2020-12-01

UN RICORDO DI UELI STECK, L’ALPINISTA DELL’IMPOSSIBILE

di Renato Frigerio - Nato il 4 ottobre del 1976 a Langnau nel Canton Berna, sulle Alpi Bernesi, specialista dello “Speed Climbing”, lo svizzero Ueli Steck, uno dei più grandi dell’alpinismo contemporaneo, vanta una serie di record di velocità impressionante a livello mondiale per lo sport che consiste nello scalare montagne. 

Ueli Steck ha scalato l’Eiger (3970m) per più di venti volte, di cui almeno più di dieci ripetizioni sulla classica via “Heckmair” e ben due vie nuove di difficoltà elevata: “Paciencia” (900m, 24 tiri di 7a/7b+, 2 tiri 7c+, 1 tiro di 8a) aperta con Stephan Siegrist in 8 giorni nel 2003 e poi liberata tra il 29 e 30 agosto del 2008; “The Young Spider” (1800m, EX+,7a, A2, WI6, M7) aperta con Stephan Seigrist in 11 giorni nel 2001 e poi percorsa in solitaria in 5 giorni nel gennaio del 2006. In 25 ore, nel 2004, in cordata sempre con Stephan Siegrist realizza il concatenamento di Nord dell’Eiger, Monch (4099m) e Jungfrau (4158m). Nel 2006, tra il 14 e il 15 marzo, sempre in solitaria, sale in 25 ore, bivacco compreso, la via Bonatti del Cervino. Altra performance degna di rilievo è la scalata in free solo della via “Excalibur”, quotata 6b, sul Gross Wendenstock (3402m), nelle Alpi Bernesi, nel 2004, e la salita in libera, tutta a vista tranne un tiro, sempre da capocordata della via “Golden Gate” (41 lunghezze, 8a), su El Capitan (2305m), nella Yosemite Valley, nel 2009. A partire dal 2001 ci sono le spedizioni extrauropee in Himalaya, in Alaska, Canada e California. Tra queste degne di essere nominate, dopo la via in stile alpino, con Ueli Buehler, sulla parete Ovest del Pumori (7161m) nel 2001, sono le due vie nuove in solitaria del 2005, rispettivamente sulla parete Nord del Cholatse (6440m) e sulla parete Est del Tawoche (6495) nell’Himalaya del Nepal. In Karakorum, nel 2006, il Gasherbrum II Est (7772m), con vetta raggiunta da Nord, insieme a Cedrich Haehlen e Hans Mitterer. Nell’Himalaya del Nepal, nel 2008, in stile alpino, con Simon Anthamatten, la via nuova lungo la parete Nord del Tengkanpoche (6500m). 

Ueli Steck era un predestinato, con una grande abilità anche nell’arrampicata su roccia con un livello attorno all’8a/b. La cura maniacale che dedicava alla preparazione fisica e mentale lo avevano portato a compiere alcune scalate entrate di diritto nella storia dell’alpinismo. Sono celebri le tabelle con cui sottoponeva il fisico a sessioni estenuanti di allenamento che gli valsero il soprannome di “Swiss Machine”. 

D’altronde soltanto in questo modo era riuscito a concludere l’impresa forse più nota al grande pubblico di salire la splendida trilogia delle pareti Nord di Eiger (via Heckmair in 2 ore, 47 minuti e 33 secondi, il 13 febbraio 2008, superando il tempo stabilito da Christoph Hainz, di 4 ore e 30’, del 2003, e il record di 3 ore e 54’ dello stesso Steck del 2007), Cervino (via Schmid in 1 ora e 56 minuti, il 13 gennaio 2009) e Grandes Jorasses (via Colton-McIntyre in 2 ore e 21 minuti, il 28 dicembre 2008). 

Ma il suo salire le vette non era soltanto straordinario e sbalorditivo dal punto di vista della velocità: tutte le sue scalate più importanti non sarebbero state possibili senza un approccio psicologico che gli consentiva di affrontare e superare le situazioni più rischiose, in solitaria, con lucidità e consapevolezza, controllando di fatto l’imponderabilità della montagna. 

