2020-08-15

IL MISTERO DELL’EVEREST IRVINE E MALLORY TRA STORIA E CRONACA NOVANTASEI ANNI DOPO

di Renato Frigerio Quando nel giugno del 1924 si diffuse la notizia che gli alpinisti britannici Georg Herbert Leigh Mallory e Andrew Comyn Irvine erano svaniti nel nulla sui declivi dell’Everest, fu un momento triste per tutto l’alpinismo. Dopo la loro scomparsa è sempre rimasto il dubbio se avessero conquistato la cima o se abbiano perso la vita prima di raggiungerla. Per 75 anni, nonostante siano state fatte delle ricerche, dei due non si è rinvenuta traccia e solo nell’aprile del 1999 l’alpinista Conrad Anker, componente di una spedizione americana, ha rinvenuto a 8250m di quota, il corpo di Mallory. La salma del grande alpinista, perfettamente conservata, giaceva fra un cumulo di detriti con la corda che ancora gli cingeva i fianchi e col viso rivolto a terra. In tasca aveva una lettera della moglie ed altri oggetti che ne hanno permesso l’identificazione con assoluta certezza. Ma vediamo come, allora, sono andate le cose. 

Le prima spedizione inglese all’Everest fu guidata dal colonnello Charles Kenneth Howard-Bury. Mallory coi compagni Bullock e Wheeler riuscì, attraverso il ghiacciaio di Rongbuk, a raggiungere il Colle Nord (6985m), ma una tempesta di neve convinse i tre alpinisti a desistere: era il 24 settembre 1921. 

La seconda spedizione, diretta dal generale Charles Granville Bruce, svoltasi nell’anno seguente, si concluse tragicamente. Mallory, Finch e Howard Somervell, con nove portatori, partirono dal campo base il 3 giugno 1922 e, nei pressi del IV campo, furono investiti da una terribile valanga che uccise sette portatori. In precedenza, esattamente il 25 maggio, George Ingle Finch e Geoffrey Bruce, cugino del capo-spedizione, raggiunsero gli 8300m poi a seguito di un guasto al respiratore di Bruce (si sperimenta per la prima volta l’ossigeno), ma soprattutto affaticati per la durissima salita, rinunciarono scendendo di nuovo al Campo Base. Il tragico evento costrinse la spedizione al rimpatrio. 

La terza spedizione, sempre da Nord, per la via tibetana, agli ordini del colonnello Edward Felix Norton, si svolse nel 1924 e di essa, oltre a Mallory, Hodward Somervell, Geoffrey Bruce e J.B. Noel, fotografo ufficiale nella precedente spedizione, ne facevano parte anche Neil Odell e Andrew Comyn Irvine, ventiduenne studente di Oxford. Installato il Campo Base sul ghiacciaio di Rongbuk ad un’altezza di circa 5400m è iniziato il solito lavoro di routine consistente nell’allestimento dei campi avanzati alle quote più alte e nel periodo di acclimatazione. Dopo un lungo periodo di instabilità, alla fine di maggio, torna il bel tempo che permise a Norton e Somervell di salire fino al IV campo, posto a 8200m. Ancora 646 metri di dislivello da compiere poi… la vittoria. Ma non andò così. Trascorsa la notte nell’angusta tendina, la mattina del 4 giugno i due alpinisti partirono per l’assalto finale senza l’ausilio dei respiratori ma poco dopo rallentarono e Somervell dovette fermarsi per eccessivi attacchi di tosse. Norton, quel 4 giugno, proseguì fino a quota 8573m e poi fu costretto a desistere accecato com’era dal riverbero e dall’oftalmia. L’8 giugno Mallory ed Irvine partirono a loro volta per portare il loro attacco alla vetta. Odell, che li seguiva ad una certa distanza per effettuare ricerche geologiche, li vide lontani su di un punto imprecisato di un nevaio, poi sopraggiunse la nebbia, turbinò la neve e i due alpinisti scomparvero nel mistero. Odell si spinse fino al IV campo per le ricerche del caso che, purtroppo, risultarono vane. 

Nel 1933 una piccozza appartenente ad uno dei due fu trovata a circa 8400m e si presume che questo sia il punto in cui è capitato l’incidente che ha causato la loro morte. 

