di Renato Frigerio - Ogni ricorrenza vuole essere solo l’opportunità per richiamare l’attenzione su quanto un personaggio, da ricordare per sempre, come Walter Bonatti, in questo caso, ha lasciato di importante e di duraturo.
La grandezza alpinistica di Riccardo Cassin, Carlo Mauri, Walter Bonatti, Andrea Oggioni, Casimiro Ferrari, Benvenuto Laritti, Lorenzo Mazzoleni e Marco Anghileri, ha rappresentato la migliore sintesi dei valori delle montagne di Lecco, quelli nei quali noi, appassionati di alpinismo, vogliamo ancora oggi ritrovarci e che desideriamo che i nostri figli facciano loro e tramandino: affermarlo oggi è solo un inevitabile e doveroso riconoscimento, idealmente più che meritato.
Sono già passati 9 anni da quando Walter Bonatti se ne è andato. E gli anni passano da quel 13 settembre del 2011 che, in maniera del tutto inaspettata, strappò Walter Bonatti dall’affetto dei suoi cari e di tutto il mondo della montagna. Ma rinnovare la memoria e la dimensione dell’alpinista e dell’uomo non può mai venire meno.
Ricordo l’ultima volta che ebbi l’occasione di incontrarlo, fortuna che risale al giugno del 2011, presso Villa Bertarelli, a Galbiate. Un asciutto gentiluomo dagli occhi limpidi, con lo sguardo vivo e profondo, dai candidi capelli, determinato, pacato, distaccato, obiettivo, chiaro ed espressivo nella capacità di sintesi. Un uomo significativo che, con coerenza, nella sua interiorità, ha sempre tenuto fede ai suoi ideali.
Carlo Mauri me ne ha parlato come di un vero amico, stimato, in primis anche per le qualità morali, ed è ciò che ha provato chiunque abbia arrampicato con lui!
Come alpinista Bonatti, si impone, non si discute. Per capirlo, almeno come alpinista, si devono ripercorrere le tappe biografiche della sua brillante carriera. Non serve proprio raccontarne la dinamica, le motivazioni e le stimolanti esperienze vissute. La sue imprese resteranno memorabili nella storia dell’alpinismo internazionale. Non vorrei essere retorico: ma, in sostanza, la storia di Walter Bonatti continua. Perché le grandi storie non possono finire.
Solo un cenno su Bonatti scrittore. Nelle sue pubblicazioni di successo è il racconto reale dell’avventura a brillare, dove spicca in effetti lo stile sincero.
Grazie Walter, per tutto, per davvero.
P.S. = Tratto da “Montagne di una vita” di Walter Bonatti.
Quarta edizione (pagine 10 e 11), Baldini Castoldi Dalai editore SpA, 2010.
“Attenzione però che vedermi solo come alpinista è vedermi solo per metà. Anzi, assai meno di metà, tenuto conto che all’alpinismo, quello di massimo impegno ed espressione, io non ho dedicato che sedici anni della mia vita. Se nasce dunque l’opportunità di essere utile a qualcun altro, non posso esserne che felice e fiero: è qualcosa che considero importante. Credo che ogni uomo senta il bisogno di trasmettere le proprie esperienze, di passarle ad altri, e che lo senta di più andando in là con gli anni”.
IL GENIO DI WALTER BONATTI È ROBA DI ALTRI TEMPI
Nato a Bergamo il 22 giugno 1930, è uno degli alpinisti più grandi del mondo e certamente tra i più forti di tutti i tempi, le cui imprese sono probabilmente senza paragone.
Si trasferirà con la famiglia a Monza nel 1939 e nel 1948 entrerà a far parte del gruppo alpinistico Pell e Oss, della locale Sezione U.O.E.I., fondata il 29 giugno 1911 sul Monte Tesoro, nel gruppo del Resegone, insieme ad altri giovani destinati a lasciare una traccia determinante, tra cui gli alpinisti Josve Aiazzi, Camillo Barzaghi, Mario Bianchi, Carlo Casati, Andrea Oggioni e Emilio Villa.
Ospite di parenti a Vertova, a Nord di Bergamo, raggiunse la sua prima vetta, quella del Monte Alben, in Val Serina. Cominciò ad arrampicare nelle Prealpi lecchesi e fin dall’età di 19 anni si dedicò alle grandi ripetizioni in Dolomiti e sul Pizzo Badile, e così pure sul Monte Bianco affrontò imprese di difficoltà estreme, che rappresentavano i problemi alpinistici di punta dell’epoca. E in particolare il Monte Bianco lo vedrà scatenato: diventerà il monte della sua leggenda, quasi una personale… proprietà.
Nel 1953 con il padre Angelo si trasferisce ai piedi della Grignetta per gestire un pubblico esercizio situato nelle vicinanze della Chiesetta dei Piani Resinelli.
Nel 1954 divenne guida alpina professionista a Bardonecchia e nel 1957 si stabilisce a Courmayeur, rinunciò presto a questa attività “sentendo di deformare un ideale”, e nel 1966 fissa la sua residenza a Chamonix.
