2018-08-05

“Caro Giancarlo, farò tesoro della tua amicizia e dei tuoi consigli”

Il giornalista Claudio Redaelli ricorda l’amico pittore bellanese Vitali, scomparso a fine luglio, con una “lettera aperta” idealmente a lui indirizzata

Dalle colonne del nostro quotidiano online, Claudio Redaelli indirizza all’amico Giancarlo Vitali, scomparso lo scorso mese di luglio a Bellano, la “lettera aperta” che di seguito pubblichiamo:
Caro Giancarlo,
non ho potuto esserti vicino in occasione del tuo ultimo viaggio terreno, come avrei voluto e fortemente desiderato, considerati i vincoli di affetto e di sincera amicizia che ci legavano.
A impedirmelo sono stati, in quei tristi giorni, le condizioni di salute e l’impossibilità di uscire di casa.
La nostra grande amicizia, di cui mi onoro, risale a una sera del 1982, quando hai presenziato a un evento alla galleria d’arte “Altair Nuova” in via Mascari a Lecco, a brevissima distanza dalla redazione del mensile “Il Punto Stampa” che ho sempre avuto l’onore di dirigere.

Da allora tu mi sei sempre stato vicino, mi hai aiutato nella mia professione, mi hai dato utili e preziosi consigli sul lavoro e io di quegli stessi consigli continuo e continuerò a far tesoro!
L’ultima volta in cui ci siamo sentiti risale alla vigilia di Natale dello scorso 2017 e proprio in quell’occasione, oltre a informarti sulle mie condizioni di salute e sull’attività nel frattempo proseguita con il quotidiano online ilpuntostampa.news, mi avevi parlato (e mi avevi chiesto copie) dell’inserto a suo tempo da me pubblicato dopo l’uscita della preziosa cartella con le tue dieci incisioni: acqueforti, acquetinte e cere molli di estrema raffinatezza.
Caro Giancarlo, sarai sempre nel mio cuore e nei miei affetti. Idealmente mando un abbraccio forte a te e un altro alla tua amata moglie Germana.
Claudio
                                            **********************
Sul numero datato marzo 2014 del mensile Il Punto Stampa Claudio Redaelli aveva dedicato al grande artista bellanese il servizio che di seguito riportiamo integralmente:

Giancarlo Vitali, la poesia del segno e del colore
La Cina si è affezionata a Giancarlo Vitali. Dopo la mostra “Ritratti di fiori, rose e girasoli”, che si è svolta nel 2012 al West Lake Museum di Hangzhou, una tra le antiche capitali dell’impero cinese, l’artista bellanese replicherà in questo 2014 con un evento espositivo che si terrà, sempre a Hangzhou, alla Panorama Gallery. Saranno messe in mostra trenta piccole opere a olio, 30x30. In previsione vi sono poi altre due mostre a Shanghai e Pechino.
Nella mostra “cinese” del 2012 erano esposti ottanta oli di nature morte, fiori, girasoli oltre a bellissimi scorci del suo lago, quello di Como e una selezione di incisioni tratte dall’importante raccolta delle “Forme del Tempo”. Opere in gran parte presentate nelle due grandi esposizioni lecchesi curate dall’architetto Mario Botta nella Casa dei costruttori (“Ritratti di pollame, carne, rose e girasoli” del 2008 e “156 incisioni” del 2011). Due mostre fondamentali per conoscere l’opera di Giancarlo Vitali.

Ritratti di pollame, carne, rose e girasoli
La mostra tenutasi nel 2008, in occasione dell’inaugurazione della sede dell’Ance Lecco, era allestita da Mario Botta e curata dal critico Carlo Bertelli. “Ritratti di pollame, carne, rose e girasoli” era, già nel titolo, una sintesi delle 134 opere esposte, a cui l’illustre curatore della mostra, dava una spiegazione esauriente: “Questa elencazione, che sarebbe stata assolutamente impossibile con altri, lo diventa invece con Vitali perché ogni tema è stato da lui scrutato, esplorato e gustato in profondità, e ogni volta con l’animo puro di chi è disposto a farsi catturare dalla singolarità del soggetto, in un corpo a corpo tra la trasfigurazione pittorica e il dato naturale, o, in certi casi, in un dialogo serrato tra la memoria collettiva di certe situazioni e la loro evocazione in pittura”.
Le 134 tele si offrivano in tutta la loro sostanza entro lo straordinario allestimento di Mario Botta, che aveva ricreato l’opera di Vitali in un percorso in 11 capitoli che andava da una dimensione plumbea, in cui i colori dei quadri ti assalivano e ti inseguivano, sino alla luce dei grandi ritratti esposti sulla terrazza del nuovo edificio. “Con Giancarlo Vitali - ebbe modo di dire Mario Botta - c’è una complicità legata al territorio, a quel mondo prealpino che ci unisce. Così la poesia della sua pittura si lega profondamente al mio modo di concepire gli spazi. La pittura di Vitali dentro il suo naturale territorio storico-geografico, invita coloro che ancora possiedono il sentimento e l’umiltà dello sguardo, non solo a “guardare”, ma anche a vedere e a lasciarsi coinvolgere da nuove emozioni”.
In quella mostra tutto iniziava proprio con l’origine di ogni cosa, con quel coniglio scuoiato che accese la scintilla a Giovanni Testori, che lo incantò al punto di voler conoscere quel pittore allora sconosciuto (era il 1983). E le sue parole di fronte a quel quadro sono indimenticabili: “Era dai tempi dei primi, diretti e drammatici incontri con gli animali squartati di Soutine che non avvertivamo più una così estrema vocazione della pittura a magnificare se stessa proprio nell’atto in cui si flagellava, in cui s’introduceva, in cui affogava o annaspava nell’ematico pantano”.
Dal coniglio al toro squartato, dai girasoli alle tavole dei banchetti e, ancora, dai ritratti del Vittorio sino alle “mani sulla luna”, il percorso artistico di Giancarlo Vitali, in quella mostra, si offriva in tutta la sua intensità.