Dopo 75 anni, come detto all’inizio, la montagna ha restituito il corpo di Mallory, mentre quello di Irvine resta ancora sepolto tra i ghiacci. 

 

Ma il dubbio rimane? Avranno toccato la vetta i due scalatori? O la disgrazia è successa prima ancora che i due potessero assaporare la gioia per la grande conquista? Se fosse stata rinvenuta la macchina fotografica che sicuramente Mallory portava con sé oggi potremmo trarre indicazioni più concrete e certi dubbi potrebbero essere fugati, invece tutto resta ancora avvolto nel più fitto mistero, anche se sembra improbabile che abbiano potuto raggiungere la cima. 

E per concludere se è vero che Sir Edmund Percival Hillary, neozelandese, e Tensing Norkay, portatore nepalese d’alta quota, hanno raggiunto per primi la cima dell’Everest il 29 maggio 1953, è altrettanto vero che l’azione che ha spinto Mallory e Irvine a superare gli 8000m resta un capolavoro da incorniciare per concezione e arditezza proprio quando l’alpinismo ad altissime quote era ancora gli inizi. 

 

 

 

 

 

 

 

 

Info Box

 

 

Al confine fra il Nepal nordorientale e il Tibet sudoccidentale, l’Everest di 8848m, la montagna più alta della Terra, (nome inglese, datogli nel 1865 in onore di Sir George Everest, fondatore dell’Ufficio Geodetico dell’India, il cui nome tibetano è Chomolunga e Sagarmatha quello nepalese) domina il gruppo più orientale di vette che superano gli 8000m, che sono ben sei: il Lhotse, il Makalu e il Kangchenjunga si trovano a Sudest, mentre il Cho Oyu e lo Shisha Pangma s’innalzano a Ovest:

Le spedizioni alpinistiche devono chiedere il permesso e pagare una tassa salata ed osservare scrupolosamente le disposizione governative. L’approccio alla montagna viene distinto nel corso di quattro stagioni: premonsonica, monsonica, postmonsonica e invernale. 

 

Negli anni precedenti la prima guerra mondiale, furono progettate diverse spedizioni all’Everest, ma non successe niente fino al 1921 quando, superati i problemi politici, il colonnello Howard-Bury guidò una squadra nell’esplorazione al versante settentrionale della montagna, attraverso il Tibet. Con variazioni minime il loro percorso fu seguito da tutte le spedizioni prebelliche, che furono esclusivamente britanniche. 

L’apertura del Nepal nel 1949 e la chiusura del Tibet dopo l’occupazione cinese appartengono ai grandi cambiamenti mondiali di quell’epoca. Hanno significato il trasferimento della “battaglia” per l’Everest dal versante Nord al versante Sud, nepalese, completamente inesplorato fino a quel momento, e la fine del trentennale “monopolio” britannico su questa montagna. Però gli inglesi continuano ad essere i primi, nel 1950 e nel 1951, nella ricognizione del “nuovo versante”. Nell’autunno del 1951 l’inglese Eric Earle Shipton, cinque spedizioni all’Everest all’attivo dal 1933, è il primo a spingersi nella famosa seraccata del Khumbu e a superarla fino a quel gigantesco crepaccio trasversale che copre tutta la larghezza della valle, prima del Cwm Occidentale (questo nome gallese per il santuario dell’Everest è stato dato dall’indimenticabile George Leigh Mallory).

Alla spedizione prendevano parte fra gli altri anche Edmund Hillary, Bill Murray, Tom Bourdillon e Michael Ward. 

Nel 1952 gli svizzeri sono protagonisti assoluti di ben due tentativi. Nel primo, il 28 maggio  lungo la cresta Sud, Raymond Lambert e Tensing Norkay, raggiungono quota 8550m, con 8 campi piantati dopo il Campo Base a 5050m, quando devono desistere “agli estremi delle possibilità”. Sono ancora gli elvetici, con una spedizione formata da 6 componenti, guidati da Gabriele Chevallay, nell’autunno dello stesso anno a intraprendere un ulteriore tentativo. Ma dopo il 20 novembre, di fronte ad una tempesta di neve e ad un freddo artico, a quota 8100m, devono capitolare. Tra l’altro, a funestare la spedizione, avvenne un incidente che costò la vita allo sherpa Mingma Dorgi, colpito dalle schegge ghiacciate di una frana precipitata dal Lhotse. In questo senso non ebbe sorte migliore, sempre nel 1952 attraverso la cresta Sudest, la spedizione dell’Unione sovietica, affidata alla guida di P.Datschnolian. 

