2019-12-16

L’ASSOCIAZIONE DELLA PECORA BRIANZOLA COMPIE 20 ANNI

Cesare Perego -  Nei giorni scorsi si è svolta l’assemblea annuale dei soci dell’associazione che, da venti anni opera per la valorizzazione e salvaguardia della razza denominata “BRIANZOLA”.
Il presidente Pasquale Redaelli ha ripercorso nel corso della serata con semplicità e immutata passione, la storia di questa associazione, il lavoro svolto e i traguardi raggiunti dagli allevatori.

Sono pochi coloro che conoscono l’esistenza di una razza di pecore tipiche della Brianza che fu a suo tempo chiamata “Brianzola”.
Questa ha una lunga storia, perché una razza non si crea dal nulla, in poco tempo, ma necessita di decenni di lavoro di selezione e miglioramento.
In questi anni si è intrapreso e attuato un programma di salvaguardia e di incremento di questa razza, che è legata al nostro territorio e ne costituisce un patrimonio con valenza oltre che zootecnica, storica e sociale.

L’allevamento della pecora in Brianza è stato spesso considerato come un fenomeno dall’importanza marginale. In effetti esso ha avuto un rilievo economico secondario rispetto ad altre attività agricole e manifatturiere del nostro territorio, e non ha raggiunto i livelli di incidenza sulla vita sociale che la pastorizia e la transumanza hanno avuto in varie zone di montagna. Eppure la pecora ha rappresentato un valore essenziale nell’economia familiare e nella cultura di molti piccoli coloni e proprietari brianzoli.  Possiamo dedurre che la nostra non sia stata una zona di grande allevamento da vari indizi. Le ricette della cucina tradizionale della Brianza ignorano pressoché  la carne di pecora, a differenza di quanto si verifica per altri animali domestici e per la stessa selvaggina. L’unica presenza, seppur significativa, degli ovicaprini tra i piatti “tipici” di questa parte di Lombardia è quella dell’agnello arrosto cucinato per le feste pasquali: un piatto presente nella cucina milanese che con molta probabilità solo nel secolo scorso è venuto via via sostituendosi al capretto, più comune nella tradizione alimentare rurale. I formaggi di pecora, poi mancano completamente nella cultura alimentare della tradizione brianzola.
Nonostante ciò, le fonti orali testimoniano che la pecora, dopo aver fornito la sua lana e i suoi agnelli, una volta diventata vecchia dava ancora al consumo dei contadini carne da stufare, da lessare o da arrostire. Il censimento del bestiame del 1908, per il territorio di Oggiono fornisce dati interessanti sull’allevamento in questo comune significativo nella zona: i 170 proprietari segnalati, avevano in quell’anno, 272 bovini di cui 189 vacche da latte, 37 buoi da lavoro, e un toro da monta, 66 erano i maiali, 47 le capre e 152 le pecore. Pur avendo un peso marginale nell’economia agricola, la pecora era comunque considerata “oro” dai contadini-allevatori. Infatti, oltre alla carne alimento non certo comune sulle tavole delle classi popolari, la pecora forniva a chi la allevava la lana: una materia prima indispensabile sia per la filatura e la tessitura domestica di capi di abbigliamento, sia per l’imbottitura di materassi e cuscini che le ragazze da marito nella nostra zona dovevano per tradizione portare in dote. Anche la lana, dunque era una risorsa per la nostra zona, e doveva avere un certo pregio già da qualche secolo se, come appare da un documento del 1588, i berrettai di Monza si rifornivano oltre che a Valenza, a Perpignano e ad Ancona, della “lana de Bosisio” per la produzione. La valorizzazione di questo animale, che in passato ha dato un contributo essenziale alla sussistenza di molte famiglie coloniche del nostro territorio, ha rappresentato il filo conduttore del silenzioso lavoro fatto in questi venti anni dall’associazione che in convegni, con la partecipazione a fiere locali e fuori provincia, si è voluto portare come valenza culturale del nostro territorio e del lavoro svolto da coloro che ci hanno preceduto e che ci hanno tramandato questa razza.
Questo grande lavoro fatto dagli allevatori e dagli appassionati in questi anni, accanto alla tutela delle biodiversità con la salvaguardia e la reintroduzione della pecora nostrana, ha contribuito a una migliore igiene alimentare per la caratteristica della sua carne, alla promozione di forme di turismo culturale da noi poco note come quello ecomuseale e per ultimo, ma non certo per importanza, ad una maggiore tutela del territorio.

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