2020-10-20

LA NORD DEL CERVINO FU CONQUISTATA NEGLI ANNI FRA LE DUE GRANDI GUERRE MONDIALI


di Renato Frigerio - Una cupa muraglia spesso strapiombante con proiezione triangolare perfetta fra la Cresta dell’Hornli, via normale, (quella salita il 14 luglio 1865 dall’inglese Edward Whymper) e la Cresta di Zmutt, alta 1100m mentre la Nord del Cervino (il Matterhorn o Gran Becca come veniva chiamato alla metà del secolo XIX) è, come ha scritto Toni Hiebeler, tedesco, un ciclopico pendio di rocce sgretolate e uno scivolo gigantesco. Non ci si può distrarre, lo impediscono il dirupo caotico e il duro vetrato, la caduta di sassi, la mancanza di ripari. Era stata affrontata nell’agosto 1923 dai viennesi Alfred Horeschowsky (che due anni dopo sarà tra gli scalatori dell’Illampu, 6362m, nella Cordillera Real sulle Ande della Bolivia nordoccidentale) e Franz Piekielko, costretti a desistere per i rovinosi crolli di pietre; e nel settembre 1928 da due guide vallesane di Tasch, Victor Imboden e Caspar Mooser, anch’esse costrette dopo un bivacco in parete a ripiegare in condizioni pericolose. 

Lo stesso Mooser nel 1930 compie, senza successo, un altro tentativo in cordata con Emile Robert Blanchet e Joseph Larjen. 

Ma finalmente, la sera del primo agosto 1931 circolò nella valle di Zermatt diffondendosi per tutta la catena alpina la “notizia incredibile” che era stata vinta da due giovani tedeschi in una “giornata di grazia”, così si è espresso Gaston Rèbuffat, francese, “in cui le pietre non precipitavano, in piena tempesta dopo 32 ore aggrappati alla parete”. Erano arrivati in bicicletta con tutto l’equipaggiamento da Monaco di Baviera, erano di famiglia modesta e avevano lavorato anche da operai per pagarsi gli studi universitari e per potere frequentare le montagne. 

Nella sua relazione apparsa nel marzo 1932 sulla rivista “La Montagne” del Club Alpino Francese, Toni Schmid ricorda come nell’inverno del 1928 andò con il fratello Franz Xaver (entrambi erano anche eccellenti sciatori) a vedere la Nord del Cervino e subirono la doccia fredda di assistere a valanghe di sassi e ghiacci. Ma, tre anni dopo, ecco il Cervino (4478m) ergersi al tramonto “come una gigantesca colonna di fuoco” e come “un obelisco di incombente minaccia”. Questa ombra di minaccia si proiettò su di loro, sopra la valle e sulla tenda quando il 31 luglio 1931 decisero di partire con tutta la ferramenta, con un sacco di batista (tela di lino) gommata per un bivacco eventuale, due corde di 40 metri e le provviste. Giunti alla capanna dell’Hornli (3260m) alle 2, ripartirono immediatamente affrontando con i ramponi a 10 punte un labirinto di blocchi enormi e di seracchi, e legati dopo essersi divisi chiodi e moschettoni finalmente alle 4 videro intorno a loro gli oggetti “prendere forma e colore”. Affidatisi ai ramponi per eliminare un eccessivo gradinamento, cominciarono a conficcare chiodi superando parecchie lunghezze di corda, seguirono una interminabile fessura ricoperta di vetrato e poi, intagliando scalino su scalino e dandosi il cambio, raggiunsero una piccola sporgenza dove mangiarono una tavoletta di cioccolata. 

Salirono lungo la fessura “lottando metro dopo metro”, e con le dita spellate e sanguinanti, rasentati da pietre che precipitavano inabissandosi; e decisero di bivaccare in parete su una piattaforma inclinata di un metro quadrato, a 4150m. Liberatisi dei ramponi, si infilarono nel sacco a pelo. “Abbracciati stretti stretti, siamo sospesi sopra la voragine tremenda. Mangiamo pane, lardo, formaggio, frutta secca. Sopra di noi è l’universo sterminato, cosparso di stelle scintillanti. Duemilacinquecento metri sotto di noi brillano le luci di Zermatt, ed esprimono stanze riscaldate e comodità”. Alle 4 del mattino del primo agosto, uscirono dai sacchi a pelo, rimisero i ramponi e a lunghi tratti di corda affrontarono un canalone. Superarono camini e lastroni innevati, si batterono contro la bufera e finalmente, alle 14, giunsero in vetta. Nascoste le piccozze, si ripararono sotto uno strapiombo, e discesero. Alle 17,30’ erano alla capanna Solvay (4003m) coi vestiti che li serravano “come corazze” e, divorate le provviste rimaste, si abbandonarono al sonno. E il giorno dopo tornarono a Zermatt (1616). Alla fine della sua relazione Toni scrisse: “La montagna delle montagne ha ceduto il suo ultimo segreto”, ma “rimane sempre la pietra di paragone dell’alpinismo”. 

Concludo citando ciò che scrisse consapevolmente e realisticamente Gian Piero Motti: “Chiunque ha salito la Nord non ne ha riportato il ricordo di un’arrampicata divertente ed elegante, ma ricorda l’assillo di uscire al più presto da quel caos di blocchi ammonticchiati e di canaletti ricolmi di ghiaccio translucido”. 

 

 

 

 

Pillole: 

 

Nel 1932 Franz e Toni Schmid furono proclamati campioni olimpici al merito alpinistico e nel 1936 Ernst Krebs (1906-1970), un compagno di cordata di Toni che si era rimesso da una terribile caduta, divenne campione olimpico dei 10.000 metri di kayak col tempo di 

46’ 01” 6. 

 

Il 21 luglio 1959 un atleta completo, e affermato violoncellista, il viennese Dieter Marchart effettuerà la prima solitaria della Nord. L’anno dopo in cordata con Gunther Starket scalerà i 7885m del Distaghil Sar nel Karakorum. Nel 1962, all’età di 28 anni, Marchart, tentando l’ascensione solitaria dell’Eiger, perderà la vita. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Box

 

Franz Xaver Schmid (nato nel 1905) e Toni Schmid (classe 1909) erano due fratelli della Scuola di Monaco, che fecero diverse difficili scalate culminanti con la prima ascensione della parete Nord del Cervino nel 1931, un evento importante nella storia delle Alpi. 

Il 1931 fu la stagione migliore di Franz: quell’anno scalò anche le pareti Nord del Grubenkarspitze e dell’Ortles. Toni morì nel 1932 cercando di scalare la parete Nordovest del Wiesbachhorn. 

Alle Olimpiadi del 1932, ai fratelli Schimd fu assegnata la medaglia d’oro per la scalata del Cervino. 

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