2020-05-27

INNOVATIVI FARMACI E TANTA ACCORTEZZA CI AIUTERANNO A GESTIRE IL RAPPORTO CON IL MALATO DI ALZHEIMER CE LI ILLUSTRA IL PROFESSOR LORENZO CALVI


di Germana Marini Rinverdire la memoria di chi ha vissuto la realtà di un servizio, sotto ogni aspetto eccellente: quello elargito dall’Ospedale lecchese di via Ghislanzoni, nel corso di oltre dieci intensi anni, compresi tra il 1989 e il 2000, e ragguagliare nel contempo le nuove generazioni in merito alla partecipazione dei medici a stage propedeutici all’accrescimento delle acquisizioni scientifiche, messe a frutto all’interno del contesto ospedaliero stesso: ecco le finalità di questo mio revival.

Il raccogliere in una pubblicazione unitaria, edita dall’Editrice C.B.R.S., una nutritissima serie d’interviste ai primari di ogni singola Divisione del presidio cittadino, da me effettuate in un lungo “Viaggio nel pianeta sanità”, mensilmente apparse sul periodico nazionale “il Punto Stampa”, si deve alla lungimiranza del direttore Claudio Redaelli, Consigliere dell’Ospedale provinciale di Lecco dal 1965 al 1981, e Vicepresidente dal 1975 al 1981,  succeduto al dott. Aldo Rossi, all’On. Vittorio Calvetti e al dott. Salvatore Bonalumi.
Pubblicazione dalla tiratura di 300 copie, in men che non si dica esaurite.
<< Questa singolare iniziativa >>, ebbe a dichiarare Redaelli, << posta in essere grazie alla preziosa collaborazione della giornalista Germana Marini e alla cortese disponibilità degli operatori sanitari, è di enorme rilievo, in quanto l’Ospedale rappresenta un’autentica risorsa, un fiore all’occhiello per Lecco, apprezzato com’è in ambito europeo, al punto che da ogni parte giungono qui per affidarsi a mani provatamente esperte >>. Aggiungendo: <<Posso ben dire che le articolate interviste della Marini rimarranno ad esempio di un servizio giornalistico esclusivo, reso possibile dal lodevole impegno professionale, sia di chi le ha curate, che di chi ne è stato protagonista. Mi corre quindi l’obbligo di ringraziare sentitamente, non gli specialisti soltanto, bensì il personale infermieristico, paramedico, ausiliario, i tecnici,  le 75 operose, infaticabili suore all’interno del collegiato e tutti coloro che si sono prodigati al fine di dar lustro a questa privilegiata
struttura >>.

Cellule cerebrali coltivate in vitro alimenterebbero la speranza che presto malattie come la demenza senile e pre-senile (tipica quella di Alzheimer), possano essere debellate. Stampa e TV stanno dando ampio risalto a questo clamoroso esperimento scientifico. Di fatto noi possediamo un patrimonio di circa 100 miliardi di cellule nervose, con migliaia di miliardi di connessioni fra loro. La morte di alcune non rappresenta quindi un problema drammatico, mentre lo diviene in caso di distruzione massiva. Migliorandone la sopravvivenza e l’iniettare cellule vive in sostituzione di quelle esaurite, costituirebbe la salvezza di molte menti, fino ad oggi considerate irreversibilmente perse. Si svelerebbero comunque parecchi segreti che gelosamente cela quella cabalistica sostanza grigia, costellata da circonvoluzioni e scissure, depositaria di tutto un complesso di fattori, determinanti la nostra personalità. C’è chi ventila addirittura l’ipotesi di giungere a ricostruire il cervello in provetta, nonché di creare una sorta di “intelligenza artificiale”. 
Al professor Lorenzo Calvi, specialista in malattie nervose e primario Neurologo dell’Ospedale cittadino, abbiamo chiesto le sue impressioni a riguardo.
“ Concretamente parlando posso dire che nel corso di questi ultimi anni sono stati messi a punto numerosi efficacissimi farmaci, quantunque non risolutivi, per il controllo della sintomatologia legata alle atrofie cerebrali e il rallentamento della sua progressione. Il recente fatto poi di aver potuto coltivare in vitro dette cellule, ha aperto la prospettiva (ancora remotissima peraltro), di un innesto di tessuto giovanile in un cervello senescente. Notizie, queste, troppo di fresca data, però, e parziali, per l’essere prese per buone”.

