2021-03-16

45 anni fa Lecco fu insignita della medaglia d’argento


Gianfranco Colombo - Quarantacinque anni fa, il 14 marzo 1976, Lecco veniva insignita della medaglia d’argento per il sacrificio dei suoi cittadini nella lotta al nazifascismo e per l’eroica pagina della Resistenza. Quella domenica 14 marzo venne a Lecco l’allora presidente 
 della Camera, Sandro Pertini, che due anni dopo, l’8 luglio 1978, verrà nominato presidente della Repubblica. Fu un giorno intenso e non privo di qualche polemica, ma quelli erano gli “anni di piombo” ed il confronto politico era a dir poco spigoloso. Basti dire che due anni dopo si verificherà il rapimento di Aldo Moro, per capire il clima in cui viveva l’Italia. La cerimonia iniziò alle 11 allo stadio Rigamonti. Presero la parola il sindaco di Lecco Rodolfo Tirinzoni e, a nome del governo, il ministro alle Regioni, Tommaso Morlino. Fu proprio durante gli interventi del sindaco e del ministro, che i gruppi della sinistra extraparlamentare alzarono i toni della loro contestazione; protesta che toccò il punto culminante durante l’inno di Mameli, a cui i gruppi extraparlamentari opposero il canto di “Bandiera Rossa”. A questo proposito, il settimanale “Il Resegone” criticò senza mezzi termini l’accaduto: «I gruppuscoli extraparlamentari di sinistra, che hanno disturbato all’inizio del suo discorso il sindaco Tirinzoni, coperto con schiamazzi l’intervento del ministro Morlino, intonato Bandiera Rossa contro l’inno nazionale, hanno compiuto un gesto altamente lesivo della democrazia e della convivenza civile. Impedire di parlare o, comunque, soffocare la parola perché non venga udita, significa assumere un atteggiamento decisamente intollerante, di chiaro stampo dittatoriale, tanto più se si tiene conto che chi parlava era rappresentativo di molti altri cittadini e che il fatto è stato compiuto nel giorno e nel momento commemorativo di quanti hanno pagato nel sangue questa nostra tanto cara libertà». A mettere fine alle contestazioni fu Sandro Pertini. Gli applausi di tutto lo stadio sottolinearono la riconosciuta autorevolezza di un uomo, prima ancora che di un politico, insignito della medaglia d’oro della Resistenza. Nel suo discorso il presidente della Camera rievocò episodi della lotta contro il fascismo, ricordò i rastrellamenti nella sua Savona, gli anni di carcere con Gramsci, le deportazioni, l’antifascismo militante dei lavoratori, le figure più vive della Resistenza, tra cui cattolici come don Minzoni. «La Resistenza continua anche oggi – disse ancora Pertini – Noi diciamo no al neofascismo e ci batteremo sempre come ci siamo battuti nei nostri vent’anni. Occorre che i giovani sappiano cosa è stato il fascismo e cosa abbia significato per il nostro popolo perdere la libertà poi riconquistata a prezzo di grandi sacrifici». E ad un certo punto del suo discorso Pertini parlò  proprio ai giovani, in risposta anche alle contestazioni nei confronti di sindaco e ministro. «Rivolgendosi ai giovani – scrive Il Resegone – egli ha affermato che la libertà che essi oggi hanno, anche di contestare, è stata conquistata da coloro che hanno effettivamente lottato per questo, e il coraggio non lo si dimostra con gli slogan e con la violenza materiale ma con la capacità di difendere coerentemente la propria idea politica. Ai giovani è affidata ora la custodia degli ideali della Resistenza». Proprio all’amore per la libertà aveva dedicato anche la sua omelia monsignor Enrico Assi, allora prevosto di Lecco, nella messa celebrata sabato 13 marzo, celebrazione che aveva aperto le cerimonie per il conferimento della medaglia d’argento per la Resistenza alla nostra città. «La vicenda della Resistenza – disse monsignor Assi – fu vissuta come moto popolare, come ribellione morale contro  una concezione aberrante della vita, dell’uomo… Noi oggi siamo attenti e sensibili ai fatti, preoccupati e sgomenti di fronte al germe della violenza che scuote la nostra terra, smarriti di fronte all’immoralità pubblica e privata che ci stringe da ogni parte». E l’omelia si concluse con una riflessione sulla libertà: «Mai come oggi gli uomini hanno avuto un senso così acuto della libertà e intanto si affermano nuove forme di schiavitù sociale e psichica. I morti e i combattimenti che noi ricordiamo, hanno agito in una logica di pace, di convivenza libera, di rispetto di tutte le libertà, di rifiuto della violenza come strumento di confronto. E’ la strada che nonostante i ritardi, gli errori, le obiettive difficoltà incontrate, e in parte superate, noi siamo chiamati oggi dai nostri morti a riprendere e percorrere con fiducia».

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