L’87 per cento degli italiani ha deciso di consumare a casa propria o di parenti e amici il tradizionale pranzo di Pasqua per il quale è stimata una spesa media di 54 euro a famiglia. E’ quanto emerge dall’analisi Coldiretti/Ixè “La Pasqua 2018 degli italiani”.
Se la stragrande maggioranza degli italiani ha scelto le mura domestiche per festeggiare l’appuntamento non manca chi preferisce il ristorante o l’agriturismo dove – sottolinea la Coldiretti – si stimano 300mila persone a tavola. Infatti la capacità di mantenere inalterate le tradizioni alimentari con menù di Pasqua locali a base prodotti di stagione a chilometri zero e biologici è la qualità più apprezzata da chi ha scelto di mangiare fuori secondo Campagna Amica.
Durante queste feste in quasi di 3 tavole su 4 (74%) si consumerà – spiega la Coldiretti – un menù tradizionale con piatti tipici regionali che da nord a sud caratterizzano l’intero Paese come per esempio gli gnocchi filanti in Piemonte, la minestra di brodo di gallina e uovo sodo e le pappardelle al ragù di coniglio in Toscana ma anche la corallina, salame tipico accompagnata dalla pizza al formaggio mangiata a colazione in tutto il Lazio. Se in Romagna sono di rigore i passatelli in Molise è l’insalata buona Pasqua con fagiolini, uova sode e pomodori. In Puglia – continua la Coldiretti – il principe della tavola pasquale è il Cutturiddu, agnello cotto nel brodo con le erbe tipiche delle Murge, in Veneto onnipresenti su tutte le tavole della festa pasquale sono le tipiche vovi e sparasi, uova sode, decorate con erbe di campo e in Trentino le polpettine pasquali con macinato di agnello.
Insieme alle uova vere e di cioccolato, l’alimento più rappresentativo della tradizione pasquale per la maggioranza degli italiani resta la carne d’agnello che viene servita in 4 tavole su 10 (45%) nelle case, nei ristoranti e negli agriturismi. Il tradizionale pranzo di Pasqua – conclude la Coldiretti – rappresenta infatti anche un appuntamento determinante per la sopravvivenza dei pastori in Italia e soprattutto nelle aree colpite dal sisma di Lazio, Marche, Abruzzo e Umbria dove c’è una significativa presenza della pastorizia determinante per contrastare l’abbandono e favorire la ripresa.
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