2021-01-24

MUTARE, SENZA INDUGIO, ROTTA!



di Germana Marini  
L’allucinante vicenda di Antonella, bimba di dieci anni, perita a causa di una “sfida alla vita”, o “alla morte”,  per l’essersi stretto fino a morirne un laccio alla gola, dietro istigazione dei social-network,  commentata dai mass-media con deprecanti accenti, indignerà per poco, presto inghiottita da una sequela di altri, più inquietanti orrori. 

Ciò dopo che un inorridito auditorio si sarà a lungo scagliato sulla nefasta influenza dei social e la colpevole incuria dei genitori, che non si danno pena di verificare quali deleteri messaggi giungano, da parte di veri e propri “mostri” a ragazzini annoiati  

(e trascurati), facili prede di ogni tipo di delittuosa proposta. 

 

Nella nota introduttiva alla mia raccolta di liriche dal titolo “Consegniamo ai figli le chiavi della vita”, avevo sottolineato come quel dilagante fenomeno che va sotto il nome di “bullismo”, le “sbornie estreme”, la droga, lo sprezzo della vita, da giocarsi a dadi con una leggerezza e insipienza sconcertanti, non avvenga per caso, bensì per il fatto che come educatori  dobbiamo prendere atto di avere indubbiamente mancato in termini di vigile presenza, di disponibilità a seguirli, ad ascoltarli, questi disorientati ragazzi, le cui prevaricazioni, ora, con veemenza ci interpellano. 

Un libro, il mio, nato dal constatare una realtà, le cui conseguenze ci stanno sfuggendo pericolosamente di mano, un umile speculare nel disagio giovanile, affrontato senza presumere d’essere depositaria di alcuna verità. 

 

E vale, a mio avviso, la pena di riportare alcuni stralci dalla dotta prefazione del noto vaticanista Andrea Tornielli, che testualmente scrive: 

“Con questa raccolta di liriche, frammenti e aforismi, Germana Marini entra nel cuore del compito più bello e meno facile del mondo: quello di essere genitori. Tanto si può dire e tanto viene detto su un certo mondo giovanile oggi allo sbando, sulla tabula rasa, sulla “Chernobyl delle coscienze che oggi caratterizza tante ragazze e ragazzi delle nostre società occidentali. Ancora poco si è riflettuto su quali siano le responsabilità dei genitori, della società che come genitori abbiamo contribuito a costruire. Scrive l’autrice: 

Non contagiamo i loro / vergini spiriti / con le mascherate/ carnevalesche, / la doppiezza, / le tresche, / che oliano / gl’ingranaggi / di questa squallida/ giostra! 

Lungi, dunque, da ogni moralismo, dal salire in cattedra, ai genitori che hanno ricevuto il compito di trasmettere la vita e di educare, spetta innanzitutto la testimonianza. Già il beato Paolo VI aveva definito l’epoca contemporanea come il tempo dei testimoni, non più quello dei maestri. Questo è ancor più vero nel processo educativo. La concretezza dell’esempio, lo sguardo misericordioso, l’amore fra i coniugi che si riverbera come dono nella vita familiare, sono elementi quanto mai insostituibili, oggi. I giovani che vivono nella società nichilista, che si vedono proporre modelli di successo legati alla pura affermazione di sé o della propria ricchezza, hanno affinato un sesto senso nello scoprire l’ipocrisia. Per questo non tollerano prediche, ma possono soltanto comprendere e accettare l’esempio. 

 

Lo sguardo di Germana Marini è quello della madre cosciente che i figli non le appartengono, non sono persone da “gestire”. Perciò , secondo lo sguardo cristiano, l’essere testimoni con la propria vita, ma anche il sapere affidare le vite dei figli al Signore della vita, perché arrivi là dove non possiamo arrivare, sciolga i nodi che noi non possiamo sciogliere, custodisca i percorsi delle sue creature, nate dal nostro amore, quando noi non possiamo farlo. 

 

E così Andrea Tornielli conclude: 

“Ecco che questo autentico decalogo per una genitorialità formativa e feconda, parte innanzitutto dalla fede, che fa scrivere alla giovanissima mamma tali parole, dedicate al primogenito Alessandro: La tua coscienza è la sola / che non tradisce / e non mente, / dentro di te è la scelta / migliore / e in Dio soltanto la pace / che aneli . / Perché, o mia creatura… / noi siamo mortali! /. 

 

Riprendendo il discorso, dopo un così edificante apporto, diciamo che ne deriva che quella sventurata bimba, paradigma di un mondo scaduto nella più allarmante bassezza, dal suo sepolcro urla l’irrinunciabile esigenza di mutare, senza indugio, rotta! 

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