Il successo degli inglesi nel 1953, per la prima salita assoluta, merito di Edmund Hillary e dello sherpa Tenzing Norkay, per la via del Colle Sud e per la cresta Sudest, non è pensabile senza il contributo delle due precedenti spedizioni svizzere. Questo è bene condividerlo e riconoscerlo.

 

 

 

Andrew Comyn Irvine (1902-1924). Fu un membro della Oxford Spitzbergen Expedition del 1923, impresa grazie alla quale fu scelto per la spedizione all’Everest del 1924, pur essendo la sue capacità alpinistiche trascurabili. Inspiegabilmente, Mallory scelse Irvine, invece dell’esperto Odell, come partner per l’assalto alla cima. Entrambi scomparvero sopra il Campo IV (8 giugno 1924). 

 

 

 

George Herbert Leigh Mallory (1886-1924). Una figura quasi leggendaria per l’alpinismo britannico, il cui nome è legato per sempre all’Everest. In realtà le nuove scalate di Mallory in Gran Bretagna e sulle Alpi non furono molte e nessuna molto importante, ciononostante fu considerato “Il Golden Boy” del mondo alpinistico per alcuni anni; Geoffrey Winthrop Young lo soprannominò Sir Galahad. Il suo aspetto sorprendente, la sua personalità e intelligenza, uniti alla indiscussa abilità, ne fecero un personaggio. 

Mallory proveniva dal Cheshire e fu Robert Lock Graham Irving, suo insegnante a Winchester, che per primo lo portò sulle Alpi nel 1904. Non scalò in Gran Bretagna prima del 1906, quando era a Cambridge, e guidò una comitiva di universitari sul Lliwedd. Conobbe Young in questo periodo e divenne un membro del suo circolo. 

Mallory insegnò a Charterhouse (tranne gli anni trascorsi in guerra) fino alla spedizione all’Everest del 1921. Si sposò nel 1914, ebbe un figlio e le sue due sorelle, Clare e Berridge, divennero entrambe note scalatrici. 

L’Everest divenne la sua passione dominante. Fu membro delle prime tre spedizioni e delle cordate che per prime videro la parete Nord. Fu anche il primo a vedere il Circo occidentale, dal quale fu ottenuto il successo del 1953; Mallory lo aveva ritenuto impraticabile. 

L’8 giugno 1924, con l’inesperto Irvine come partner, Mallory partì dal campo IV con l’intenzione di scalare gli ultimi 600 metri che li dividevano dalla cima. Furono visti da Odell attraverso uno squarcio tra le nuvole, al primo gradino della cresta Nordest. Cosa è successo dopo resta un mistero: non tornarono e di loro non furono trovate tracce. 

È improbabile che abbiano raggiunto la cima. 

Due citazioni di Mallory sono diventate famose: “Abbiamo vinto un nemico? Nessuno tranne noi stessi”: e in risposta a chi gli chiedeva perché volesse scalare il Monte Everest, “Perché è là”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Bibliografia:

 

“I quattordici 8000” di Mario Fantin

Zanichelli SpA, 1964

“Everest” di Reinhold Messner 

Istituto Geografico De Agostini SpA, 1979

“Sopravvissuto. I miei 14 ottomila” di Reinhold Messner

Istituto Geografico De Agostini SpA, 1987

“Enciclopedia dell’alpinismo” di Walt Unsworth

Zanichelli SpA, 1994

“Atlante dell’alpinismo” di Audrey Salked 

Istituto Geografico De Agostini SpA, 1998

“Montagne. La quarta dimensione” di Stefan Dech, Reinhold Messner e Nils Sparwasser 

Rizzoli Libri SpA, 2016 

 

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