2020-05-23

SVELATA DA GERMANA MARINI TUTTA LA VERITA’ SUL FURTO DELLA GIOCONDA IN UN LIBRO DI PROSSIMA USCITA




di Giovanni Alessi A 109 anni dal ratto di Monna Lisa e 500 dal decesso di Leonardo Da Vinci, emerge finalmente l’autentica motivazione del ratto più celebre e controverso, che conferì all’opera un’enorme popolarità internazionale, in una clamorosa intervista da Germana Marini, discendente di Vincenzo Peruggia, che trafugò il capolavoro, rilasciata al noto settimanale della Mondadori “Chi”,  autore della quale è il giornalista Roberto Allegri.
Intervista che, pur astenendosi dall’entrare in particolari che la scrittrice affiderà a un libro di prossima uscita, lascia chiaramente intendere la non fondatezza delle versioni fornite da scritti e filmati, la cui attendibilità è stata del resto contestata dagli, ancora viventi, familiari del Peruggia, che – come la Marini si esprime – “dal “lido dei più” riderà a crepapelle”.
Apparso, giovedì 20 maggio, in ben tre pagine corredate da ampi riferimenti
fotografici, nell’incipit l’articolo pone in risalto il serio dubbio di Germana Marini
sulla possibilità che la Francia si risolva a vendere davvero la Gioconda per far
fronte alla crisi, ritenendo trattarsi di niente più che di una provocazione, o di uno
scherzo; “anche perché”, obietta , “non è così certo che il famoso dipinto conservato al Louvre , sia autentico!”.

Il settimanale stesso precisa che Germana Marini era stata edotta da una zia paterna di tutte le fasi della vicenda , che le aveva a sua volta riferito la madre Giuseppina, cugina in primo grado di Annunciata Rossi, consorte del Peruggia. 
Aggiungendo che l’opera, al cospetto della quale Giuseppina era stata sul punto di cadere in deliquio, in un primo tempo nascosta nel domicilio della stessa,
era stata successivamente “copiata” da più di un pittore: ecco spiegato il perché
il capolavoro, trafugato dal museo nel 1911, potrebbe non essere l’originale.
“La Polizia”, ha dichiarato la Marini alla stampa, “brancolava, dopo il furto, nel buio. Furto del quale furono accusati persino Apollinaire e Picasso, pensandoli
complici di Vincenzo. Le forze dell’ordine si erano frattanto premurate di perlustrare ogni abitazione in Dumenza, di congiunti o persone che avessero avuto a che fare col ladro, non esclusa quella di Giuseppina che, accoratamente supplicata dal cugino, aveva accettato di tenere lo scottante fardello presso di sé per alcuni giorni. Nonna paterna della scrittrice, ella ebbe un’idea veramente geniale: stese infatti la tela sul tavolo del tinello, coprendola con una pesante tovaglia verde, in tessuto damascato. La stessa sulla quale offrì ai gendarmi, con mani tremanti, il caffè!     “La Gioconda”,  afferma la Marini nell’intervista, “era stata poi prelevata dal primitivo nascondiglio da Vincenzo Peruggia, per farne fare una riproduzione dal validissimo pittore e suo amico Marco de Marchi, in arte “Richin”, che aveva copiato la Gioconda direttamente dall’originale. Si sospetta anzi che le copie da lui eseguite siano state più d’una, tra le quali quella che fa ora bella mostra di sé al Louvre. Nessuno, in buona sostanza, sa dove sia stato posto il capolavoro di Leonardo, che forse è ancora celato da qualche ignota parte”.

“Vincenzo”, continua Germana Marini il racconto, “ fu arrestato nel 1913, allorché si recò a Firenze per mostrare l’opera ad un antiquario che lo tradì, facendogli scattare le manette ai polsi. Egli subì quindi un processo, nel quale fu condannato a un anno e quindici giorni di carcere, poi ridotti a sette mesi e otto giorni per la perizia del suo avvocato difensore che convinse i giudici che il Peruggia avesse agito per “patriottismo”, intendendo riportare l’opera in Italia. Mia zia - “voce narrante”-, ha concluso, “mi ha assicurato che Vincenzo abbia sottratto la tela per un motivo inimmaginabile e ben preciso, che qui non svelo. Su quest’intrigante storia sto comunque ultimando di stilare un libro, ove non tacerò nulla…”.
Il mistero, insomma, continua…                                                                           

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