2020-05-10

CHIRURGIA 2. UN’OCCHIATA IN SALA OPERATORIA CON IL PRIMARIO, DOTTOR CARLO CORSI

di Germana Marini - Rinverdire la memoria di chi ha vissuto la realtà di un servizio, sotto ogni aspetto eccellente: quello elargito dall’Ospedale lecchese di via Ghislanzoni, nel corso di oltre dieci intensi anni, compresi tra il 1989 e il 2000, e ragguagliare nel contempo le nuove generazioni in merito alla partecipazione dei medici a stage propedeutici all’accrescimento delle acquisizioni scientifiche, messe a frutto all’interno del contesto ospedaliero stesso: ecco le finalità di questo mio revival.

Il raccogliere in una pubblicazione unitaria, edita dall’Editrice C.B.R.S., una nutritissima serie d’interviste ai primari di ogni singola Divisione del presidio cittadino, da me effettuate in un lungo “Viaggio nel pianeta sanità”, mensilmente apparse sul periodico nazionale “il Punto Stampa”, si deve alla lungimiranza del direttore Claudio Redaelli, Consigliere dell’Ospedale provinciale di Lecco dal 1965 al 1981, e Vicepresidente dal 1975 al 1981,  succeduto al dott. Aldo Rossi, all’On. Vittorio Calvetti e al dott. Salvatore Bonalumi.
Pubblicazione dalla tiratura di 300 copie, in men che non si dica esaurite.
<< Questa singolare iniziativa >>, ebbe a dichiarare Redaelli, << posta in essere grazie alla preziosa collaborazione della giornalista Germana Marini e alla cortese disponibilità degli operatori sanitari, è di enorme rilievo, in quanto l’Ospedale rappresenta un’autentica risorsa, un fiore all’occhiello per Lecco, apprezzato com’è in ambito europeo, al punto che da ogni parte giungono qui per affidarsi a mani provatamente esperte >>. Aggiungendo: <<Posso ben dire che le articolate interviste della Marini rimarranno ad esempio di un  servizio giornalistico esclusivo, reso possibile dal lodevole impegno professionale, sia di chi le ha curate, che di chi ne è stato protagonista. Mi corre quindi l’obbligo di ringraziare sentitamente, non gli specialisti soltanto, bensì il personale infermieristico, paramedico, ausiliario, i tecnici,  le 75 operose, infaticabili suore all’interno del collegiato e tutti coloro che si sono prodigati al fine  di dar lustro a questa privilegiata
struttura >>.

