2020-07-25

OMAGGIO A CASIMIRO FERRARI (1940-2001)

Sono trascorsi diciannove anni dalla scomparsa di Casimiro Ferrari, ma il ricordo della sua grande figura nella storia dell’alpinismo è rimasto inalterato. Casimiro rimane sempre con noi, non lo dimenticheremo mai. 


Renato Frigerio Casimiro “Miro”Ferrari, eccellente rocciatore capace di vincere grandi sfide era altrettanto abile sul ghiaccio, è stato uno dei più autorevoli alpinisti degli anni ’70 e ’80. 
Tra gli esponenti principali del prestigioso alpinismo lecchese, ha avuto un ruolo importante dedicando molti anni all’esplorazione della Patagonia. 

Risale agli inizi di gennaio del 1966 la sua prima esperienza extraeuropea con la conquista del Monte Buckland nella Terra del Fuoco. Sono vittoriosi con lui i lecchesi Gigi Alippi, Cesare Giudici e Carlo Mauri, il biellese Guido Machetto e il bergamasco Giuseppe 
Pirovano. 
Non poteva essere che l’avvio, poiché il desiderio di esplorare terreni sconfinati fa parte della natura dell’alpinista Casimiro Ferrari. 
In Patagonia nel gennaio del 1974 sulla Ovest del Cerro Torre (VI e A2 – ED+; 70°- 85°) e nel febbraio del 1976 sul pilastro Est del Fitz Roy (ED+) raggiunge la vetta, risolvendo problemi che avevano fatto fallire diverse forti spedizioni di differenti nazionalità. 
Questi due rilevanti successi di altissimo livello lo confermano uno dei migliori alpinisti di quel periodo. 
Sono conquiste che definiscono il suo ruolo stimolante nel gruppo Ragni. 
Casimiro Ferrari prende le decisioni, trasmette determinazione e motivazioni, ed è capace a dirigere e guidare gli altri. Prende l’iniziativa, dimostra buon senso e interesse per il gruppo, ispira agli altri una fiducia certa. Viene riconosciuto a tutti gli effetti come un leader innato, portato con tenacia al raggiungimento dell’obiettivo. 


Negli anni ’80, dopo un’ulcera, deve convivere con un tumore allo stomaco continuando la sua vita di alpinista. 
Trascorre gli ultimi anni della sua esistenza in Patagonia. 
Sua dimora è l’Estancia Punta del Lago acquistata nel 1994. 
Lì, sulle rive settentrionali del Lago Viedma, ai piedi del maestoso Fitz Roy e con vista sul seducente profilo del Cerro Torre, dove per volontà di Casimiro Ferrari, il 31 dicembre del 1996 viene inaugurato un rifugio dedicato a Carlo Mauri. 
Sempre più gravemente ammalato, il suo stato di salute peggiora definitivamente nel tentativo di raggiungere l’Estancia, in mezzo alla bufera di neve, insieme agli scalatori svizzeri che vogliono tentare l’invernale al Cerro Torre. 
Un elicottero dell’Esercito argentino lo preleva da Punta del Lago per portarlo in Ospedale. 
Si tenta il tutto e per tutto trasportandolo in Italia, a Lecco, dove la sua vita si conclude. 
Casimiro Ferrari, aveva compiuto 61 anni il 18 giugno, ed ha cessato di vivere il 
3 settembre del 2001 all’Ospedale Manzoni di Lecco.
La Chiesa Parrocchiale di Ballabio, nella quale alle ore 15 di mercoledì 5 settembre 2001, si è svolta la cerimonia funebre, ha visto la partecipazione di tantissime persone giunte da ogni dove per dargli l’estremo saluto. 



         


ASTERISCHI SIGNIFICATIVI 





Tratto dal volume: CERRO TORRE – Parete Ovest – di Casimiro Ferrari
Dall’Oglio, 1975: ristampa nel 1984

C’era un conto personale aperto col Torre. Avevo infatti cominciato a sentirne parlare fin dal 1958, quando Bonatti e Mauri dovettero rinunciare al loro tentativo sulla Ovest a circa seicento metri dalla vetta. Dopo dodici anni, nel 1970, ebbi la grande occasione di conoscere il Torre di persona come componente della spedizione del CAI di Belledo, un gruppo di nove alpinisti, sette dei quali Ragni. 

            Casimiro Ferrari       (pagina 9)

Sono queste le parole di Bonatti sul suo telegramma dopo il nostro successo: (Ferrari)
“Il tempo fa sempre giustizia e sempre premia la logica. Bravi, Bravissimi. Vi abbraccio”.

