colpo di grazia ai consumi alimentari degli italiani che nell’intero 2020 secondo fanno segnare un crollo storico del 12% con una perdita secca di 30 miliardi di euro, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Ismea. Si tratta del peggior risultato del decennio per effetto – spiega la Coldiretti – della paralisi del canale della ristorazione che non viene compensato dal leggero aumento della spesa nel carrello delle famiglie. A pesare – continua la Coldiretti – sono i limiti e le chiusure ma anche lo smart working con il taglio delle pause pranzo, il crollo del turismo, soprattutto straniero.

Una situazione che – continua la Coldiretti – sta rivoluzionando anche gli equilibri all’interno delle filiere produttive che pesa sulla vendita di molti prodotti agroalimentari, dal vino alla birra, dalla carne al pesce, dalla frutta alla verdura ma anche su salumi e formaggi di alta qualità che – sottolinea la Coldiretti – trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco.

Da quando è iniziata la pandemia in Italia il 57% delle 740mila aziende agricole nazionali ha registrato una diminuzione dell’attività ma l’allarme globale provocato dal Coronavirus – evidenzia la Coldiretti – ha fatto emergere una maggior consapevolezza sul valore strategico della filiera del cibo con la necessità di interventi di sostegno per non dipendere dall’estero per l’approvvigionamento in un momento di grandi tensioni internazionali sugli scambi commerciali.

Occorre quindi salvaguardare un settore chiave per la sicurezza e la sovranità alimentare soprattutto in un momento in cui, con l’emergenza Covid 19 – conclude la Coldiretti – il cibo ha dimostrato tutta la sua strategicità per difendere l’Italia e l’Europa dalle turbolenze provocate dalla pandemia che ha scatenato corse agli accaparramenti e guerre commerciali con tensioni e nuove povertà.


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