2020-06-05

1961, Lecco sul tetto del Nord America. Conquistata la Sud del McKinley

Di quella storica spedizione guidata da Riccardo Cassin facevano parte anche Luigino Airoldi, Gigi Alippi, “Jack” Canali, Romano Perego e il mandellese Annibale Zucchi


(C.Bott.) Era il 1961 e quell’impresa - perché tale fu a tutti gli effetti la conquista del McKinley, la montagna più alta dell’Alaska - rese merito a un nuovo exploit dell’alpinismo lecchese, attivo da sempre, verrebbe da dire, sulle catene montuose di tutto il mondo.
Il primo attacco, fallito, alla cima più difficile dell’America del Nord risale al 1903 da parte di James Wickersham. Tre anni più tardi un altro tentativo, quella volta di Cook.

Si è detto del ‘61. E’ l’anno in cui sei alpinisti, impegnati nella prima spedizione extraeuropea tutta lecchese, si rendono protagonisti sul versante sud del McKinley di una grande conquista, scalando quel gigantesco sperone che rappresentava il problema alpinistico del momento in quella regione.

La via aperta era una magnifica classica scalata su misto, con difficoltà sostenute su ghiaccio fino a 70 gradi, affrontata con temperature anche fra i 30 e i 40 gradi sotto zero e a ragione ritenuta una tra le più grandi imprese alpinistiche di tutti i tempi.
Capospedizione era Riccardo Cassin. Con lui vi erano Luigino Airoldi, Gigi Alippi (nativo di Abbadia Lariana, il più giovane del gruppo), “Jack” Canali, Romano Perego e il mandellese Annibale Zucchi. Da allora sono passati 59 anni e Airoldi è l’unico superstite.
Concepita da Carlo Mauri, l’indimenticato “Bigio” che poi dovette rinunciare a parteciparvi in seguito a un banale incidente sciistico che lo costrinse a una lunga convalescenza, l’impresa si concretizzò anche grazie all’impegno dell’allora presidente del Cai Lecco, Ferruccio Grassi, e all’entusiasmo e alla solerzia di altri due soci del sodalizio alpinistico: Dino Frigerio e Andrea Castelli.
Tra i primi a complimentarsi con gli alpinisti per la conquista dell’inviolata parete Sud del McKinley fu l’allora presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy, che inviò a Cassin e agli altri componenti della spedizione un telegramma di felicitazioni in cui affermava tra l’altro che l’impresa delle quale si erano resi protagonisti i lecchesi avrebbe consolidato i già forti legami di amicizia esistenti tra gli Stati Uniti e l’Italia.
I vincitori del McKinley avrebbero anche dovuto essere ricevuti da Kennedy alla Casa Bianca, ma l’“udienza” saltò per il verificarsi di importanti eventi internazionali che portarono all’annullamento appunto di tutti i ricevimenti.

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Così Renato Frigerio, lecchese, grande appassionato di montagna e di alpinismo, tratteggia la vittoriosa spedizione al McKinley:
“Il Mount McKinley, con i suoi 6.194 metri, è la vetta più alta del Nord America. Situato in posizione centrale nella catena dell’Alaska, la cosiddetta Alaska Range, lunga circa 650 chilometri, fu chiamato McKinley nel 1896 in onore del presidente americano, ma attualmente è più diffuso l’originale nome indigeno Denali, “il grande”.
Riccardo Cassin, caposcuola dell’alpinismo lecchese, all’età di 52 anni guida una spedizione lecchese alla conquista di questa tremenda parete di 3.200 metri di dislivello.
Le difficoltà di IV e V grado superate a quota 6.000 metri e nelle condizioni climatiche estreme dell’Alaska danno la misura di quell’impresa.
Raggiunta la zona del ramo Sud-est del Kahiltna Glacier con un piccolo aereo munito di pattini, in 15 giorni si risolvono i problemi relativi all’allestimento del campo base e ai primi di luglio si attacca la parete, a 20 chilometri dalla pista d’atterraggio. 
I sei alpinisti arrampicando a turno, divisi in due cordate, e portano un terzo campo fino a quota 5.200 metri. Da lì, la mattina del 19 luglio, attaccano gli ultimi 1.000 metri di dislivello che ancora li separano dalla cima.
Alle 23 sono tutti sulla vetta: Annibale Zucchi, Romano Perego e Luigino Airoldi, Gigi Alippi, Jack Canali e Riccardo Cassin. Non stupisca l’ora notturna, perché il McKinley si trova vicino al Circo polare Artico e lì in quel periodo dell’anno non è mai buio.
Più drammatica la discesa lungo la stessa via attrezzata nella salita, per le difficoltà di ritrovare il percorso, di molto mutato sotto forti nevicate e per il freddo intenso. Si deve tener conto che la latitudine (63° Nord) fa del McKinley la montagna più fredda del pianeta, esclusa l’Antartide”.

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