            Walter Bonatti          (pagina 24)

Il mattino del 27 (gennaio 1970), mentre imperversa una violenta bufera, decidiamo di rinunciare: mentre ci apprestiamo a ridiscendere a tentoni le corde fisse incrostate di ghiaccio, do un ultimo sguardo alla parete Ovest avvolta nelle nubi e in quel momento sento che non avrò pace finchè non potrò di nuovo affrontarla. Perché il Cerro Torre è una montagna che non si dimentica…

            Casimiro Ferrari       (pagina 82)

Riparto subito e proseguo nel canale per una diecina di metri, ansioso di controllare la possibile via di uscita verso la vetta: sembra di camminare sulla bambagia. Mi trovo davanti un muro di ghiaccio molto verticale e lo affronto di slancio obliquando verso destra. Sospinte dal vento impetuoso le nubi passano a gran velocità sopra la mia testa: dopo questo salto non ci dovrebbe essere più niente! Gli ultimi venti metri non mi sembrano neppure molto difficili, arrivo su un’ampia piattaforma, intorno a me non vedo più niente, è proprio la cima! Le diciassette e quarantacinque del 13 gennaio (1974): sono sulla vetta del Cerro Torre!

            Casimiro Ferrari       (pagina 139)










Tratto dal libro: ENIGMA CERRO TORRE – di Giorgio Spreafico 
Cda&Vivalda, 2006 

E Casimiro, sempre lui, quando torna a Trento nel 1998 in occasione di un’edizione del Filmfestival tutta dedicata alla Patagonia, ci torna anche per essere premiato per la sua carriera alpinistica laggiù. E tra le star di un convegno memorabile che raccoglie tutto il meglio dell’alpinismo internazionale in quel pezzo di mondo alla fine del mondo. 
E Ferrari apre il suo intervento così: “Per prima cosa devo ringraziare la spedizione trentina e la spedizione di Bonatti e Mauri che ci hanno fatto conoscere questa zona”.

            Casimiro Ferrari       (pagine 76 e 77)

“Abbiamo dato tutto perché meno non sarebbe bastato” – dice senza accalorarsi, fedele al suo personaggio sempre un po’ sotto le righe. “Eravamo alle prese con difficoltà nuove, per noi. E per quanto fossimo abbastanza avanti con i mezzi di ancoraggio, grazie ai lunghi chiodi angolari con alette fatti da noi stessi sulla scorta dell’esperienza del ’70, abbiamo avuto i nostri problemi. Su certe goulotte (canalino scavato dall’acqua), sul ghiaccio duro, benchè trovassero la corda fissa, i secondi a volte non riuscivano a salire perché non avevano le staffe (scaletta costituita da anelli di fettuccia o gradini metallici, usata nell’arrampicata artificiale). Un corpo a corpo infinito. Eppure eravamo di sicuro messi meglio rispetto a chi ci aveva preceduto nel 1959”. 

            Mario Conti               (pagina 264) 



Tratto dal volume: CERRO TORRE. Mito della Patagonia – di Tom Dauer
Corbaccio, 2008

“Casimiro Ferrari è diventato noto soprattutto per quel Cerro Torre conquistato da Ovest 
nel 1974, capolavoro non solo suo ma di tutta la spedizione dei Ragni di Lecco, raccontato poi nel suo libro – Cerro Torre, parete Ovest -, pubblicato da Dall’Oglio nel 1975”. 

            Silvia Metzeltin         (pagina 251)



Tratto dal libro: GRIDO DI PIETRA. Cerro Torre, la montagna impossibile – 
di Reinhold Messner – Corbaccio, 2009

“Questi ragazzi avevano la capacità di salire il Torre, si erano liberati delle paure che in qualche misura inchiodavano me, dopo due tentativi falliti”. 

            Carlo Mauri               (pagina 150)

“Casimiro Ferrari è stato sicuramente il più grande alpinista della Patagonia”. 

            Walter Bonatti          (pagina 186)



“Mi dispiace che in tutta la discussione intorno a Cesare Maestri, Casimiro Ferrari abbia finito per restare nella sua ombra. In realtà è lui l’eroe del Torre”. 

            Alexander Huber     (pagina 187)

“Il vero eroe del Cerro Torre è Casimiro Ferrari”. 

            Reinhold Messner   (pagina 188)

“Senza dubbio il Cerro Torre è fra le montagne più impressionanti e belle della terra, 
e senz’altro si tratta anche della vetta più ambita nella storia dell’alpinismo”. 

            Alexander Huber     (pagina 274)



Tratto dal volume: LA TORRE DEL VENTO – Cerro Torre – parete Ovest – 
di Casimiro Ferrari
Alpine Studio, 2010

(pagina 7) – Casimiro Ferrari era così: un uomo semplice ed essenziale. Non cercava di fare chissà che cosa, cercava semplicemente di fare quello che nella vita gli piaceva. Forse proprio questa essenzialità, questa semplicità estrema, a volte lo mettevano in contrasto con le altre persone. Un uomo duro, crudo, selvaggio: ecco come molti lo ricordano.
(pagina 8) – Casimiro, quello vero, era colui che si apriva ai pochi che sapevano comprendere ed accettare la sua passione. Aveva tantissimo da dare e tanto da insegnare.

