2019-09-04

Marisa Gabbioni: “1900… Addio!!!”

Gianfranco Colombo -    Marisa Gabbioni per i suoi novant’anni ha voluto mettere mano ai suoi ricordi ed ha scritto un libro. Si intitola “1900… Addio!!!” e quei tre punti esclamativi vogliono sottolineare come anche a novant’anni si possa guardare avanti. La signora Marisa, infatti, classe 1929, non si guarda indietro per pura nostalgia, ma coglie dentro la sua esistenza, vissuta in quel di Oggiono, quei momenti che ancora oggi sono il fondamento di una vita quanto mai energica.
Bisnonna da poco, Marisa Gabbioni ha una caratteristica distintiva: è giovane dentro. Al suo attivo, oltre a quest’ultimo libro, ha una raccolta di poesie (“Pescà ne la memoria”) ed un libro di racconti (“Mariconta. Viaggio tra realtà e fantasia”), diretta conseguenza della sua grande passione per la lettura. Non è un caso che la prima persona ricordata con grande affetto nel suo libro, sia proprio la maestra Lina Colombo: una persona che ha lasciato il segno. Fa tenerezza leggere che Marisa e alcune sue compagne, la mattina andavano ad aspettare la maestra davanti a casa per portarle a turno la borsa.
Come è nato questo libro che ha simbolicamente segnato i suoi novant’anni?
Vorrei dire subito che non è un diario. Ho voluto mettere insieme alcuni episodi importanti della mia giovinezza sino al mio matrimonio. L’occasione si è presentata il 1 gennaio del 2000. Era finito un secolo, che io avevo vissuto per più di settant’anni. Mi è sembrato giusto iniziare gli anni duemila mettendo nero su bianco i momenti più importanti della mia vita. Ho impiegato tanto tempo perché la malattia di mio marito mi ha coinvolto completamente per molti anni, così sono riuscita a completarlo per i miei 90 anni. Un’altra data importante.
Si parlava prima del suo affetto per la maestra; la sua casa è piena di libri, è quasi obbligatorio chiederle dove sia nata questa sua passione per la lettura e per la scrittura?
Innanzitutto io devo molto a mio padre Erminio, a cui ho dedicato il libro insieme a mia mamma Libera. In casa, già quando ero piccola, circolavano libri come “Il Capitale” di Marx o i romanzi dei grandi scrittori russi. Poi mio papà decise di mandarmi a fare le scuole medie da interna dalle Suore di Maria Bambina a Rancio. All’inizio fu molto dura perché era la prima volta che me ne andavo da casa, ma poi ho potuto vivere un’esperienza che mi ha fatto crescere in tutti i sensi.
Lei ha frequentato le scuole medie di Rancio dal 1939 al 1941, perché quegli anni furono così importanti?
Nella scuola vigevano regole ferree, che oggi potrebbero sembrare esagerate, ma per me è stata un’esperienza fondamentale. In quei tre anni ebbi modo di conoscere ragazzi di diversi ceti sociali, quasi tutti superiori al mio. Imparai come comportarmi, confrontarmi con gli altri, ma, più di tutto studiare e questo per me fu di grande importanza. 
Anche il suo amore per la lettura è nato a Rancio?
Tra le altre cose le suore mi insegnarono quanto sia importante leggere. La sera, durante la cena, si doveva stare in silenzio, ma una delle educande più grandi, mentre noi mangiavamo, ci leggeva un romanzo. Tra gli altri ricordo ancora il romanzo di Frank Barrett “La figlia del condannato”, che narrava la tragica vicenda del Marchese di Mountheron accusato falsamente di fratricidio. Da allora ho letto tantissimi libri, è una passione che coltivo ancora oggi. Prima di addormentarmi devo leggere e se mi capita un libro che mi appassiona faccio le ore piccole. Attualmente sono anche nel gruppo di lettura della biblioteca di Oggiono. L’ultimo libro che mi ha colpito è stato “Cecità” di Saramago; un romanzo inquietante ma da pelle d’oca per la sua bellezza.
Lei ama i libri, ma come lavoro ha sempre vissuto in mezzo ai numeri. Come mai?
Mi piaceva anche la matematica e per questo mi sono sempre occupata di amministrazione. Il mio primo impiego è stato alla Carniti dove lavorava mio padre. Ad assumermi fu però il signor Carniti in persona. Un giorno stavo aspettando mio padre fuori dall’azienda quando uscì il proprietario in persona. Mi chiese cosa facessi lì e quando seppe che avevo finito la scuola, mi chiese se non volevo lavorare da lui. Feci una prova e venni assunta. Allora le cose andavano in questo modo. Poi passai alla Fontana di Veduggio perché mio padre litigò col signor Carniti e presentò le dimissioni sue e mie. Due stipendi in meno in ventiquattro ore: ma mio padre era così, nulla lo spaventava. Infatti, trovammo presto un nuovo lavoro tutti e due.
Un posto importante nelle pagine del suo libro ha il suo “amico” Tino, che poi diverrà suo marito. Le pagine del vostro fidanzamento sono di una tenerezza incredibile. Cosa significava essere fidanzati in quegli anni?
Nella sostanza non c’era nulla di diverso, ci si voleva bene e non a caso il nostro sentimento è approdato al matrimonio. Diciamo che tra noi c’era molto rispetto e non avevamo fretta. C’era il tempo di conoscersi e di capirci. Oggi sembra che la fretta bruci tutto.
Lei ha novant’anni, ma il computer ed internet sono parte integrante della sua vita. Che uso ne fa?
Scrivo da sempre col computer ed internet per me è una finestra straordinaria sul sapere. Sono sempre stata curiosa, desiderosa di conoscere ed internet mi consente in breve tempo di approfondire tutti gli argomenti che voglio. Per me è un’apertura incredibile. E’ bello poter soddisfare gli interrogativi che ti si pongono. Mi piace poi anche stare al passo con l’attualità. Insomma, internet è un gran bell’aiuto per stare aggiornati.
Alla fine del suo libro c’è una sorpresa inaspettata: un cd con la colonna sonora dei suoi anni. Come mai ha voluto far conoscere anche le canzoni che hanno accompagnato la sua giovinezza?
Innanzitutto l’ho potuto fare grazie all’aiuto di mio figlio Claudio e di Renato Franchi il musicista del gruppo musicale L'Orchestrina del suonatore Jones. Mi è sembrato divertente ed anche giusto proporre quella che è stata la colonna sonora dei miei anni. Sono canzoni che evocano atmosfere che oggi non esistono più, così come l’ingenuità di certi testi. Ci sono brani eseguiti dal Quartetto Cetra, dal Trio Lescano, da Alberto Rabagliati e da Natalino Otto, che era il mio cantante preferito.


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