2023-09-12

11 settembre 1973 e il golpe in Cile. Il dramma di un popolo così lontano ma così vicino a noi


Dal lecchese Sergio Fenaroli riceviamo e pubblichiamo:

Cile, 11 settembre 1973. Ricordo benissimo l’emozione, la rabbia, lo sconforto che coinvolsero tutti noi militanti del Partito Comunista Italiano allora impegnati nella Festa nazionale dell’Unità che si svolgeva nel parco del Castello Sforzesco di Milano. Pronta fu la nostra reazione e mobilitazione contro il golpe di Stato dei militari, a sostegno del presidente Salvador Allende che sacrificò la propria vita a difesa del mandato ricevuto dal popolo cileno.

Fu davvero impressionante la solidarietà che si manifestò in ogni parte del mondo contro il golpe di Augusto Pinochet appoggiato e ispirato dall’allora segretario di Stato Kissinger e dal Governo Usa. I rastrellamenti, le torture e i massacri furono concomitanti contro studenti, lavoratori e semplici cittadini che difendevano la democrazia e il governo progressista. Oltre 40 mila furono le persone torturate, diverse migliaia furono uccise e altrettante sparirono.

Quel dramma di un popolo tanto lontano ma allo stesso tempo vicino a noi per composizione sociale culturale e religiosa, spinse e stimolò l’elaborazione del gruppo dirigente comunista, all’epoca guidato da Enrico Berlinguer, a trarne insegnamento.

Le tre grandi componenti sociali popolari cattoliche, comuniste e socialiste dovevano insieme elaborare nella loro diverse strategie e programmi convergenti condivisi per il governo del Paese. Tale strategia di rilevante portata e prospettiva rappresentava anche per l’Italia un percorso valido da sostenere e con tale scopo e finalità venne elaborato e proposto il “compromesso storico”.

Quel percorso democratico rappresentò per me e per milioni di militanti non solo comunisti una vera scuola di vita, che avremmo dovuto elaborare, studiare e praticare quotidianamente nei nostri luoghi di vita e di lavoro, nelle sezioni.

Eravamo nel 1973, nel 1969 c’era stata la strage di piazza Fontana, contro le conquiste dei lavoratori, i fermenti di cambiamento in Italia erano diffusi, le aspettative vennero soffocate nella “strategia della tensione” fomentata ad arte con le stragi di Stato e le “Brigate Rosse”. Il rapimento, l’uccisione della scorta e poi di Aldo Moro fermarono tale prospettiva, ma non l’idea strategica di governo a tutt’oggi auspicabile e possibile.

Il 18 ottobre 2019 ebbi la fortuna di giungere a Santiago del Cile con un gruppo di amici per un viaggio di conoscenza. La guida Pedro, un italo-cileno, ci informò preoccupato che con probabilità non avrebbe rispettato il programma delle nostre visite in quanto proprio la stessa notte il governo aveva attuato lo “stato d’emergenza” contro le mobilitazioni decise dal sindacato e dagli studenti per l’eccessivo aumento per i mezzi pubblici di trasporto. 

Giunti in Piazza Italia, gremita da giovani studenti, iniziarono i primi scontri con gli idranti della polizia per contrastarne la loro protesta, che simultaneamente si diffuse in tutto il Paese. Ovunque andavamo - al Nord a San Pedro de Atacama, al Sud a Punta Arenas nella Patagonia cilena, persino a Rapa Nui nell’Isola di Pasqua -partecipammo entusiasti a tutte le manifestazioni del popolo cileno.

Eravamo felicissimi al nostro rientro in Italia, consapevoli di aver partecipato di persona a un evento storico che avrebbe aperto una nuova fase politica per quel popolo. Infatti nel marzo 2022  ha consentito l’elezione del suo giovane presidente Gabriel Boric, ora impegnato a elaborare una nuova Costituzione, un potenziale erede di Salvador Allende.

Sergio Fenaroli (Lecco)

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