2020-06-13

SPEDIZIONI ALPINISTICHE – CRONACA VERTICALE IN KARAKORUM – ACCADEVA NEL MESE DI LUGLIO DEL 1975

Renato Frigerio - Sapere e comunicare di alpinismo lecchese sulle montagne del mondo non è compito agevole e consueto. Questa mia osservazione intende essere solo motivo di attenzione e non una rievocazione nostalgica. Un momento gioioso da rivivere, condiviso insieme, con gli stessi protagonisti di allora, che ritengo tuttora persone legate da sentimenti sinceri di amicizia e di stima. 

Non importa dover considerare che la “giovane” spedizione alpinistica lecchese con obiettivo il Baltoro, tra le più belle ed emozionanti vette di granito del mondo, è rimasta un poco ai margini del generale riassunto mentale. 
Infatti, quando si passano in rassegna le più belle e importanti conquiste dell’alpinismo in campo extraeuropeo, ci si dimentica di dover dare il giusto rilievo che nel 1975, alla riapertura delle frontiere del Karakorum (in effetti dal 1961 al 1974 il Baltoro era stato chiuso agli alpinisti), sulle maestose tre Cattedrali del Baltoro, dominanti la conca di Liligo, hanno lasciato la firma alcuni dei migliori esponenti dell’alpinismo lecchese di quel periodo. A determinare la scelta della spedizione lecchese del 1975, organizzata dalla sottosezione di Belledo del CAI di Lecco, poteva aver influito la descrizione che ne aveva fatto l’alpinista e orientalista Fosco Maraini, che così ne parlava delle fantastiche a attrattive guglie sulla destra orografica del Baltoro, come gli apparivano durante la marcia di avvicinamento al Gasherbrum IV nel 1958. Lui era al seguito della vittoriosa spedizione composta da Walter Bonatti, Carlo Mauri, Riccardo Cassin, Toni Gobbi, Bepi De Francesch, Giuseppe Oberto, Donato Zeni e appunto Fosco Maraini. 
=1= Le imponenti Cattedrali del Baltoro sono “una cavalcata di creste turrite, di guglie, di terrazzi, di pale, di penne, di denti” – che si affacciano sul ghiacciaio – “con delle cuspidi altissime, splendidamente costruite e proporzionate, solenni, severe, doriche”. 
=2= “Uno splendido gruppo di Torri rocciose, quelle di Trango e le vicine Cattedrali del Baltoro, che sono ormai incluse – con alcune massime pareti dolomitiche, con gli appicchi dello Yosemite, con quelli della Terra di Baffin – tra le mete per imprese su roccia al limite del possibile”.
Ma anche le impressioni dell’alpinista himalayano e scrittore Marco Bianchi, che nel suo volume edito da Mondadori nel 2002, rilasciava a proposito del Baltoro, non potevano in seguito non fare breccia allo stesso modo tra gli alpinisti. 
=3= “La concentrazione di grandi montagne nell’area del Baltoro è straordinaria. Per giorni e giorni si ammirano sempre nuovi pilastri di roccia, pareti ghiacciate di ogni forma e dimensione, vette appuntite che lasciano subito spazio a larghe torri di granito rosso”. 
E ancora descrive il panorama da Urdukass in alto sul Canal Grande del Baltoro. 
=4= “L’immenso ghiacciaio del Baltoro con i suoi dorsi e laghetti morenici scorre ai piedi di questo nuovo regno dell’alpinismo estremo. Si riconoscono il Payu Peak, la Torre di Uli Biaho, la Piccola Cattedrale, la Grande Torre di Trango, la Piccola Torre di Trango o Nameless Tower e la Grande Cattedrale del Baltoro. Questo incredibile universo di granito verticale è meta di numerose spedizioni e le principali pareti del gruppo sono ormai state scalate”.

Ritengo comunque che, per chi l’ha vissuta, possa rappresentare un’avventura avvincente e un’esperienza umana ricca di significato. Sono passati 45 anni, ma questa intensa vicenda alpinistica continua a vivere nei protagonisti, come riflessione e aspetto importante della vita, vicino alla sensibilità e al modo di essere e di pensare che ispira il lato umano dei valori dell’amicizia, come se il tempo non fosse trascorso. 

Sulle pareti granitiche delle Cattedrali del Baltoro l’alpinismo lecchese ha aggiunto a  quelli precedenti già considerevoli e conclamati due nuovi allori: uno in stile spedizione e uno in stile alpino.

=1= “Gasherbrum IV, la splendida cima” – pagina 155 - Vivalda, 1997
=2= come sopra – pagina 381
=3= “Gli Ottomila _ Himalaya e Karakorum” – pagina 31
=4= come sopra – pagina 27 

Componenti: Daniele Chiappa, Armando Colombari, Carlo Duchini, Giulio Fiocchi, Giuseppe Lafranconi, Gianluigi Lanfranchi, Benvenuto Laritti, Piero Maccarinelli, 
Ernesto Panzeri, Sergio Panzeri, Alberto Sironi, Giacomo Stefani, Amabile Valsecchi. 

L’8 luglio sono in cima alla parete Sudest di 1500 metri – Daniele Chiappa, Carlo Duchini, 
Piero Maccarinelli, Sergio Panzeri, Giacomo Stefani. 

Il 10 luglio – Giuseppe Lafranconi, Gianluigi Lanfranchi, Benvenuto Laritti, Amabile Valsecchi – superando lo sperone Sud-Sudovest e la cresta, raggiungono la punta Thunmo, la vetta più alta, 2000 metri al di sopra del ghiacciaio. 

La scalata alla parete della Grande Cattedrale del Baltoro è stata effettuata in stile alpino, 
ovvero senza aver predisposto campi intermedi o aver piazzato corde fisse, in una progressione diretta fino alla vetta e ritorno. È uno stile di scalata che prevede pochi alpinisti, tutti autosufficienti. Implica partenza dal basso e raggiungimento della vetta senza interruzione della scalata per scendere ad un campo sottostante: richiede di solito bivacchi in parete. Bisogna portarsi dietro tutto il materiale cogente. 

La scalata al Thunmo è stata realizzata in stile spedizione, col metodo tradizionale di ascensione. La montagna è stata affrontata con l’uso di corde fisse e campi intermedi in quota. Gli alpinisti, con questo sistema, si pongono l’obiettivo di raggiungere la vetta dopo che è stata organizzata la logistica della spedizione. È uno stile lento e laborioso.


È giusto segnalare che in Karakorum un sistema senza portatori d’alta quota e senza ossigeno viene già sperimentato con successo nel 1957 nella conquista del Broad Peak (da una piccola spedizione austriaca guidata da Marcus Schmuck e composta da Kurt Diemberger, Hermann Buhl e Fritz Wintersyteller), dopo aver installato 3 campi fino a quota 6950m. 



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