2020-10-01

Un libro su Piero Nava, il testimone di giustizia che ha fatto arrestare gli assassini del giudice Livatino. Lo hanno scritto tre giornalisti lecchesi


Gianfranco Colombo Tre giovani giornalisti lecchesi, collaboratori del quotidiano “La Provincia di Lecco” hanno ridato voce al lecchese Piero Nava, il primo testimone di giustizia italiano, colui che ha permesso di arrestare i mandanti e gli assassini del giudice Rosario Livatino, assassinato il 21 settembre 1990. 
 


Lorenzo Bonini, Stefano Scaccabarozzi e Paolo Valsecchi sono autori della ricerca da cui è nato il volume che porta come autore Piero Nava e che s’intitola “Io sono nessuno” (Rizzoli editore). Si tratta di un doveroso omaggio ad un uomo dal coraggio incredibile, Grazie a questo libro, possiamo finalmente conoscere colui che non ha permesso che l’assassinio di un giudice rimanesse impunito, ma soprattutto capire cosa sia costata quella testimonianza a Piero Nava. Da quel 21 settembre 1990, infatti, l’identità di Piero Nava è stata cancellata; il suo lavoro, i suoi affetti, le sue passioni sono state oscurate. Piero Nava è “morto” ed ancora oggi pochissimi sanno dove viva. Nonostante  la cortina di silenzio che lo circonda, i nostri tre giornalisti sono riusciti in un’impresa notevole. Lo hanno contattato, sono riusciti ad averne la fiducia e a colloquiare con lui. Da tutto questo è nato “Io sono nessuno”, ovvero il racconto di una vita spezzata da un caso fortuito. Piero Nava, infatti, allora brillante agente di commercio in Sicilia, si trovò a passare da una certa strada nelle vicinanze di Agrigento, proprio nel momento in cui i killer ammazzavano il giudice Livatino. Vide tutto, registrò tutto e tutto rivelò immediatamente alle forze dell’ordine. 


Dopo aver rilasciato la sua testimonianza, chiese le chiavi della sua macchina e la possibilità di tornare al lavoro. Non gli ridiedero le chiavi, anzi gli tolsero persino l’identità. Piero Nava aveva fatto qualcosa di impensabile: aveva rivelato con minuzia di particolari quello che aveva visto. All’inizio non gli credeva nessuno. Persino un magistrato come Giovanni Falcone era molto perplesso dalle parole di quell’uomo che ricordava ogni cosa, persino che uno dei killer era mancino e che i due assassini erano su una moto enduro. Fu il ritrovamento di questa moto bruciata, che convinse tutti. Lorenzo Bonini, Stefano Scaccabarozzi e Paolo Valsecchi hanno ricostruito tutto questo, ma soprattutto il “dopo”. Hanno narrato la vita spezzata di un uomo che con una testimonianza ha cancellato la sua vita, ma non si è mai pentito di quello che ha fatto.

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