2021-11-25

Puntata n° 6 – Rubrica Letteraria LA NEGAZIONE


di Germana  Marini  
Poi un giorno compresi che non potevo più barare. Mi feci un serio esame di coscienza e mi dissi: “Tu che insistevi tanto perché Lavinia si curasse, non ti avvedi di non essere in acque migliori?... È una presunzione, in fondo, il convincimento che non esista donna in grado di meritarti! E che tu sia immune d’ogni colpa… “Prima di dir male degli altri, bisogna guardare a luogo noi stessi!”, asseriva Molière. 

Mi parve di riudire la voce di Silvia: “Il tempo e la vita t’insegneranno a perdonare!...”. 

La mamma non aveva perdonato papà?...  Non pregava forse per lui, infedele e lontano, come quando era il suo uomo?...  

Anch’io col tempo lo feci, e fu con l’animo aperto ad accogliere nuovamente l’amore, che incontrai Patrizia. Accadde ad una festa, in casa d’amici. Me la presentarono e, zac: qualcosa, nel mio congegno arrugginito, scattò. 

Lei era estremamente graziosa, ma soprattutto giovane, e vivace. Una vivacità contagiosa, la sua, che rigenerava il morale. Moderna e spigliata, si avvide del mio impaccio, e mi venne semplicemente incontro per dirmi: <<Non vai matto per il ballo; eh?...>>. 

<<Ahimé, no!>>, sospirai. <<Ma la colpa non è mia. Il fatto è che nessuna si è presa mai la briga d’insegnarmi>>. 

<<Oh, povero piccolo… Posso farlo io, se vuoi…>>. 

Alla fine, esausta, concluse: <<Mi hai ingannata, birbantello! Non è che non ti abbiano insegnato, è che si sono demoralizzate: confessa! Parola d’onore, personalmente preferirei trascinare un pachiderma!>>. 

Per rimediare le promisi di darle, in compenso, lezioni di sci: l’unico sport che mi fosse congeniale. E, la domenica dopo, ci recammo a Cortina.  

<<Guarda che non ci so fare per nulla!...>>, mi avvertì. 

<<Ma sei proprio negata!>>, sbottai. <<Io, come ballerino, al confronto sono un asso!>> 

<<Beh, ognuno ha il suo debole>>, si difese. <<Tu sei bravo, non discuto. Ma la prima volta, anche tu… >>,  

<<Ero goffo anch’io>>, ammisi. <<C’è chi se la cava meglio di me, del resto, come vedi…>>. E le indicai uno spericolato discesista. 

<<Scansati, che ora lo raggiungo!>>, m’ingiunse. 

<<Sì… All’obitorio!>>. 

Quando la vidi sfrecciar via, la prima cosa che pensai fu che l’avessero investita. 

<<Patrizia!...>>, urlai. 

<<Sto bene!, mi rassicurò, schivando con magistrale perizia gli ostacoli. <<Non t’allarmare; poi torno!>>. 

<<Perché prendermi in tal modo in giro?>>, quando mi riebbi, le chiesi. 

<<Ma perché se ti avessi risposto: “So sciare, grazie!”, che scusa avrei avuto per rivederti?... Magari avresti girato la proposta a un’altra…>>. 

Da Patrizia potevo aspettarmi di tutto: non ne avevo incontrato nessuna imprevedibile come lei, ma appunto per ciò mi piaceva. 

Quando le sussurrai “ti amo”, mentre ci baciavamo, in auto, indicando il registratore, mi pregò: “Ridillo! 

“La butti sul ridere?...>>, stupii. 

<<Tutt’altro! È che è una specie di retaggio, ormai, “ti amo”.  Che ti chiedano di amoreggiare, ne trovi tanti… Ma “ti amo”, è troppo bello, Roberto…>>. 

A dispetto della nostra intesa, se non ci legammo a “doppio filo”, fu per l’esitazione di lei, che proclamò: <<Tu sei di un’altra generazione, caro. Dieci anni di differenza contano poco: io adoro i “matusa”. Ciò che intendo è che noi siamo troppo diversi da voi. Tu hai trentasei anni, e hai subìto l’influenza degli avi. 

Il mondo, nel frattempo è mutato, ma certe tradizioni sono dure, a morire.. Noi, al contrario, siamo nati in un mondo già nuovo, e non siamo disposti a piegarci a compromessi. Mi segui?...>>. 

La seguivo, e credevo di sapere dove avrebbe parato.  

<<Probabilmente alludi al diritto di lavorare, anche dopo il matrimonio... Sbaglio?...>>. 

<<Ma caro… al matrimonio… è la prima volta che accenni…>>, sbalordì. 

<<Lo ritenevo sottinteso… >>, dissi.  

<<Sei molto carino, ma devi sapere che tengo molto alla mia libertà, alla mia indipendenza. E nel limite del possibile, non intendo rinunciarvi.. Tu non m’hai sino ad ora dimostrato d’essere un accentratore, un retrogrado. Amerei che così continuasse, Roberto, ecco tutto!>>. 

Non mi fu facile aderire alle sue teorie, pur ammettendo che aveva ragione lei: i tempi erano cambiati e s’imponeva mi adeguassi. 