Fra le più importanti scalate sulle Alpi, ricordiamo le “prime” principali:
1951 – parete Est del Grand Capucin, con Luciano Ghigo, prima ascensione. (Una chiosa.
Abbandonato l’alpinismo, nel 1970, ripeterà questa sua grande scalata degli inizi: un ritorno sentimentale? un semplice collaudo?);
1953 – parete Nord della Cima Ovest di Lavaredo, via Cassin, con Carlo Mauri, prima invernale; 2 bivacchi, 40 ore di scalata;
1953 – parete Est del Cervino, Cresta del Furggen, “via degli strapiombi” con variante diretta alla cima, in cordata con Roberto Bignami, prima invernale in 2 giorni;
1955 – pilastro Sudovest del Petit Dru, prima ascensione in solitaria, durata più giorni con difficoltà molto elevate in libera ed in artificiale;
1956 – traversata scialpinistica completa delle Alpi in senso longitudinale dal Monte Canin al Colle di Nava;
1957 – parete Est del Pilier d’Angle, con Toni Gobbi, prima ascensione;
1959 – pilastro Rosso di Brouillard, con Andrea Oggioni, prima ascensione;
1959 – via della Pera, versante della Brenva, con Marcello Bareaux, prima italiana;
1959 – via Major, versante della Brenva, prima solitaria. (Nella stessa giornata del
13 settembre, alle ore 12, in vetta al Monte Bianco, abbraccia Carlo Mauri che ha salito
in prima solitaria la via della Pera);
1961 – parete della Brenva, prima invernale della “Sentinella Rossa” con Gigi Panei;
1961 – parete Sud del Freney, via diretta, con Cosimo Zappelli, prima ascensione;
1962 – parete Est delle Petites Jorasses, con Pierre Mazeuad, prima ascensione;
1962 – parete Nordest del Pilier d’Angle, con Cosimo Zappelli, prima ascensione;
1963 – parete Est-sudest del Pilier d’Angle con Cosimo Zappelli, prima ascensione,
2 giorni, 40 chiodi;
1963 – parete Nord delle Grandes Jorasses, sperone Punta Walker, via Cassin,
con Cosimo Zappelli, prima invernale;
1964 – parete Nord delle Grandes Jorasses, sperone Punta Whymper, in cordata con Michel Vaucher, prima ascensione, dopo 7 infruttuosi tentativi, alcuni del quali in solitaria. Vi furono impiegati 200 chiodi, di cui sei rimasti in parete;
1965 – diretta della parete Nord del Cervino, prima ascensione solitaria ed assoluta
in inverno.
Questa selezione dimostra che Bonatti è esperto in tutte le tecniche, dall’arrampicata artificiale del Grand Capucin, al difficile terreno misto della Nord del Cervino.
Di fronte alla sua impresa sul Grand Capucin nel 1951 le cronache del tempo sottolinearono che si trattava di qualche cosa di rivoluzionario. È il completamento delle teorie di Giusto Gervasutti; per la prima volta, Bonatti e Ghigo trasferiscono la tecnica dell’arrampicata artificiale dal calcare delle Alpi Orientali al granito. I commentatori parlano, sui 550 metri della parete, dell’impiego di 200 chiodi e di numerosi cunei di legno:
siamo lontani dai 12 chiodi di Solleder sulla Nord della Civetta e dai 60 di Cassin, sulla Nord della Ovest di Lavaredo!
Passiamo ora a rivolgere lo sguardo sulla sua solitaria dell’agosto 1955 sul pilastro Ovest del Petit Dru, che stupirà il mondo intero. Si noti che in quello stesso anno, in luglio, Bonatti aveva tentato la salita con tre altri alpinisti. Ricordiamoli: Carlo Mauri, Andrea Oggioni e Josve Aiazzi. Dovranno ripiegare per il cattivo tempo. Fin dal 1953 Bonatti inseguiva questo obiettivo, sostenendo però che si poteva realizzare solo in cordata formata da quattro alpinisti. Ora però si ricrede, le tecniche di salita progrediscono; quando
deciderà di tornare sul Dru e ci andrà da solo. Partirà il 15 agosto: il 21 sarà in vetta!
Nel 1954 fece parte della spedizione italiana che in Karakorum conquistò il K2, la seconda cima più alta al mondo; non fece parte della cordata che raggiunse la cima, ma la sua azione fu essenziale per rifornire di ossigeno Lacedelli e Compagnoni, che raggiunsero la vetta.
