Da Sergio Fenaroli riceviamo e pubblichiamo:
E’ poco comprensibile l’atteggiamento delle forze politiche italiane, impegnate nella campagna elettorale, di considerare marginale l’obiettivo della fine della guerra in Ucraina, quasi dipendesse da altri questo compito. E’ una grande manchevolezza in particolare per noi progressisti.
E’ sempre più evidente a noi tutti, malgrado la propaganda diffusa dalla grande maggioranza dei mezzi di comunicazione, che la guerra in atto è tra le due superpotenze, gli Usa e la Russia di Putin.
La genesi e le ragioni profonde di questo conflitto risalgono alla fine della seconda guerra mondiale, materialmente dalla morte di Roosevelt e l’elezione di Truman, nell’aprile 1945. Sarà con la sua presidenza che verranno sistematicamente disattesi i trattati e gli accordi di pace siglati a Yalta nel febbraio 1945 e a Potsdam nel luglio dello stesso anno, a guerra finita.
L’intera Europa era in ginocchio, inclusa la Russia dopo ben 5 anni di guerra con milioni di morti, a differenza degli Stati Uniti dove non vi fu alcuna azione di guerra. Da allora emerse negli ambienti reazionari e conservatori Usa l’opportunità di cogliere tali “condizioni favorevoli” per colpire il nemico di sempre. Prevalsero a ragione una strategia di lungo termine che ebbe i suoi frutti, iniziò la guerra fredda, il piano “Marshall”, la creazione della Cia, la stessa Nato vennero ideate in funzione anti-Russia, allora antisovietica o, meglio, anticomunista.
La caduta del muro di Berlino, il dissolvimento dell’Unione Sovietica diedero l’avvio a una progressiva inclusione degli “Stati satellite” ma anche delle Repubbliche baltiche ex sovietiche di entrare organicamente nel fronte europeo occidentale, determinando di fatto uno squilibrio e la fine unilaterale degli accordi di Yalta che sino ad allora avevano mantenuto un equilibrio e una stabilità tra le potenze che sconfissero il nazifascismo in Europa. Va evidenziato in questa prima fase il dissolvimento della ex Jugoslavia, pur essendo non allineata.
Non paghi di tali risultati la destabilizzazione continuò nel Caucaso meridionale, in Georgia, Armenia e Azerbaijan, ma anche in Ucraina, nel cuore delle Russie.
Nel contempo la Russia ebbe i suoi problemi, il cambio di regime non fu indolore, la corruzione, la criminalità rischiarono di avere il sopravvento, sino alla legalizzazione degli attuali oligarchi, con a capo Putin.
L’auspicata evoluzione democratica non avvenne in nessuno di questi Paesi ex socialisti, l’elemento a loro unificante inizialmente fu l’antisovietismo e ora il sentimento nazionalistico e anti-russo.
E’ provato e risaputo che sistematicamente dietro questi mutamenti vi fossero sempre l’interessamento, il sostegno economico e militare, la mente degli Stati Uniti d’America. Il colpo di Stato nel febbraio 2014 a Kiev, la “piazza Maidan”, è la prova fondata.
Se questa è una sintesi storico-politica condivisa, come interpretare gli eventi futuri di questa guerra sistemica, fratricida, impregnata dalla propaganda e dalle menzogne, incurante dei massacri, delle vittime e del sangue che scorre da oltre 6 mesi? Ferma e
determinata è la nostra condanna a Putin che ha invaso militarmente un Paese fratello, tuttavia non possiamo considerarla una guerra partigiana, tracciando parallelismi con la nostra lotta di Resistenza al fascismo.
Non è condivisibile il decisionismo subalterno di Mario Draghi e dell’Italia istituzionale, non è condivisibile l’incitazione della Von der Leyen e dell’Europa, non è condivisibile l’atteggiamento di Zelensky disponibile al sacrificio totale del popolo ucraino per delle terre che storicamente non sono mai state di loro appartenenza, come la Crimea.
La stragrande maggioranza degli italiani e dei popoli europei vogliono la pace, i loro rappresentanti si adoperino per conseguirla, lo dicano apertamente ora in campagna elettorale, si adoperino perché nell’alleanza militare della Nato cambi rotta, ridivenga un’organizzazione difensiva e non più destabilizzante, che Biden convochi Putin, e insieme al popolo ucraino pongano fine ai conflitti e condividano insieme le ragioni di una convivenza futura.
Non vi sono alternative, la continua militarizzazione dello scontro porterà all’ulteriore imbarbarimento, all’escalation contro una grande potenza nucleare senza alcun limite e controllo non solo alla sicurezza ma alla stessa salvaguardia dell’essere umano su questa terra.
La guerra in Ucraina è la vergogna dell’Occidente che strumentalmente usa un grande popolo orgoglioso della propria dignità e integrità contro un “proprio nemico storico” ai soli fini di dominio economico. Fallirà come ha fallito in altri teatri di guerra alimentati dalla stessa smania di dominio, ma a quale prezzo?
Sergio Fenaroli (Lecco)
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