156 incisioni del maestro
Tre anni dopo, sempre nella sede dell’Ance di Lecco, ecco di scena la grafica di Giancarlo Vitali. Il circolo virtuoso nato tre anni prima, si riproponeva in questo nuovo capitolo che presentava la donazione della famiglia Vitali all’Ance Lecco, nella mostra permanente delle 156 carte incise del maestro di Bellano.
Le opere, selezionate direttamente dall’autore, comprendevano cartelle famose come “Il mio museo quotidiano” e “Le forme del tempo”, oltre a una scelta di grafiche che toccavano una serie di temi cari a Giancarlo Vitali: la natura morta, la pesca, gli animali, i paesaggi, i suoi indimenticabili personaggi; opere che spaziavano dai primi anni Ottanta sino ad oggi. Una conferma ulteriore dell’importanza delle opere grafiche all’interno del panorama generale dell’opera dell’artista bellanese. Proprio Mario Botta nello scritto che accompagna il catalogo della mostra, parla del segno di Giancarlo Vitali come di “un lessico espressivo che attraverso l’ombra irradia la luce”.
“Attraverso la profondità tracciata dal bulino - continua Botta - nasce un racconto ogni volta sorprendente, nel quale l’osservatore scopre i temi e gli alfabeti della propria identità”.
Le opere grafiche di Vitali vanno al di là del segno inciso e raccontano storie nelle quali è impossibile non riconoscersi. In ogni carta, anche in quelle più scanzonate o ironiche, non è difficile cogliere quella sacralità, che in Vitali è laicamente lieve nella sua profondità. Il tutto a partire dalla “Sagrestia dell’incisore” che ritrae lo studio dell’artista tra crocefissi, quadri e barattoli; un antro quasi misterioso che introduce a dovere gli altri capitoli di questa saga.
Michele Tavola, nell’introduzione al catalogo, definisce quello studio come un luogo di elezione, “un Sancta sanctorum dove vengono custoditi e usati gli acidi, le lastre di rame, i bulini e i raschietti. Una stanza modesta e in perenne disordine, dove campeggia una serie di Cristi lignei, austeri e sofferenti, che vegliano con sguardo severo sul lavoro dell’artista”.
In quel Sancta sanctorum sono nate le pagine che ci narrano oggi le storie del maestro di Bellano, “un artista - ha scritto il poeta Franco Loi - che sa esprimere dal segno la luminosità degli esseri e delle cose”. Guardando l’opera incisa di Vitali è come trovarsi di fronte ad un mondo appartato e provinciale, che i segni ed i giochi dei bianchi e dei neri trasformano e nobilitano.

Il resto lo fa la poesia che c’è a monte di ciascuna di queste opere ed il disincanto che Vitali sa generosamente spargere nei suoi fogli. E cosa c’è, infatti, di più poetico di quella folla indistinta che guarda l’eclissi; del Vittorio avvolto dal fumo della sua immancabile sigaretta (un’aureola di umanissima santità) o della celeberrima dama dei gatti.

Protagonisti questi ultimi di tante incisioni, magari attori in seconda, ma pur sempre vivi. E se parliamo di grandi lombardi cosa dire delle “Forme del tempo”, le opere ispirate ad Antonio Stoppani, che Alberto Longatti ha definito come “un’affermazione totale, granitica della memoria come origine e fine”. Non c’è personaggio, cosa o animale, ritratti da Vitali, che non riesca a parlarci e questo è il suo grande dono.

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