2022-06-03

“DICIOTTO CASTAGNE. La montagna, il bosco, la felicità” di Mario Curnis

240 pagine – copertina rigida con sovraccopertina a colori –  

fotografie in b/n e a colori – formato cm. 22x16 – euro 24,90 – 

pubblicato da Rizzoli per Mondadori Electa 

ISBN 978-88-918-3384-6

 


 

 

Renato Frigerio È un anziano alpinista bergamasco che, con questo libro di impostazione autobiografica, ci regala sì anche emozionanti spunti di avventurose arrampicate, ma che soprattutto ci sorprende con un racconto che esula dallo standard che appartiene a questo genere letterario. Non perché Mario Curnis sia sprovvisto di un curriculum alpinistico all’altezza di quelli prestigiosi e favolosi di altri campioni del suo tempo: lui anzi, per nominarne alcuni, è stato amico di Riccardo Cassin, Walter Bonatti, Renato Casarotto e Renhold Messner, vivendo insieme straordinarie esperienze. Oltre alle più proibitive pareti alpine e dolomitiche ha salito le più famose montagne delle Ande e dell’Himalaya. Significativamente fa colpo la sua conquista dell’Everest, arrivata nel 2002 alla bella età di 66 anni, in una spedizione fatta con l’amico affiatato Simone Moro. 

Elemento particolare per lui era che l’alpinismo rappresentava solamente un aspetto del suo intenso rapporto con la natura, per cui istintivamente respingeva ogni notorietà che potesse essere frutto di una passione seria e gelosa: fu una scelta precisa quella di rimanere nell’ombra. 

Rispetto e vicinanza alle persone e alla natura, disinteressato e amorevole sostegno a chi è nel bisogno, salvaguardia della dignità anche a scapito di ogni tornaconto: è solo una parte dei valori che prendono risalto nel libro come concezione esistenziale, ma ancora più come quanto da lui vissuto in questa sua storia tanto interessante quanto coinvolgente, che inizia dai durissimi anni del secondo conflitto mondiale e prosegue, tra tante peripezie, fino a quest’ultimo periodo dove lo troviamo a vivere con l’amata consorte Rosanna ritirato nella modesta baita, immersa nel fondo del bosco che lui stesso ha fatto nascere. 

Con “Diciotto castagne” abbiamo la fortuna di venire a conoscere un vero grande uomo, ma nella sua lettura distensiva, curiosa e appagante siamo pure un po’ costretti al confronto che si apre nell’incontro con un modo inconsueto e inequivocabile di interpretare il senso del nostro vivere. Questo è certamente un libro raro, che potrebbe assolutamente contare sulla condivisione del poeta toscano Giuseppe Giusti, mentre asseriva “che a scrivere un libro è meno di niente, se il libro fatto non rifà la gente”. 

 

 

 

 

 

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