NO ALLA PROTEZIONE ECCESSIVA E A RECRIMINAZIONI DELETERIE

Preghiamo a questo punto il professor Calvi, come abbiamo anticipato nella nostra precedente intervista, di ragguagliarci sulle strategie che dobbiamo mettere in atto per agevolare la nostra assistenza al problematico ammalato di Alzheimer.
“ Si configurano fondamentalmente in una presa di coscienza dell’atteggiamento da tenere nei confronti del paziente da parte della persona preposta alla sua cura (nella maggioranza dei casi, il partner). Una situazione piuttosto delicata, in quanto il più delle volte il coniuge ha un’ età che non è molto lontana da quella dell’ammalato, ragion per cui è lui pure limitato nel suo spirito d’iniziativa e nelle forze. Teniamo inoltre presente che il coniuge stesso ormai non è più un “individuo a sé”, nel senso che dopo decenni di vita condotta insieme, si risolve pressoché completamente nell’essere “la metà di una coppia”. Pertanto tutti i suoi sentimenti e preoccupazioni non sono autonomi, bensì da valutarsi in rapporto a questa “vita a due” “.
“ Esiste un caso tipico nel quale le prestazioni del partner e la convivenza che gestisce si rivelano negative, e ciò allorché egli tenda a “sostituirsi” al coniuge ammalato. Perché è tanto importante evitare questo scorretto atteggiamento, professore?”.
“ Nell’intento di semplificare la vita quotidiana, si possono in effetti animare nel partner atteggiamenti di eccessiva protezione, fino a sostituirsi a lui in qualsiasi attività. Dal punto di vista pratico può risultare comprensibilmente più comodo che l’aiutarlo con immensa disponibilità e pazienza a fare da solo. Ma gli si rende un cattivo servizio, privandolo totalmente di una, già ridotta, autonomia”.

FRONTEGGIARE L’AGGRESSIVITA’ DEL PARTNER, EVITANDO LA DEGENERAZIONE DEL RAPPORTO

“ Altrettanto di frequente accade che la persona colpita dalla malattia si senta rimproverate la vita sregolata fin lì condotta, quale diretta responsabile del suo stato…”.
“ Una colpevolizzazione assolutamente fuori luogo, giacché non c’è proporzione tra eccessi di natura alimentare, o voluttuaria, in una parola tra ciò che è avvenuto sul piano biologico del paziente e il disagio di cui egli soffre a fronte di questo martellamento continuo. Va considerato con la massima attenzione e prudenza ed anche con severità, tale ambiguo agire del partner, che ha lui per primo bisogno di essere aiutato a comprendere il motivo per cui una vita di dedizione che ritiene di aver erogato al proprio coniuge, si rovesci ora in quest’atteggiamento persecutorio”.
“ C’è da dire che fin dal suo esordio questo temibile morbo è suscettibile di indurre sovvertimenti così radicali nella personalità di un individuo, da cogliere del tutto impreparato e sgomentare profondamente chi lo affianca, esponendolo ad un vero e proprio crollo psicologico. Ciò soprattutto in ragione del fatto che non ci si capacita che questo marasma possa determinarsi in persone non di età avanzata, bensì nel pieno vigore. Vuole citare alcune tra le prime manifestazioni del male?”.
“ Da un certo momento in poi un soggetto, mite di natura, può abbandonarsi ad attacchi d’ira o  ad improvvise esplosioni di aggressività, senza causa apparente o per i motivi più futili. Un uomo pudico e discreto, può divenire tutto a un tratto esibizionista… una casalinga prudente e contenuta nei suoi acquisti, come ho avuto già modo di dire nella scorsa puntata,  può iniziare a spendere in modo sconsiderato… Si tratta di atti, correlabili in modo più o meno evidente a manifestazioni di aggressività verso le frustrazioni dell’esistenza, verso la contenutezza sul piano sessuale o la preclusione a fare spese superflue, per troppi anni sofferta. Tutto ciò deve essere valutato alla luce di una situazione che nasce, si sviluppa e si consuma nell’ambito di un rapporto, abitualmente di coppia, ma che spesso si estende a quello tra padre e figlio. Rapporto che inevitabilmente subisce un fiero colpo, fino a degenerare e a divenire, in molti casi, insostenibile. Ecco perché è così importante l’assistenza dello specialista e parimenti il ricorso ad Associazioni sul tipo dell’Associazione Italiana Malattia di Alzheimer, di Milano, alla quale diverse associazioni locali afferiscono. Oltre a favorire il confronto tra i congiunti degli ammalati, sono infatti in grado di offrire sostegno morale alle famiglie che debbono affrontare situazioni così altamente drammatiche”.

Situazioni drammatiche, sì, diciamo noi, ma delle quali non ci si deve vergognare o stupire, considerato che lo stesso ex Presidente USA Ronald Reagan, ha voluto comunicare di persona alla popolazione, insieme alla moglie, di essere affetto da Alzheimer, come la foto qui pubblicata attesta.

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