2020-10-04

Angelo Faccinetto: I cento anni della “Mutilati” a Lecco”. (Macchione editore)


Gianfranco Colombo L’Associazione nazionale mutilati e invalidi di guerra (Anmig) nasce a Lecco il 10 novembre 1919 ed è tuttora attiva nella nostra città. E’ una realtà che non tutti conoscono, ma che ha avuto un ruolo importante nella vita sociale di Lecco. All’Anmig ed alla sua storia ha dedicato un’accurata ricerca il giornalista Angelo Faccinetto; ricerca i cui frutti possiamo ora apprezzare nel volume “…E son tornati. I cento anni della “Mutilati” a Lecco”. (Macchione editore). Il traguardo dei cento anni, scrive l’autore nel prologo, impone all’associazione di guardare al futuro, ma chiede anche di non dimenticare il passato: «Chiede di non dimenticare, tra il mezzo milione di invalidi italiani della prima guerra mondiale, quei 128 mutilati che con il primo presidente-fondatore, Dante Airoldi, diedero forma, tra la fine del 1919 e i primi mesi del 1920, alla sezione cittadina dell’Anmig. Erano tutti di Lecco e di quei comuni vicini che di lì a pochi anni sarebbero entrati a far parte della città. Erano tutti giovani e giovanissimi. Tra loro c’erano anche sei grandi invalidi, persone che in guerra avevano perso la vista o entrambe le braccia o tutte e due le gambe». A questi 128 mutilati lecchesi della prima guerra mondiale, si aggiunsero poi i 700 della seconda guerra mondiale. Come si vede anche dai numeri, l’Anmig ha avuto un ruolo di grande rilevanza sociale nella storia di Lecco e dei comuni vicini. «A Lecco i mutilati e invalidi di guerra erano tanti – precisa Angelo Faccinetto – ed erano tutti al centro di interventi socio assistenziali. C’era un’integrazione profonda con la città. In media a Lecco tra la prima e la seconda guerra mondiale gli invalidi iscritti all’Associazione erano mille e se li moltiplichiamo per i componenti del nucleo familiare è evidente che i numeri lievitavano. C’erano poi i rapporti istituzionali, quelli con le amministrazioni comunali e in genere con la politica locale; rapporti che ebbero una grande rilevanza». Da questo punto di vista il libro di Faccinetto chiarisce bene che l’Anmig è nata come un’associazione apolitica, apartitica e aconfessionale. L’unico momento storico in cui le cose cambiano fu il fascismo: «Con l’avvento del fascismo ed in particolare dopo il delitto Matteotti – continua Faccinetto – il partito fascista prima saggia il terreno poi entra nell’organizzazione dell’Anmig. 


Ho cercato di far capire al lettore come questa infiltrazione avvenga per gradi ma in modo sempre più preciso. Del resto, il fascismo aveva bisogno di far propria la bandiera di questi eroi e dopo il 1930 le assemblee dell’Anmig diventano vere e proprie manifestazioni di regime». Tutto cambia alla fine della seconda guerra mondiale e dopo la Liberazione vengono ribaditi i caratteri con cui l’Anmig era nata: «Di fatto l’Anmig ha sempre avuto nelle sue fila persone di diversa estrazione politica. C’erano membri del Regio esercito, repubblichini, partigiani combattenti ed anche un ex deportato come Pino Galbani. In questo l’associazione non ha mai fatto distinzioni ed ha sempre lavorato a favore di tutti». Col passare del tempo anche l’associazione ha ovviamente dovuto rinnovarsi e intraprendere nuove strade: «Negli anni ’60 l’Anmig si ingrossa ed emergono anche problemi di bilancio. E’ a questo punto che la sezione lecchese diventa anche imprenditrice. Decide, infatti, di prendere in gestione i parcheggi pubblici cittadini, in questo modo si fa cassa e nello stesso tempo si dà anche lavoro a chi ne ha più bisogno». 
 Del resto, una delle caratteristiche degli invalidi dell’Anmig di Lecco è sempre stata quella di non far pesare mai le loro menomazioni: «Salvo che nei casi più gravi, i lecchesi hanno portato avanti la loro invalidità, finché gli è stato possibile, quasi con noncuranza. Chi poteva pensare vedendo Giovanni Boscagli salire verso il Resegone, che gli fosse stata amputata una gamba o seguendo Giuseppe Faccinetto impegnato in una gara di sci, che fosse mutilato di un braccio? Era questa la cifra dell’associazione e dei suoi associati». Oggi c’è, poi, un compito altrettanto importante, quello di mantenere viva la memoria di una storia di generazioni di giovani che rimasero segnati in modo indelebile dalle guerre: «Divenuti i reduci sempre di meno, si è cominciato a guardare al valore della testimonianza e alla tradizione della memoria come sentiero da imboccare per dare continuità all’associazione, mantenerla viva nel panorama socio culturale della città e promuoverla, per quanto possibile, presso le nuove generazioni le quali, guardando indietro nel tempo, troveranno probabilmente nei loro album di famiglia un nonno, un bisnonno o un prozio segnati dalla guerra». 

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