2021-01-04

“Bellezze da vivere e da custodire” - Cattaneo Editore

Nel volume edito da Cattaneo una sezione è dedicata al fascino delle nostre montagne






di Gianfranco Colombo “Bellezze da vivere e da custodire” è un volume che propone le storie di quattro territori (Como-Lecco-Monza-Brianza) che costituiscono il riferimento costante di tutta la narrazione. Edito da Cattaneo editore, il libro, ricco di bellissime illustrazioni, consente al lettore di compiere un viaggio trasversale attraverso quindici “percorsi di cultura”, che presentano le mille sfaccettature di quest’area geografica capace di proporre le suggestioni paesaggistiche legate a Leonardo da Vinci o le storie imprenditoriali collegate al ferro e alla seta. Uno degli aspetti affrontati che ci riguarda direttamente è quello delle montagne. Queste ultime sono qui intese come regno dell’alpinismo, ma anche come occasione di turismo. Baluardo naturale contro ipotetici nemici, sono sempre state le porte verso l’Europa.  Le nostre grandi montagne, dal Resegone alla Grigna, raccontano, innanzitutto, storie di rocce e di rocciatori, come scrive Alberto Benini. Una passione quella della montagna e dell’arrampicata che ha trovato radici soprattutto negli anni difficili venuti dopo la prima guerra mondiale: «La ripresa fu lunga e difficile – scrive Alberto Benini – Faticosa, soprattutto, per lo scarto enorme fra il desiderio che animava una generazione che aveva vissuto l’adolescenza in mezzo alla guerra nella scarsità di mezzi. Ma proprio questa necessità spinse i giovani a unirsi, anche al di fuori dei tradizionali club alpini. 


E da Monza vennero i “Pell e oss” e da Lecco i “Sempre al verde”, ben presto mutatisi nei Ragni della Grignetta. E poi i comaschi e i milanesi in costante, ma leale competizione. I gruppi erano formidabili alleanze, non tanto per salire le pareti, per quello bastavano di solito le forze dei singoli, ma piuttosto per accedervi, in un’epoca in cui povertà e mancanza di tempo libero erano i veri nemici coi quali misurarsi». Montagne come luoghi da vincere oltre ogni difficoltà, ma anche difese naturali contro possibili nemici. Per nostra fortuna quest’ultimo concetto è andato mutando in meglio: «In anni più vicini a noi – scrive ancora Benini – è maturato, non senza fatica, un concetto di montagna che cessa di essere confine, baluardo frapposto fra la nostra civiltà e le altre, potenzialmente minacciose, per diventare elemento di contatto, di transito e scambio». L’ultima parte del volume è dedicata proprio a queste “porte”: le vie dello Spluga, del Bernina, dello Stelvio e del Gottardo ci permettono di guardare oltre i nostri confini per sfidare quel mondo che ci ha sempre visto protagonisti.
 La strada dello Spluga, solo per fare un esempio, ha sempre suscitato sogni ed emozioni. Una strada mitica, che ha visto passare viaggiatori illustri e coraggiosi, suscitando in tutti lo stupore incantato di chi si trovava a vivere le bellezze “orride e vere” di una natura incontaminata.  Tra questi viaggiatori basterebbe ricordare 
Johann Wolfang Goethe che giunse a Riva di Mezzola il 29 maggio 1788 o Hans Christian Andersen, che attraversò lo Spluga nel 1852. Grande fascino, enorme suggestione ed anche pericoli non indifferenti, che davano al tutto il senso profondo dell’avventura. «Il passaggio delle Alpi – scrive Fabrizio Mavero – è sempre stato fin dall’antichità una delle vicende umane più coinvolgenti: desiderio di relazioni, brama di scambi culturali, sete di avventura, invasioni militari da entrambe le parti, perdite umane nei faticosi lavori nelle viscere dei monti, futuristiche tecnologie per abbreviare tempi e fatiche, invenzione del turismo di alta montagna e altro ancora». Le montagne rappresentano così vette da conquistare, confini da superare, bellezze da godere e sono per noi il profilo obbligato di un orizzonte che senza di loro non avrebbe ragione di essere. Sulle montagne e sul loro fascino ha scritto pagine bellissime Dino Buzzati. In un articolo del 1971, lo scrittore si chiedeva da dove venisse questo fascino inspiegabile che le grandi vette emanano: «L’immobilità dell’alta montagna probabilmente ci appare quale il massimo simbolo della suprema quiete a cui l’uomo è tratto per vocazione e tentazione invincibile… Non è bellissimo che proprio a motivo di tali radici così profonde, che toccano le recondite leggi del fato, l’incantesimo delle Alpi ci abbia dato tante gioie, tanta giovinezza, salute, poesia, tante felici illusioni?».

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