2018-02-19

“Grazie Felice Sozzi, è stato per me e per tutti noi un grande uomo”

(C.Bott.) Ha collaborato con lui per lunghi anni e ora Sabrina Mauri, facendosi interprete anche dei sentimenti e del cordoglio dei colleghi di “Promemoria”, ricorda Felice Sozzi, scomparso la scorsa settimana all’età di 94 anni, con questa sentita testimonianza:

“Ho avuto il privilegio di avere accanto il signor Felice per diversi anni. Tutti i giorni alle 14 lui arrivava. Da quattro anni con una nuova auto che per lui era troppo tecnologica  e con la quale litigava spesso. Paolo ne sa qualcosa.
Badge  al collo, ma nella custodia di pelle come un qualsiasi dipendente, e negli ultimi  periodi con il bastone, arrivava in ufficio, si sedeva e - come un rituale stabilito - prendeva i quotidiani locali e li leggeva perché voleva tenersi informato.
Alle15 pausa  caffè ma alla macchinetta in magazzino perché non voleva gravare sulle spalle della “Sozzi”. E allora si faceva a gara a chi arrivava prima per poter offrire il caffè all’altro.
Che non fosse una casualità che sedesse accanto al mio ufficio l’avevo capito da tempo. Da lì transitavano suo figlio Romeo, sempre di corsa, i suoi nipoti e i colleghi e lui a tutti offriva un sorriso, un saluto, qualche parola: un bel dialogo pieno di cordialità reciproche.
Sono stata depositaria di tanti racconti di piccoli e grandi avvenimenti che hanno accompagnato la sua bella e lunga vita. Si partiva dai suoi genitori, dalla guerra, dalla nascita dei suoi ragazzi, poi dei nipoti e dei piccoli.
Si parlava della scomparsa della sua adorata Angelina, di Bianca e dell’amore  simpaticamente esagerato per i suoi figli Romeo e Giuditta.
Felice, gran lavoratore dotato di intraprendenza, intelligenza e intuizione, aveva saputo costruire dal niente un tesoretto, non per sé ma per i suoi figli.
Non parlava lingue  straniere, ma instaurava un’immediata empatia con il suo sorriso e con la stretta di mano forte con le tante persone che frequentano la sede di “Promemoria” e che vengono da lontano.
Gli occhi gli si illuminavano quando Romeo arrivava mesto dopo una giornata pesante e gli diceva “Ciao papà” con il tono di chi ha bisogno di essere confortato. E a Felice non sembrava vero di sentirsi utile e si spalancava un mondo fatto di parlate dialettali e magari di battibecchi.
Se ti sedevi a chiacchierare con lui non sapevi quando ti saresti alzata. A volte, non senza imbarazzo, al passaggio dei colleghi ero ancora lì ad ascoltare i suoi racconti perché aveva sempre una grande voglia e necessità di raccontarsi. Allora, ma con un certo  senso di colpa, gli dicevo: “Felice, mi scusi ma devo andare, devo lavorare”.
La fedeltà del racconto non cambiava mai. Grande uomo che riconosceva con uno sguardo lo scansafatiche dal lavoratore diligente, il buono dal cattivo, ma ogni critica era accompagnata da una motivazione e mai fine a se stessa.
Lascia un grande vuoto in seno alla sua famiglia e al lavoro, perché il suo carisma e la sua umiltà, la sua dignità anche nei difficili giorni della malattia, la sua generosità e schiettezza ci hanno insegnato a volerle bene.
Caro Felice, ora  deponi i tuoi arnesi da legnamée, il lavoro è finito ma continua grazie a te, per tutti noi che non ti dimenticheremo”.

Sabrina Mauri

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