2022-12-13

ARTE CONTRO LA GUERRA E RACCOLTA FONDI PER UNA BUONA CAUSA A COMO


Una collettiva di denuncia contro la Guerra, in ogni sua espressione e declinazione, per riflettere non solo sull'attuale situazione in Ucraina, ma più ampiamente sull’azione distruttiva che ogni evento bellico porta con sé. È l’iniziativa di “The Art Company Como”, dal titolo “Arte contro le guerre”, a cura di Luigi Cavadini, che intende dar voce, attraverso l’opera di ventidue artisti, agli orrori della guerra.

 

L’azione distruttiva della guerra si mischia, nelle opere esposte, a messaggi di speranza, andando oltre una logica dicotomica che vuole divedere il mondo tra vincitori e vinti e allargando, così, il nostro cuore e la nostra comprensione. Si tratta, come afferma Cavadini, di «una dichiarazione esplicita degli artisti di The Art Company Como contro le guerre, con un messaggio che punta al cuore e alla mente attraverso lavori che nascono dalla sensibilità di ciascuno e che rappresentano l’intimo bisogno di ciascun uomo di liberare il mondo dalle violenze e dalle sopraffazioni. Pensieri che si fanno immagine e che invitano tutti a riflettere e a contribuire con le proprie forze e i propri atteggiamenti a costruire un futuro di pace».

 

Ventidue opere che paiono levarsi come un grido di dolore e di denuncia verso un mondo che sembra restare avvolto nell’oscurità e nel dolore, nel tentativo di aprire nuovi bagliori di speranza e rinascita. Una denuncia e un monito, quella racchiusa in ogni opera, che ricorda come in guerra non esistono né vinti, né vincitori. Ciò che si perde, è la pace.

 

 

 

I proventi di questa iniziativa saranno devoluti ad associazioni del territorio che si occupano di tutelare minori rifugiati di guerra.

 

 

 

Artisti coinvolti:

 

Orietta Barnasconi, Filippo Borella, Elena Borghi, Piero Campanini, Adraino Caverzasio,

Alessio Centemeri, Judith Holstein, Matteo Galvano, Giulio Mantovani, Angelo Marsilio, Marzia Mauri, Giovanni Menta, Carmen Molteni, Lorenza Morandotti, Giovanni Padovese,

StefanoPaulon, Carlo Pozzoni, Pierluigi Ratti, Gianni Rodenhäuser, Gianfranco Sergio, Antonio Teruzzi più un'opera solo in esposizione di Sergio Tagliabue.

 

 

 

Fino al 16 dicembre 2022 presso The Art Company Como, via Borgovico 163 (Como).

 

 

 

Ecco il testo critico che accompagna la mostra

 

 

 

Contro le guerre una dichiarazione esplicita degli artisti di The Art Company Como con un messaggio che punta al cuore e alla mente attraverso lavori che nascono dalla sensibilità di ciascuno e che rappresentano l’intimo bisogno di ciascun uomo di liberare il mondo dalle violenze e dalle sopraffazioni.

 

Pensieri che si fanno immagine e che invitano tutti a riflettere e a contribuire con le proprie forze e i propri atteggiamenti a costruire un futuro di pace.

 

 

Ognuno di essi si è guardato dentro e ha dato immagine al suo pensiero, con negli occhi i segni di distruzione e di morte, ma, in alcune occasioni, anche la speranza del superamento della violenza e della sopraffazione.

 

 

Cito per prima la Cosmos’ Flag di Lorenza Morandotti, che fa parte di un ciclo di bandiere che mi piace considerare manifesto finale ed unico del raggiungimento di una pace universale. Accanto ad essa metterei il Guerriero di pace di Gianfranco Sergio che pur variamente composito si appresta a distribuire tra cielo e terra i colori della pace.

 

A segnare l’assurdità della guerre sono Adriano Caverzasio che dipinge su una lamiera aggredita dalla ruggine un missile su cui si proietta un grande NO, Carmen Molteni che nel suo vetro segnala il rischio di un’esplosione disastrosa per l’umanità, Elena Borghi che propone la trascrizione di una pagina del diario scritto da suo padre durante la seconda guerra mondiale invasa da macchie di sangue, Judith Holstein che interviene su un dipinto in cui un bimbo è rappresentato con due veri proiettili negli occhi a segnalare nei minori le vittime incolpevoli di ogni guerra che ha i suoi presupposti nella voglia di potere, Alessio Centemeri con quel suo bambino dagli occhi spenti che sembra coprire gli occhi della sua bambola perché non veda i disastri della guerra, Marzia Mauri con il gelido lenzuolo di morte in cui dal basso in alto si legge, nel simbolico succedersi di una azione di guerra, il disgregarsi del genere umano, Carlo Pozzoni con una teca emblematica contenente i frammenti di una macchina fotografica ricorda il sacrificio di tanti fotoreporter, Piero Campanini che proprio nel sangue versato, sangue elemento fondamentale della vita, individua Il seme del male, Giulio Mantovani che vede nella distruzione degli edifici civile la Imbecillità di chi vuole mettere anche visivamente le mani (rosse, di sangue) sulla città.

 

 

Orietta Bernasconi vede la guerra come tentativo di contaminazione di territorio con riferimento specifico alla Chernozem-Terra nera propria dei territori oggi in conflitto. Filippo Borella rappresenta il disgregarsi del mondo attraverso Parole mimetiche che nel loro variare sconvolgono luoghi e persone, mentre basta poco, sembra dire Giovanni Menta per sconvolgere un ordinario e regolare scorrere dell’esistenza.

 

Giovanni Padovese sintetizza la guerra come il confluire del sangue dei vinti e dei vincitori all’interno di un’unica sacca ad indicare un unico destino, ma anche la fine da una parte e dell’altra di innumerevoli vite.

 

 

Per una memoria che si fa celebrazione hanno operato Antonio Teruzzi con un cero avvolto da una striscia d’oro sulla quale è rappresentato un cammino di uomini, Gianni Rodenhauser con una scultura in legno bruciato, che è nel contempo libro, altare e terra di morti, da cui una intensa fiammella lancia al cielo un forte grido e Angelo Marsiglio con una stele che di fronte alla guerra inneggia alla natura come contraltare alle cattiverie umane.

 

Alla maniera di un manifesto è la composizione di Pierluigi Ratti, che per concentrare l’attenzione del fruitore, utilizza anche un rebus.

 

 

Infine con Matteo Galvano si guarda oltre mediante una Pacifica esplosione che una girandola di colori unisce gli uomini in un abbraccio attorno ad uno degli edifici della city londinese la cui forma è assimilabile a strumento di guerra. E similmente avviene nella scultura di Stefano Paulon dove un mondo ordinato viene disgregato da un evento imprevisto esemplificato dal colore del sangue per poi ritrovare alla fine la forza di riprendere l’ordine originario.

 

 

Una presenza speciale è riservata all’opera su carta dal titolo No alla guerra di Sergio Tagliabue, artista comasco scomparso nel 2013, che si è voluta inserire in questa mostra per la specificità del tema trattato: due corpi disfatti, abbandonati sotto un cielo che non promette nulla di buono, caratterizzano questo lavoro poco consono alla sua produzione ma dalla notevole valenza espressiva.

 

 

 

Luigi Cavadini

 

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