Nel 1958 fece parte di una spedizione italo-argentina al Cerro Torre, in Patagonia Australe. Tentativo con Carlo Mauri conclusosi a circa 500 metri dalla vetta, al Colle della Speranza, sul versante Ovest. Inoltre Bonatti con Renè Eggmann, Folco Doro Altan, Carlo Mauri realizzò la prima ascensione del Cerro Francisco Moreno, di 3393m, la vetta più alta dello Hielo Continental Sur. Successivamente con Carlo Mauri dal Cordòn Mariano Moreno, verso Sud, effettua in stile alpino la traversata completa del Cordòn Adela, concatenando sei cime in un sol colpo: Cerro Adela Central (prima ascensione), Adela Sur (prima ascensione), Cerro Nato (seconda salita), Cerro Doblado (seconda salita), Cerro Grande (seconda salita) e Punta Luca (prima ascensione), così battezzato in omaggio al figlio di Mauri nato da pochi giorni.
Il 6 agosto 1958 compì la sua impresa extraeuropea più sensazionale, in cordata con Carlo Mauri, conquistando attraverso la cresta Nordest i 7925m del Gasherbrum IV, una delle montagne più belle e complicate, nel cuore del Karakorum, senza ossigeno, superando difficoltà su roccia e misto mai affrontate fino ad allora a quote similari.
Nel 1961 con una spedizione monzese, composta da Walter Bonatti, Bruno Ferrario, Giancarlo Frigeri e Andrea Oggioni, tornò in Sud America, alla Cordillera di Hauyhuash nel gruppo dell’Jirishanca sulle Ande Peruviane, e scalò in prima ascensione il Nevado Ninashanca, il Cerro Paria Norte e il Rondoy Norte.
La carriera alpinistica di Bonatti è stata bloccata anche da tragedie, come quella del 1961, quando soltanto Bonatti stesso, Roberto Gallieni e Pierre Mazeaud sopravvissero a una terribile ritirata nella tempesta del pilone centrale del Freney, nella quale morirono quattro loro compagni di cordata: Antoine Vieille, Robert Guillaume, Andrea Oggioni e Pierre Kohlmann.
Dopo la solitaria scalata al Cervino, Bonatti abbandonò l’alpinismo, dedicandosi all’attività di scrittore d’avventura e di reportage fotogiornalistici dalle regioni più remote e selvagge della terra.
Esploratore, inviato speciale, fotoreporter del settimanale “Epoca”, di Arnoldo Mondadori editore, una rivista di importanza internazionale, dal 1965 fino al 1979. Ma già dal 1955 ebbe inizio il rapporto con lo stesso settimanale che seguì molte delle sue imprese apparse con racconto firmato da Bonatti ed alcune foto da lui scattate sulla parete della montagna scalata. Sulle sue avventure ha tenuto conferenze e scritto vari libri di successo.
All’inizio degli anni Novanta fissa definitivamente la sua residenza alle porte della Valtellina in via Monastero a Dubino, sotto il Monte Legnone, con vista sulle Alpi Orobie, nella zona vicina alla Val di Mello, in provincia di Sondrio.
Nel 1957 viene nominato socio del G.H.M., Groupe de Haute Montagne, gruppo elitario di alpinisti fondato in Francia nel 1919.
Nel 1994 entra a far parte del gruppo Ragni della Grignetta, fondato nel 1946, in qualità di socio onorario.
Per la sua attività ha ricevuto le medaglie d’oro, argento e bronzo al valor civile della Repubblica italiana.
Nel 1965 a Strasburgo riceve la medaglia d’oro dal Consiglio d’Europa per l’impresa sul Cervino: prima assoluta, prima invernale, prima solitaria.
Nel 1998 addirittura un rifugio viene intitolato a Walter Bonatti, nel Vallone di Malatrà, a quota 2025m, affacciato sul Monte Bianco.
A titolo ufficiale, nel 2000 dal Presidente della Repubblica francese, Jacques Chirac, è insignito di onorificenza della Lègion d’honneur motivata per le imprese compiute e per il coraggio e la generosità con cui non ha esitato a soccorrere i compagni sul Monte Bianco.
Come esploratore, due volte, rispettivamente nel 1971 e nel 1973, ebbe dalla rivista “Bild der Zeit” di Stoccarda il premio Goldenen Blende e, in U.S.A., il 15 settembre 1971, dalla rivista di New York “ Argosy” il riconoscimento con l’assegnazione del premio Gigante dell’Avventura.
Nel 2009 riceve a Courmayeur il premio Piolet d’Or alla carriera organizzato dalla Editions Nivèales e dal Groupe de Haute Montagne.
Nel 2010 al compimento dei suoi 80 anni, su iniziativa dei Comuni di Courmayeur e di Chamonix, a Punta Helbronner, viene insignito del titolo di cittadino onorario del Monte Bianco.
Walter Bonatti non è più tra noi. Muore a Roma il 13 settembre 2011 a causa di incurabile tumore al pancreas. Bonatti era talmente legato alla nostra città da volere qui la sua camera ardente. La cerimonia di commemorazione laica del 17 settembre 2011 presso l’ottocentesca Villa Gomes di Maggianico ha visto la partecipazione numerosa dei lecchesi e di alcune persone provenienti dal territorio più vicino a Lecco, senza citare e precisare i rappresentanti dei vertici dell’alpinismo e il numero degli appassionati di montagna.
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