2018-06-14

Mandello. L’organo del Santuario della Madonna del fiume, gioiello da custodire



(C.Bott.) Presentazione del progetto di restauro dell’organo secentesco già custodito nel Santuario della Beata Vergine del fiume a Mandello, martedì 12 giugno al Teatro San Lorenzo di via XXIV Maggio.

L’iniziativa era promossa dall’Associazione “Giuseppe Scanagatta e Anselmo Zucchi”, unitamente all’amministrazione comunale, dopo il ritrovamento delle parti di questo prezioso strumento che si riteneva essere andato ormai perduto.
Determinante per portare a termine il primo lotto dei lavori è stato l’intervento della Banca della Valsassina - Credito cooperativo.
“La fase di studio preliminare, che ha visto lavorare a stretto contatto e per più di un anno i migliori professionisti del settore - spiega Alessandro Milesi - si era conclusa con la stesura di un progetto di restauro storico-filologico già presentato alla Soprintendenza. L’ipotesi iniziale attribuiva lo strumento alla scuola di Carlo Prati, celebre organaro comasco poi trasferitosi a Trento. La stessa ha trovato conferma sia nelle analisi svolte in laboratorio sia nei documenti trovati in archivio”.
“Ciò renderà lo strumento della Madonna del Fiume - aggiunge il musicista mandellese - uno tra i più antichi e importanti d’Europa, tanto che il suo restauro ha suscitato già l’interesse delle più importanti istituzioni musicali italiane e straniere”.
Il Santuario della Beata Vergine del Fiume è una tra chiese più belle dell’intero patrimonio artistico presente sul territorio lariano. Questo gioiello del primo Barocco, edificato in soli tre anni nel periodo dell’immediata Controriforma, è da sempre al centro della pietà popolare mandellese.

Ma i nostri avi non si accontentarono di portare a termine la sua costruzione in un tempo così breve: grazie al concreto e cospicuo aiuto da parte della famiglia Airoldi, allora molto presente a Mandello, lo dotarono da subito delle preziosissime decorazioni e rifiniture (ad opera dei maestri più abili, quindi anche più cari) che tutti possono ancora ammirare nella loro eccezionale integrità.
Piace ricordare che la famiglia Airoldi era insediata a Mandello da un paio di secoli. Con l’arciprete del tempo promosse la costruzione del Santuario della Madonna del Fiume su una parte della sua proprietà. La chiesa fu poi sempre di patronato Airoldi, anche quando la famiglia spostò i suoi principali interessi a Milano e a Palermo.
Nei documenti relativi al Santuario si evince la volontà di dotare la chiesa di un organo fin dai primi momenti della sua apertura al culto. È del 1650, infatti, il primo documento che attesta la presenza di un strumento utilizzato per il servizio divino. Si tratta di un fatto piuttosto inusuale considerato che, per evidenti ragioni economiche, difficilmente una chiesa nuova veniva dotata di un organo negli anni immediatamente successivi alla sua costruzione.

Chiese istituzionalmente molto più importanti hanno dovuto attendere secoli prima di
essere completate con la dotazione di uno strumento di prestigio.
Chiunque abbia avuto la fortuna di varcare la porta di questo bellissimo Santuario non ha potuto fare a meno di notare, nell’altissima balconata sopra il portale d’ingresso, una schiera di canne, incorniciate da una splendida cassa lignea e dorata, perfettamente contestualizzate con lo stile della chiesa. Si tratta di ciò che rimane dell’antico strumento di cui si è detto, attribuibile alla scuola dell’organaro Carlo Prati, il quale - dalla seconda metà del Seicento in poi - visse il suo momento di massima celebrità.
Le ultime testimonianze sull’organo funzionante risalgono agli anni 50 del XX secolo. Successivamente, dopo oltre trent’anni di inutilizzo, si perde ogni traccia di questo prezioso strumento.
Nell’agosto 2016 - grazie all’interessamento di esperti e appassionati, i quali hanno dato vita a un’associazione ad hoc intitolata ai musicisti mandellesi Anselmo Zucchi e Giuseppe Scanagatta - è stato raccolto l’antico materiale sparso in diversi luoghi.
È stato fondamentale il contributo di un mandellese che ha avuto la sensibilità, la lungimiranza e la cura di salvare dalla distruzione e preservare la maggior parte dei componenti.
Per le affascinanti e complesse operazioni di restauro era stata creata un’associazione di volontari i quali, nella consapevolezza di amministrare un bene appartenente alla
collettività, hanno potuto iniziare la fase relativa allo studio del materiale ritrovato grazie a uno stanziamento della Fondazione della provincia di Lecco, che ha messo a disposizione per la fase di studio la somma di 12.500 euro.
“Allargando lo sguardo al territorio nazionale - osserva sempre il maestro Milesi - ci accorgiamo che non esistono quasi più organi del Seicento intatti. Il Mandellasco emerge per la peculiarità degli ottocenteschi strumenti di Olcio e Crebbio, sui quali si svolgono già master class di richiamo internazionale con organisti di fama, in collaborazione con la Scuola di musica “San Lorenzo”. Ora, con uno strumento originale del Seicento, Mandello diventa ulteriormente terra privilegiata in questo
settore culturale”.
“E quello che alla maggior parte delle persone può sembrare un sogno ambizioso - conclude - ha già destato l’interesse delle principali istituzioni europee, che vedrebbero proprio in Mandello il luogo ideale per approfondire la prassi esecutiva su
strumenti storici italiani”.

Alla presentazione del progetto, martedì 12 giugno è seguito un apprezzato concerto lirico di gala. A esibirsi Maria Pia Gandolfi (soprano) e il tenore Luigi Albani, accompagnati al pianoforte da Michele Santomassimo.

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