Alla vigilia dell’atteso appuntamento di sabato 9 marzo al Teatro della Società di Lecco, dove insigni chirurghi parleranno di “ulcera peptica e del ruolo della chirurgia alla luce dei nuovi presidi farmacologici”, avviciniamo il primario della seconda Divisione di Chirurgia generale del nosocomio cittadino, dottor Carlo Corsi.
“ Lei opera a Lecco dal novembre del 1989. Un tempo relativamente breve, ma sufficiente a farsi un, almeno approssimativo, quadro della realtà e mentalità locale…”.
“ I mesi qui trascorsi non sono certo molti, ma bastanti per permettermi di inserirmi nel tessuto lecchese ed apprezzare la popolazione, attraverso questo tipo tutto particolare di contatto umano, che te la svela nella sua identità effettiva. Debbo proprio dire che tra la stessa e il sottoscritto si è da subito instaurata un’intesa, in un clima di reciproca cordialità e fiducia”.
“ Esattamente quante e quali sono le branche delle quali lei si occupa nell’ambito della chirurgia generale? E può dirsi soddisfatto dell’attuale organizzazione del reparto?”.
“ M’interesso di chirurgia gastroenterologica, che riveste un preminente ruolo, di chirurgia endocrina, con un occhio particolare alle malattie della tiroide, sulle quali ho organizzato un importante convegno nell’aprile del 1990 e di quella vascolare, in costante crescita. Circa la sua domanda sull’andamento della Divisione risponderò che lo ritengo complessivamente buono. In questo periodo sono riuscito a pianificare le cose, trovando in chi mi affianca quella corresponsione che m’induce a ben sperare. Abbiamo inoltre messo a punto la ricostruzione mammaria, dopo mastectomia. Per carattere essendo un metodico, non manco di piazzare il mio tassellino ogni giorno, per poi fare a fine d’anno il bilancio e propormi iniziative nuove”.
“ Sul tipo di questi periodici convegni scientifici…”.
“ Appunto. Promossi allo scopo di un aggiornamento programmato e stabile nel tempo. Ora dopo il già menzionato sulla tiroide e il secondo sulla rettocolite ulcerosa, fra breve parteciperò a quello riguardante l’ulcera peptica”.
“ Una malattia antichissima, l’ulcera peptica. All’incirca risalente a quale periodo?”.
“ Secondo illustri ricercatori sarebbe già stata presente all’epoca dei Sumeri, cioè nel quarto millennio prima di Cristo. Sappiamo che Plinio il Vecchio curava questo tipo di afflizione con corallo triturato, contenente un alto tenore calcico, in grado di mitigare la pirosi gastrica. Alla fine del 1500 troviamo la prima, seria diagnosi di ulcera gastrica, ad opera del nostro Donati, mentre cento anni dopo Hamberger è pervenuto a quella dell’ulcera duodenale. Finché agli inizi del 1800 il grande Jean Cruveilhier ha individuato l’esistenza di ulcera gastrica benigna, ben distinta dalla maligna, ossia dal cancro. Una tappa fondamentale, in quanto da tale osservazione sono poi nati tutti gli studi anatomici e fisiopatologici che hanno portato al concetto di ulcera peptica, quale noi la concepiamo attualmente”.
“ Che ruolo ha l’ipersecrezione di acido cloridrico da parte delle cellule parietali dello stomaco, nella patogenesi dell’ulcera peptica?”.
“ E’ stato molto difficile il cammino per arrivare all’intuizione del meccanismo patogenetico di questa malattia, e possiamo ora dire che l’ulcera sia la risultante di un’alterazione dell’equilibrio fra meccanismi di difesa e meccanismi aggressivi. I fattori di gastroprotezione sono numerosi. Il primo e più importante è il muco, secreto dalle ghiandole cardiali, fundiche e piloriche, oltre che da quelle di Brunner, a livello duodenale. Fra gli altri fattori è da annoverare la secrezione di H.C.O.3, le prostaglandine, i gruppi sulfigrilici e sulfactanti. Fondamentale è anche la vascolarizzazione, e tra le cause di lesione più rilevanti c’è appunto l’eccessiva secrezione acida, la quale sarebbe scatenata dall’attivazione di uno, o più, dei tre recettori presenti a livello della membrana citoplasmatica di tali cellule. Ma i recettori istaminici sembrerebbero i più determinanti ai fini della formazione dell’ulcera. Altri fattori entrano altresì in causa, ma vorrei enunciare un elemento che si è aggiunto di recente: l’intervento di un batterio, denominato Helicobacter-pilori, che va ad inserirsi ove vi siano segni d’infiammazione”.
“La terapia dell’ulcera gastrica e duodenale è stata per cent’anni appannaggio del
chirurgo. Come la si affronta ai giorni nostri?”.
“Sarebbe improbo esaminare tutte le tappe concernenti l’evoluzione della resezione gastrica, fino alle odierne, perfezionate tecniche, che hanno contemplato l’introduzione delle sostanze antagoniste dei recettori 112, la quale ha radicalmente modificato la terapia dell’ulcera peptica, divenuta sempre più appannaggio del gastroenterologo. Tali farmaci sopprimono la secrezione acida interdigestiva, ma non quella stimolata dal pasto. Il primo ad essere introdotto fu la Cimetidina, cui fece seguito la Ranitidina e quindi la Famotidina e la Nizatidina. La Cimetidina ha importanti interazioni cliniche con alcuni farmaci anticonvulsivi, teofillinici, Warfarin. L’ultimo nato fra gli antisecretori è l’Omeprazolo, che inibendo l’ATP idrogeno-potassio, enzima responsabile della secrezione acida, l’annulla completamente per la durata di 24 ore. Esso cicatrizza quasi tutte le ulcere duodenali in un periodo di due-quattro settimane. Allo stato attuale delle conoscenze l’ulcera duodenale è una malattia che può essere curata farmacologicamente nella maggioranza dei casi.  Esiste però ancora un piccolo spazio chirurgico in pazienti che non si giovano di farmaci, o nei quali intervengano recidive frequenti, ed ancora in quelli che rifiutino il trattamento, come nelle complicanze. Per quanto riguarda invece l’ulcera gastrica,  che pure è sensibile al trattamento farmacologico, occorre che la diagnosi di ulcera peptica sia assolutamente certa, giacché nella fase iniziale può confondersi con un tumore gastrico.  A scanso di sgradevoli sorprese, nel benché minimo dubbio s’impone d’intervenire chirurgicamente. Quantunque il concetto sia ancora sub iudice, si ammette inoltre che il 3,4% delle ulcere gastriche peptiche benigne possano subire una trasformazione neoplastica”.

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