2020-07-07

IL CENTRO LECCHESE PER LA MENOPAUSA ILLUSTRATO DAL DOTTOR NICOLA NATALE , RESPONSABILE DEL SERVIZIO

di  Germana  Marini Rinverdire la memoria di chi ha vissuto la realtà di un servizio, sotto ogni aspetto eccellente: quello elargito dall’Ospedale lecchese di via Ghislanzoni, nel corso di oltre dieci intensi anni, compresi tra il 1989 e il 2000, e ragguagliare nel contempo le nuove generazioni in merito alla partecipazione dei medici a stage propedeutici all’accrescimento delle acquisizioni scientifiche, messe a frutto all’interno del contesto ospedaliero stesso: ecco le finalità di questo mio revival.

Il raccogliere in una pubblicazione unitaria, edita dall’Editrice C.B.R.S., una nutritissima serie d’interviste ai primari di ogni singola Divisione del presidio cittadino, da me effettuate in un lungo “Viaggio nel pianeta sanità”, mensilmente apparse sul periodico nazionale “il Punto Stampa”, si deve alla lungimiranza del direttore Claudio Redaelli, Consigliere dell’Ospedale provinciale di Lecco dal 1965 al 1981, e Vicepresidente dal 1975 al 1981,  succeduto al dott. Aldo Rossi, all’On. Vittorio Calvetti e al dott. Salvatore Bonalumi.
Pubblicazione dalla tiratura di 300 copie, in men che non si dica esaurite.
<< Questa singolare iniziativa >>, ebbe a dichiarare Redaelli, << posta in essere grazie alla preziosa collaborazione della giornalista Germana Marini e alla cortese disponibilità degli operatori sanitari, è di enorme rilievo, in quanto l’Ospedale rappresenta un’autentica risorsa, un fiore all’occhiello per Lecco, apprezzato com’è in ambito europeo, al punto che da ogni parte giungono qui per affidarsi a mani provatamente esperte >>. Aggiungendo: <<Posso ben dire che le articolate interviste della Marini rimarranno ad esempio di un servizio giornalistico esclusivo, reso possibile dal lodevole impegno professionale, sia di chi le ha curate, che di chi ne è stato protagonista. Mi corre quindi l’obbligo di ringraziare sentitamente, non gli specialisti soltanto, bensì il personale infermieristico, paramedico, ausiliario, i tecnici,  le 75 operose, infaticabili suore all’interno del collegiato e tutti coloro che si sono prodigati al fine di dar lustro a questa privilegiata
struttura >>.

Menopausa:  un evento naturale al pari della pubertà, ma le cui implicazioni psicologiche sono assai maggiori, come le patologie ad essa connesse. Generalmente preceduta da una fase più o meno protratta d’irregolarità mestruali (pre-menopausa), di conclamata menopausa si può parlare allorché la cessazione dei flussi mensili duri da un anno, mentre la post-menopausa va dall’interruzione del menarca fino all’età senile.  Per climaterio s’intende invece quel mutamento a livello fisico e psichico delle donne, compreso fra i 42 e i 65 anni. Un’esperienza comune a tutte, tardiva (56 anni), o precoce (40 o anche meno), che sia; vissuta in modo diverso però, da donna a donna. Traumatico, se erroneamente vista come la fine della propria femminilità e di ogni gioiosa aspettativa, sereno, qualora una s’imponga di considerare anche gl’innegabili lati positivi che quest’età presenta: come la liberazione dalla schiavitù dello stillicidio mensile, non di rado molesto, nonché dall’esigenza di far ricorso a contraccettivi, mortificanti il rapporto. Oggi poi la scienza medica mette a disposizione della donna in menopausa ausili validissimi per contrastare quegli effetti, o sintomi, giudicati intollerabili. Ci riferiamo alla terapia sostitutiva, cui nel mondo fa ricorso un numero di donne non molto elevato, ma indubbiamente utilissima, quantunque comporti qualche rischio.
Allo scopo di conoscere la situazione relativa al territorio lecchese, ci siamo recati al Centro per la diagnosi della Menopausa, operante all’interno del nosocomio cittadino, il cui responsabile è il dottor Nicola Natale, che preghiamo di ragguagliarci innanzitutto circa la strutturazione, organizzazione e finalità del Servizio.