È questa combinazione di cuore e testa con cui completò da solo, nel 2012, una salita quasi “mistica”, intesa nel senso di atteggiamento spirituale, alla parete Sud dell’Annapurna I (8091m), in 28 ore andata e ritorno, lungo la via tentata dai francesi Pierre Bèghin e Jean-Christophe Lafaille, che gli valse l’edizione 2013 dei prestigiosi “Piolet d’Or”. Secondo molti di coloro che lo hanno conosciuto, Steck era anche destinato a trovare una morte precoce in montagna a causa della temerarietà delle sue scalate. 

Ma, paradossalmente, corse i maggiori rischi nel 2013 sulle pendici dell’Everest con Simone Moro a causa del tentativo di linciaggio subito al Campo II ad opera di un gruppo di Sherpa d’alta quota durante una lite (sulla vicenda è stato prodotto un film dal titolo “High tension” con regista l’americano Zachary Barr). 

Questa esperienza, insieme alla consapevolezza di aver davvero superato i propri limiti sulla direttissima alla parete Sud dell’Annapurna I, provocarono in Steck una crisi che lo tenne lontano per qualche tempo dall’alpinismo di punta. Ma si riprese benissimo il 17 novembre del 2015 nuovamente tra le montagne di casa con il doppio record, in cordata e in solitaria, alla parete Nord dell’Eiger, superando la classica via “Heckmair” in sole 2 ore, 22 minuti e 50 secondi e con la traversata dei quattromila delle Alpi, che comprende 82 cime, sparse tra Italia, Francia e Svizzera, effettuata in 62 giorni spostandosi esclusivamente a piedi, in bicicletta e in parapendio. Fino agli ultimi giorni del mese di aprile del 2017, in cui preparava la prima traversata integrale e senza ossigeno di Everest e Lhotse lungo le vie Hornbein’s Couloir e Urubko. Nella Valle del Silenzio sul versante Sud il corpo di Steck è stato ritrovato senza vita il 30 aprile, in prossimità del Campo II lungo il fianco nepalese alla montagna più alta del mondo, su cui si affacciano l’Everest, il Lhotse e il Nuptse.  

È precipitato dalle pendici del Nuptse (7861m) durante una “banale” salita di acclimatamento che Ueli effettuava a modo suo, con scalate rapide e tecniche oltre 7000m di quota partendo direttamente dal Campo Base e senza pernottamenti intermedi.

Come tutte le faccende umane, anche nell’alpinismo i grandi sono coloro che riescono a spostare un po’ più in là i limiti del possibile e Steck lo ha fatto. Noi possiamo solo ricordarlo e celebrarlo per le sue imprese incredibili. 

Per Ueli Steck l’alpinismo, inteso da lui come forma di vita, è diventato il mezzo per la sua impressionante crescita progressiva e a ragione l’occasione per il suo istintivo bisogno di stringere relazioni significative e poi di svolgere questa sua attività con professionalità e serietà. 

Un uomo dalle grandi qualità: concezione, mentalità, allegria, esuberanza, voglia di vivere. 

Intuiva e sceglieva i suoi obiettivi fino a rimanerne affascinato e, come diceva, nei momenti più critici si sentiva sorretto da una vocazione che tramutava il sacrificio in un piacevole impegno. 

Lecco ha avuto la fortuna di ospitare Ueli Steck nel gennaio 2006 e nel febbraio 2013, rispettivamente nell’ambito del ciclo delle apprezzate serate organizzate dal gruppo alpinistico Gamma a Lecco e da DF Sport Specialist di Sergio Longoni, presso il punto vendita a Bevera di Sirtori, grazie alla sua eccezionale disponibilità e, lo ricorda appositamente per le sue doti distintive, per la sua innata simpatia e spontanea semplicità, per la sua incidenza di visuale nel presentare un mondo per noi quasi irreale, ponendo in risalto una serie di sfumature motivate ai margini dell’impresa alpinistica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1 commento:

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