Scherzava, Patrizia, sì, ma aveva anche una buona dose di “grinta”, un carattere forte,  che non sarei riuscito a piegare. 

“E’ frutto della necessità!”, commentava. 

Sapevo che aveva iniziato a lavorare prestissimo, giacché il padre era rimasto vittima di un incidente e le loro condizioni finanziarie erano tutt’altro che floride. 

Se ora era segretaria di fiducia del principale in un’azienda di spicco e il capo non muoveva dito senza informarla e chiederle consiglio, il merito era esclusivamente della sua innegabile capacità e tenacia. 

<<Sei “l’uomo di casa”>>, la canzonavo. Ma era la verità. 

Sua madre era una piccola donna apprensiva, sempre timorosa di non attendere a tutto.  “Che ti metti, Patrizia, domani all’assemblea”?, l’interpellava. “Oh, Dio!, il robe-manteau è dalla sarta… Altrimenti potresti puntare su quel tailleur pantaloni chiaro…: ma li hai gli accessori in tinta?...”. 

“E’ brava la mia Pat!”, mi diceva. “Se non avessi avuto lei, non me la sarei mai cavata…. Va, viene, mi toglie dagli impicci… E nessuno l’imbroglia: una volpe! 

L’altra figlia, la più grande, è un po’ come me: debole di salute e di carattere. Patrizia, invece, ha preso dal padre: una roccia!”. 

 

L’altra, non l’avevo mai vista. Era in montagna per riprendersi da un esaurimento, m’aveva informato Pat. <<Andava in lavanderia da una conoscente… aiutava … Stirare, no, perché si affaticava in fretta, ma lo stesso accusava mal di capo, stanchezza… “Forse”, si è sospettato, “gli acidi… “, e la si è tenuta a casa. Ma peggio. 

Così il medico ci ha suggerito di farle cambiare aria…”. 

Non mi meravigliò che parlasse della sorella maggiore, con quel tono protettivo, materno. 

 

Accennavo alla pretesa di Patrizia di salvaguardare la sua indipendenza…: quella di riservarsi qualche serata tutta per sé, ad esempio, per vedere le amiche, farsi quattro risate con loro, andare al cine, a teatro… <<Oh, insomma>>, protestò, <<sono giovane, e mi voglio divertire! Ma con te, non si può: è un delitto!>>. 

Litigammo. Un “litigio” per modo di dire, ma che nella nostra relazione indubbiamente incise. 

“Stai in guardia, vecchio mio!”, mi dissi, “il divario d’interessi comincia a farsi sentire, e pure quello dell’età!”.  

Una volta mi ricordai in extremis  che era il suo compleanno.  Ero tornato dall’Ospedale stanchissimo, ma mi affrettai ad uscire, lasciando freddare la cena,  per recarmi a comperarle uno stupendo mazzo di fiori, quindi mi diressi a casa sua. 

Il posteggio, al solito l’avevo trovato a parecchi isolati più in là, e tirava un vento da apocalisse. Dovetti riparare il mazzo sotto la giacca, io stesso faticando a mantenermi in piedi. 

M’aspettavo che Pat mi venisse incontro, sorridente e sorpresa. Invece m’accolse l’altra.  

<<Sei Nadia, scommetto… Finalmente ci conosciamo!...>>. 

<<Mi spiace che Patrizia non sia in casa>>, si rammaricò, <<Ma ha dovuto fare gli “straordinari…>>. 

<<Gli straordinari, solitamente, sono una scura dell’uomo>>, scherzai. Ma ero alquanto deluso. 

Abbassò, contrita, il capo. Aveva un viso spento e l’esile  personcina  si perdeva in un abito di foggia semplice, i capelli, castani, raccolti. 

Quando tornò a guardarmi mi accorsi che gli occhi erano l’unica cosa veramente notevole, in lei, per il resto, nessuno le avrebbe dette sorelle. Pat era fulva, una “rossa di fuoco”, e aveva un corpo snello, ma sinuoso. 

<<Entri!>>, mi esortò. <<La prego!>>. 

<<Troppo onore, quel “lei”. E che sarò mai?...: un onorevole? Un Papa?...>>. 

<<Il fatto è>>, arrossì, <<che ora tutti danno del tu. Mentre io sono rimasta  all’antica…>>. 

<<Metto i fiori in fresco>>, si premurò, <<Mi dia!>>. <<Dammi, cioè>>, rettificò, <<ma non guardarti intorno: se ne è appena andato il bimbo di una nostra amica: un demonietto…>>. 

<<Sarebbe un’idiozia occuparsi dell’ordine, con una così leggiadra fanciulla dinanzi… Ti pare?...>>. 

Si muoveva lieve. Lieve come i petali delle mie Orchidee. 

<<Che belle!>>, sussurrò. <<Mi spiace soltanto che mamma si sia già coricata: ti avrebbe visto volentieri. Peccato!>>. 

<<Stavi per andare a nanna anche tu>>, indagai, <<o ti apprestavi a seguire la solita fiction a puntate?...>>. 

<<Non proprio. Prediligo di gran lunga la lettura, che permette di “lavorare di fantasia”, mentre i film  non lasciano alcuno spazio all’inventiva…>>. 

<<Condivido>>, affermai. <<Io pure sono un famelico divoratore di carta >>. 

 

 

(continua) 

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