2020-04-26

Il sindaco di Varenna: “Ora dobbiamo guarire le ferite, come dopo la Liberazione”

Alla Montagnetta di Fiumelatte ricordato oggi il sacrificio dei sei partigiani fucilati l’8 gennaio 1945


Anche Varenna ha ricordato la liberazione dal nazifascismo con una cerimonia privata ma particolarmente sentita.
La commemorazione si è svolta con la collaborazione del gruppo comunale di Protezione civile e della sezione Alpini di Varenna presso la Montagnetta di Fiumelatte. Lì, il mattino dell’8 gennaio 1945, mentre venivano tradotti alla questura di Como sei partigiani furono vigliaccamente uccisi dagli uomini della Brigata nera.

A venire fucilati furono i partigiani Carlo Bonacina (nato a Lecco il 15 agosto 1921, partigiano della 55.ma Brigata Garibaldi “F.lli Rosselli”), Ambrogio Inverni (nato a Bellano il 14 dicembre 1914), Giuseppe Maggi (nato a Lecco il 2 aprile 1924), Virginio Panzeri (nato a Lecco il 1 gennaio 1924), Domenico Pasut (nato a Mandello Lario il 10 ottobre 1922) e Carlo Rusconi (nato a Vendrogno il 12 novembre 1920), tutti appartenenti alla 55.ma Brigata Garibaldi “F.lli Rosselli”.
Nel suo intervento il sindaco di Varenna, Mauro Manzoni, si è soffermato sul   sacrificio di molti per la libertà di tutti, un sacrificio che si rinnova ancora oggi nei gesti di altruismo e dedizione di tanti uomini e donne.
Ecco, di seguito, il testo del suo intervento: “Anche quest’anno ci ritroviamo alla Montagnetta per celebrare l’anniversario della Liberazione dal nazifascismo, avvenuta proprio 75 anni fa. Questo luogo ci è così caro proprio perché qui, l’8 gennaio 1945, sei partigiani originari di Bellano, Lecco, Mandello e Vendrogno vennero barbaramente uccisi. La Resistenza si è manifestata anche qui a Varenna e il sangue di questi giovani, ricolmi di sogni e di ideali, è stato sparso per la libertà di tutti.

Il loro sacrificio ha consentito a noi tutti di assaporare la piena libertà: il loro nobile gesto e quello di migliaia di altri come loro, che oggi in tutta Italia vengono commemorati, hanno gettato le basi per la ricostruzione dell’Italia repubblicana e democratica.
Il dovere di non dimenticare, oltre a renderci consapevoli che il prezzo della nostra libertà viene da lontano e ci è stato donato gratuitamente, ci riempie di orgoglio e ci sprona a spenderci anche noi per le comunità in cui viviamo.
Quest’anno viviamo questa giornata in modo particolare. L’emergenza della pandemia da coronavirus ci ha fatto sperimentare la mancanza di libertà, il doverci limitare nelle effusioni di affetto, nei movimenti, nei basilari rapporti sociali. In modo incruento (per fortuna almeno qui a Varenna), abbiamo compreso cosa significhi essere limitati nella nostra vita quotidiana e costretti da qualcosa di infinitamente piccolo come un virus a minare ciò che pensavamo scontato e conquistato per sempre, a doverlo rimettere in discussione, anche se soltanto per un periodo limitato.
In alcuni versi di una sua recente poesia Mariangela Gualtieri, intitolata Nove marzo duemilaventi, così si esprimeva: E’ portentoso quello che succede. E c’è dell’oro, credo, in questo tempo strano. Forse ci sono doni. Pepite d’oro per noi. Se ci aiutiamo. C’è un molto forte richiamo della specie ora e come specie adesso deve pensarsi ognuno. Un comune destino ci tiene qui. Lo sapevamo. Ma non troppo bene. O tutti quanti o nessuno.
L’espressione “comune destino” usata dalla poetessa la comprendiamo oggi in tutta la sua forza e verità: abitiamo tutti lo stesso piccolo pianeta, un puntino nell’Universo e nulla, nel nostro mondo globalizzato, ci dovrebbe apparire distante da noi, estraneo alle nostre vite. Esempio eloquente è l’emergenza climatica che presto condizionerà la vita di milioni di persone se non si vorrà in modo serio imboccare vie virtuose per noi e le generazioni che verranno.
Ora dobbiamo guarire le ferite, come dopo la Liberazione: un lungo cammino ci attende. Ciò che accomuna gli uomini di ieri e di oggi è l’aiuto reciproco, il camminare insieme. “Se ci aiutiamo” troveremo “pepite d’oro” ad attenderci: non solo l’agognata e giustamente desiderabile ripresa economica, ma i gesti di altruismo, bontà, dedizione (fino a dare la vita) di tanti uomini e donne “senza volto” che in questa pandemia hanno fatto brillare più che mai l’umanità che avevamo dentro. A tutti i resistenti di ieri e di oggi, grazie!”.
La cerimonia è proseguita con le note del Silenzio e la deposizione della corona presso la lapide che ricorda i partigiani caduti, per concludersi con una preghiera da parte del parroco di Varenna, don Carlo Lucini.
La commemorazione è stata sostenuta anche dall’Anpi provinciale lecchese con una lettera scritta dal presidente, Enrico Avagnina, e trasmessa in diretta Facebook, per promuovere ulteriormente la partecipazione di tutta la cittadinanza a questa ricorrenza.

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