2019-01-27

STERMINI PER NON DIMENTICARE

Enrico Magni Per decenni singole persone, gruppi, popolazioni sono state inghiottite da un silenzio indicibile per quanto riguarda la storia dei campi di sterminio. 
Dopo un lungo silenzio qualcuno si è ricordato del sogno di Giacobbe, l'ingannatore: «In sogno, Giacobbe vede una scala, la cui sommità arriva fino al cielo. C'è ancora. Alcuni l'hanno vista, anni fa, in una parte della Polonia, vicino a una stazione sperduta. E tutto un popolo saliva, saliva verso le nuvole infiammate. Ecco lo spavento che ha dovuto provare il nostro antenato Giacobbe – Elie Wiesel-».

Quella scala oggi è a disposizione di tutti. Salendo i singoli pioli si possono vedere le montagne di scarpe, occhiali, capelli, quaderni, oggetti, disegni che testimoniano la malvagità umana e la cecità della prossimità. 
La cecità come virus si diffuse per tutto il continente europeo e impedì di vedere ciò che stava accadendo in quelle immense distese di capannoni protetti da reticolati di filo spinato elettrico e da muri di cinta con militari sparsi in ogni angolo: erano considerati campi di recupero. Il virus della cecità aveva contaminato miglia di persone e di governanti. 
La cecità era così infettante che anche gli stessi condannati negavano l'esistenza dei forni crematori, dei gassificatori.  
Per anni, dopo la liberazione, i sopravvissuti si nascosero dietro un lungo silenzio funzionale al riadattamento sociale e alla socializzazione. Molti, a causa di questo trauma, finirono in manicomio.  Il deportato percepiva su di sé lo stigma del male, si sentiva portatore di quel dolore disumano, puzzolente del campo e voleva essere normalizzato per non appestare gli altri. 
L'unica soluzione possibile per impedire di sentirsi additato come vittima o come diffamatore è stata quella di adattarsi al contesto sociale, di tacere, di contenere dentro le proprie viscere e la propria mente il male subito. Non c'è stato un effetto post traumatico di perdita della memoria, no: è stata un modo consapevole e razionale utile per inserirsi nel processo sociale della ricostruzione. 
Per molti però questo dolore psichico contenuto, trattenuto e rivisitato nella fase onirica: sogni, allucinazioni uditive o visive improvvise, de ja vu, felsch beeck, rimuginazioni, sensi di colpa e altri aspetti psichici, è stato mortale.
Gli Stati, i Governi, le classi dirigenti per anni hanno taciuto alle nuove generazioni quello che era accaduto. Nelle scuole solo qualche raro insegnante spontaneamente raccontava dei campi di concentramento, dello sterminio di massa. Nel frattempo i campi venivano smantellati. 
Le governance misero in atto una propaganda di rimozione, di negazione per evitare di svelare il massacro di milioni di morti nei campi, giustificando e negando gli orrori come frutto inevitabile della guerra: stando attenti a nascondere i deliberati di legge che diedero avvio a quel massacro.  
Meccanismi psicologici di massa come giustificazionismo, negazionismo, razionalismo, evoluzionismo economico e sociale sono serviti per manipolare la verità per molti anni. 
Il silenzio si è rotto solo con la testimonianza faticosa e dolorosa di qualche deportato. Nei sopravvissuti il recupero della parola ha permesso di elaborare l'angoscia di morte, il lutto, il senso di colpa. Solo con il recupero della parola è possibile riconoscere l'angoscia sopente della morte.
Oggi salendo sulla scala di Giobbe si vedono barche e naufraghi. E' scivolosa la scala che scende negli inferi del male umano.

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