ATTENUARE I DISAGI E PREVENIRE I DANNI

“Diciamo che il Centro essenzialmente si pone due obiettivi: ridurre la sintomatologia che la paziente può accusare con l’inizio della menopausa e prevenire le complicanze, configurabili soprattutto nell’osteoporosi e nelle malattie cardiovascolari.  Il Centro lecchese è collegato con altri 200 similari, distribuiti in tutta Italia, che mettono in comune i dati, onde migliorare le nozioni nei confronti di queste patologie, che colpiscono oltre un terzo della popolazione femminile. Questo Servizio è aperto all’utenza da 1 a 3 volte alla settimana, nel senso che l’organizzazione prevede una sola seduta, ma qualora il personale medico sia disponibile, ne attivano altre due. Qui vengono prescritte alla donna le opportune analisi e, se la situazione lo richiede, terapie che ci premuriamo di seguire nel tempo per verificarne l’adeguatezza e la comparsa di altri eventuali disturbi. L’appuntamento si fissa al telefono, e non nascondiamo che la lista d’attesa è piuttosto lunga. D’altro canto trattasi di un Ambulatorio di secondo livello, che contempla una patologia che non può dirsi propriamente tale, bensì una situazione fisiologica.
“Del trattamento possono usufruire anche giovani donne in menopausa anticipata e forzata, a causa d’interventi demolitivi?”.
“Si, se per demolitivo s’intende l’asportazione delle ovaie, oltreché dell’utero.  A questa donna consigliamo di supplire agli ormoni che le sue ovaie non producono più con un ben calibrato apporto esterno”.

SI ALLA TERAPIA MA SOLO QUANDO OCCORRA

“Terapia sostitutiva o no: questo è il dilemma. Le prevenzioni sono legittime? In altri termini: il tumore della mammella e dell’utero, fino a che punto è temibile?”.
“Con il trascorrere del tempo sempre più elementi ci inducono a sostenere l’opportunità di un trattamento sostitutivo per ridurre il rischio di osteoporosi e di malattie cardiovascolari. A fronte di questa realtà c’è chi vorrebbe mettere in relazione l’incidenza di neoplasie mammarie e uterine con l’applicazione di questa moderna pratica. Risponderò che per quanto riguarda il nostro territorio la terapia sostitutiva ha avuto inizio da non più di due anni, sicché un tumore che compaia adesso non può essere imputabile a questa causa. In seconda istanza diciamo che allorché estrogeni e progestinici siano correttamente associati, la terapia è in grado di ridurre il rischio, fino ad azzerarlo”.
“Non sono d’altra parte poche le donne disposte a tutto pur di conservare la giovinezza del corpo e della pelle…. Ma la cura sostitutiva ormonale è veramente efficace in tal senso?”.
“La somministrazione di estrogeni determina il mantenimento di una situazione generale come quella che si ha durante l’età fertile. Non è la pillola dell’eterna giovinezza, ma costituisce un grosso aiuto”.
“Entrando nel dettaglio, ad una donna che non presenti sintomi di rilievo, che paradossalmente si senta meglio, non più disturbata dai fatidici, dolorosi ricorsi, consiglierebbe ugualmente la cura al puro fine estetico?”.
“Certo che no, giacché un simile obiettivo sarebbe alquanto aleatorio. Le suggerirei di accertarsi piuttosto di non correre rischi sul piano cardiovascolare ed osseo. Ribadisco che abbiamo da un lato i disturbi che portano ad una richiesta terapeutica, e questo vale per il 24% delle donne che afferiscono al nostro Centro, mentre l’altro 76% viene unicamente a scopo preventivo. A questo punto si calcola il rischio-beneficio,  prima d’intraprendere la terapia”.

LE DONNE LECCHESI: MENO A RISCHIO E PIU’ SANE

“Passiamo ora in rassegna i quesiti scontati o più ovvi, posti dalle donne: la cura sostitutiva induce un aumento ponderale? I risultati quando si rendono apprezzabili? Pillole o cerotti?: su quali criteri basare la scelta?”:
“Quanto all’aumento di peso, la risposta è soggettiva. Ci sono pazienti che non ingrassano di un etto ed altre di 5/6 chili. Diciamo che normalmente ne guadagnano due o tre. Per rispondere alla sua seconda domanda, i risultati sono pienamente apprezzabili dopo 5 anni consecutivi di trattamento. Trattamento che può attuarsi con compresse o cerotti, a seconda dei casi. In linea generale il cerotto ha il vantaggio che gli estrogeni assunti per via transdermica non passano direttamente dal fegato, e che il cerotto stesso contiene una molecola molto più vicina alla molecola originale dell’ovaio, che non quella assunta per bocca”.

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