2020-08-03

Il giovane Giovanni Battista Montini nell’agosto 1915 al San Genesio

Nota introduttiva – Il presente testo è parte di una ricerca storica più ampia sul San Genesio, realizzata intorno al 1990, ma che non ha poi avuto pubblicazione con un programma editoriale previsto di ampio respiro su tutto il territorio della Brianza oggionese. E’ ancora di attualità la parte che viene ora pubblicata, relativa alle vicende del 1915.




di Aloisio Bonfanti -- Papa Paolo VI, il cardinale Giovanni Battista Montini, arcivescovo di Milano dal 1954 al 1963, ha vissuto una tappa decisiva del suo cammino vocazionale verso il sacerdozio all’eremo di San Genesio.

            Era l’agosto 1915, da qualche mese anche l’Italia conosceva le tragiche vicende della prima guerra mondiale, quando un giovane di 18 anni, Battista Montini, sostava e pregava nell’eremo dei monaci Camaldolesi con due sacerdoti. Il registro dei visitatori conserva scritto, in data 19 agosto 1915, “Gradita è la pace di San Genesio perché in essa, limpida e soave, s’ode la voce del Signore”. La frase è firmata da don Paolo Caresana dei Filippini di Brescia, don Francesco Gallo e da Battista Montini, sempre di Brescia.
            Battista Montini, nato a Concesio in provincia di Brescia il 28 settembre 1897, scelse l’eremo di San Genesio per una verifica definitiva sulla vocazione sacerdotale prima di entrare nel seminario diocesano. Nel giugno 1963 diventerà Paolo VI, dopo essere stato arcivescovo di Milano e prima ancora nell’importantissimo ruolo di sostituto della Segreteria di Stato e stretto collaboratore di Papa Pio XII, il cardinale romano Eugenio Pacelli. Montini è stato a fianco di Pacelli negli anni terribilmente tragici della seconda guerra mondiale 1940/1945, in particolare i nove mesi dell’occupazione nazista di Roma, con la strage delle fosse Ardeatine e la deportazione degli ebrei nei campi di sterminio in Germania. Montini è stato impegnato nel ruolo di assistente della federazione universitaria cattolica, la FUCI, conoscendo nel movimento giovani che diventeranno personaggi storici nel cammino della Repubblica Italiana negli anni faticosi della ricostruzione post bellica, come Giulio Andreotti ed Aldo Moro. E’ mons. Montini che accompagnò Papa Pacelli, per evidenziare un episodio, nella visita al quartiere romano di San Lorenzo, devastato dai bombardamenti aerei del luglio 1943 con un numero considerevole di vittime, oltre ai feriti ed ai tanti rimasti senza tetto e senza qualsiasi forma di assistenza.
            Numerose sono state le visite dell’arcivescovo Giovanni Battista Montini alle parrocchie della città di Lecco e del suo vicino territorio. Merita di essere sottolineata l’apertura della missione cittadina dal 15 al 29 ottobre 1961, nella basilica di San Nicolò e sull’antistante sagrato. In tanti ascoltarono l’intervento, definito dalle cronache giornalistiche del tempo, “appassionato e magistrale” del cardinale Montini sul tema della missione “Gesù nostro Salvatore”.
            Merita di essere aggiunto un episodio praticamente sconosciuto, che avvenne ad Olginate, quando l’arcivescovo di Milano è stato nella parrocchia di Sant’Agnese per la visita pastorale del 1962. Ricordò che aveva conosciuto negli anni romani anteguerra 1940, in Vaticano, il nunzio apostolico in Germania, mons. Cesare Orsenigo, nativo di Villa San Carlo. Montini dichiarò di voler raggiungere il cimitero di Olginate, dove era sepolto il vescovo Orsenigo, deceduto nel 1946 e sostò presso la tomba in lunga e raccolta meditazione e preghiera.
Come è noto, l’apertura degli archivi del pontificato di Pio XII, avvenuta il 2 marzo 2020 per decisione di Papa Francesco, è stata interrotta una settimana dopo dai provvedimenti sanitari dell’epidemia di coronavirus. La richiusura degli archivi alla consultazione degli storici e dei ricercatori ha provocato una battura d’arresto in una ricerca che era sicuramente destinata a modificare il quadro ed il senso dell’azione di un pontificato negli anni terribilmente sofferti della guerra. Nella recente pubblicazione di David Bidussa “La misura del potere – Pio XII ed i totalitarismi tra il 1932 ed il 1948”, edizione Solferino, si può leggere “Certo, gli archivi aiutano collocare il senso delle azioni nel tempo, ad individuare come matura un atto. A volte fotografano l’attimo, altre volte ci forniscono supporti per considerare il tempo lungo come una costante, dunque a ridare spazio a eventi, temi, sentimenti che avevamo considerato secondari, marginali, poco interessanti”.

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