2021-07-10

Mercoledì 14 luglio, ore 18.00, presso il giardino interno alla libreria Parole nel tempo (Via Partigiani 19, Lecco) la Prof.ssa Gilda Tentorio presenterà il volume di Nikos Kazantzakis, Odissea (Milano, Crocetti, 2020).


La popolarità di Kazantzakis (1883-1957), un degli intellettuali più importanti della letteratura europea, presso i lettori italiani dipende, quasi esclusivamente, dalla  sua produzione in prosa (sono ben noti, anche per la trasposizione cinematografica, i romanzi Zorba il greco e L’ultima tentazione). Questo accresce i meriti della pubblicazione  nella traduzione italiana di Nicola Crocetti del suo poema Odissea (uscito in Grecia nel 1938). Peraltro l’opera ha dimensioni inusuali, poiché, articolata come i poemi omerici in 24 canti, consta di ben 33.333 versi (decaeptasillabi, un metro inconsueto nella prosodia neogreca) per un totale – nell’edizione italiana – di quasi ottocento pagine dell’edizione italiana.  

 

La narrazione di Kazantzakis riprende – come quella di Dante nel canto XXVI dell’Inferno che assume parzialmente come modello – motivo della irrequietezza di Ulisse una volta tornato a Itaca. Nella sua terra, finalmente raggiunta e riconquistata, l’eroe non si sente appagato. Eloquenti di tale stato d’animo i versi 951-962 del Canto XVI. È Ulisse a parlare:

 

La patria mi stava stretta, sentivo oltre le sue rive

altre patrie dagli occhi ridenti, altre anime carnose,

tristezze e gioie di ogni sorta, fratelli e sorelle,

che sedute sulle rive aspettavano il mio ritorno!

Che tu sia benedetta, vita, per non essere rimasta

fedele a un solo matrimonio, come una donnicciola;

è buono il pane del viaggio e l’esilio è miele,

per un istante eri felice, godevi ogni tuo amore,

ma presto soffocavi, e a ogni amante dicevi addio.

Anima, la tua patria è sempre stata il viaggio!

La virtù più fertile al mondo, la santa infedeltà,

segui fedele tra risa e pianti, e più in alto sali!

 

 

L’Ulisse di Kazantzakis, tuttavia, si discosta non poco da quello dantesco. A spingere l’eroe del XXVI Canto dell’Inferno a riprendere il mare e a varcare i confini del mondo è “l’ardore/ ch’i’ ebbi a divenir del mondo esperto/ e delli vizi umani e del valore”; ciò non basta al personaggio di Kazantzakis che è mosso da un irrefrenabile impulso a lasciarsi alle spalle quanto è consueto e convenzionale (“borghese”), a tradire le aspettative riposte in un figlio, in un padre, in un marito. È un eroe amorale, “fedele” alla “santa infedeltà”, che celebra nei versi citati come “la virtù più fertile al mondo”. Più che a Dante, il poeta cretese sembra rifarsi a Nietzsche, altro autore da lui amato e tradotto, da Kazantzakis posto insieme al socialismo di Lenin alla base del suo pensiero. 

La prosecuzione del racconto omerico vede l’Odisseo di Kazantzakis portarsi a Sparta, sedurre la bella Elena, moglie del suo vecchio amico infrollito Menelao, poi recarsi a Creta, dove rovescia e distrugge il regno del suo ex-compagno Idomeneo , poi in Egitto, a Eliopoli, dove conosce varie peripezie, e prosegue il viaggio verso sud. 

Termine del viaggio il Polo Sud, dove, moribondo, giunge a bordo di una barca che è una bara, e la trasfigurazione di Ulisse in pura luce. 

La traduzione di questo poema ciclopico di Kazantzakis è stato il frutto di sette anni di lavoro per quella singolare figura di traduttore-studioso-editore  che è Nicola Crocetti, nato a Patrasso nel 1940 da madre greca e padre italiano, milanese di adozione, tra i più attivi e intelligenti promotori della conoscenza della poesia e della cultura greca. 

La prof.ssa Gilda Tentorio, che ha contribuito alla revisione della traduzione, è docente a tempo indeterminato presso il liceo scientifico “G.B.Grassi” di Lecco, ed è docente di lingua e letteratura neo-greca presso le Università di Pavia e Milano.  Ha appena pubblicato, per Polyhistor Edizioni, l’edizione italiana del volume di Tassoula Karagheorghìou, Il Metrò. 

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