            Ermanno Salvaterra

Anche la sua insofferenza verso le cose materiali lo ha sempre contraddistinto; tutto quello che gli girava intorno era il mezzo non il fine. …….
A lui importava solo di essere arrivato in vetta con i suoi compagni e di avere mantenuto la promessa fatta al suo grande amico Carlo Mauri. La sua autostima per l’impresa compiuta l’ha così posto al di sopra della situazione ed è stato questo a far si che venisse molto rispettato, sia come uomo che come alpinista. 

            Laura Ferrari            (pagine 10 e 11)

Sono le 15,33’ del 2 dicembre 2008, Berna e Fabio (Salini) realizzano il loro sogno: la loro avventura della salita al Torre lungo la via dei Ragni, felice, inoltre di essere anch’io un Ragno di Lecco, come i primi salitori. 

            Matteo Bernasconi  (pagina 207)






Tratto dal libro: CASIMIRO FERRARI – Un sognatore dalla Grigna alla Patagonia – 
di Alberto Benini 
Cattaneo, 2011

(pagina 5) – Casimiro sapeva vivere i sogni. E sapeva, pur nel suo ruvido stile, sovente aggressivo e mai facile, dividerli con gli altri. 

(pagina 110) – Nel 1970 Carlo Mauri decide di riprendere la partita interrotta nel 1958 in 
Patagonia: la Ovest del Cerro Torre. Il Bigio, dopo l’incidente alla gamba dal quale non è guarito, non può certo svolgere il ruolo di leader alpinistico: sarà Casimiro a conquistarselo sul campo, giungendo a poche centinaia di metri dalla cima e intuendo quella via che tornerà a completare quattro anni dopo. 



Tratto dal libro: CERRO TORRE. La sfida – di Giorgio Spreafico
L’Eco di Bergamo e La Provincia, 2013

“Le difficoltà che ho trovato sul ghiaccio della Ovest in realtà le ho incontrate anche dopo, in altre salite. Ma sul Torre me le sono viste davanti per la prima volta, e la differenza è stata questa. Una grande differenza. Negli ultimi tiri, poi, ho dovuto prendermi rischi come non mi era mai successo prima. Tutto era da capire, allora, e da inventare. E nel ’70 per certi versi era stato persino peggio, perché mi muovevo in un mondo per me completamente nuovo, dunque con più insidie rispetto al secondo tentativo”. 

            Casimiro Ferrari       (pagina 111)



Tratto dal libro: IL GRANDE DET – Giuseppe Alippi alpinista e contadino: 
una storia italiana. – di Giovanni Capra
Corbaccio, 2016

“Abbiamo avuto la possibilità di frequentarci quando già avevamo una certa età”….. 
“Ci siamo conosciuti troppo tardi quando eravamo già avanti con gli anni. Il Miro fu e rimane l’alpinista che ho ammirato di più. Aveva una capacità eccezionale nel conoscere gli uomini e nel saperli dirigere, prima di tutto con l’esempio. Era il primo a sacrificarsi, e questo gli dava carisma e un’autorità indiscussa. Quando doveva dire qualcosa, lui non usava giri di parole, andava diritto al senso delle cose, tanto che chi non lo conosceva poteva anche restarci male”. 

            Giuseppe Alippi       (pagina 183)









Tratto dal volume: CERRO TORRE. 60 anni di arrampicate e controversie sul Grido 
di Pietra – di Kelly Cordes 
Versante Sud, 2018 

Mentre le nuvole e la nebbia vagavano alla deriva tra le formazioni tondeggianti, alle 5,45’ del pomeriggio del 13 gennaio 1974 – Daniele Chiappa, Mario Conti, Casimiro Ferrari e Pino Negri – emergevano sulla vetta del Cerro Torre. Costruirono un pupazzo di neve dei Ragni di Lecco, con tanto di maglione del gruppo, casco, piccozza e bandiera; scattarono fotografie e poi tagliarono corto i festeggiamenti nell’interesse della loro sopravvivenza.

            Kelly Cordes             (pagina 101)



Tratto dal libro: CASIMIRO FERRARI. L’ultimo re della Patagonia -  
di Alberto Benini 
Alpine Studio, 2019 

“La montagna ha perso un grande dell’alpinismo, la Patagonia il suo amante più fedele e io un amico carissimo”. 

            Carlos Comesana   (pagina 180)



Tratto dal volume: LA VIA MENO BATTUTA – Tutto quello che mi ha insegnato la montagna – di Matteo Della Bordella
Rizzoli, 2019

Non conobbi mai Casimiro Ferrari “Miro” di persona, ma negli anni ne sentii tanto parlare, da amici comuni, dagli anziani dei Ragni, dalla stupenda biografia scritta da Alberto Benini su di lui, e dalle persone che in qualche modo lo avevano incrociato. …..

Casimiro per me era un alpinista d’altri tempi, diverso dai tanti altri grandi di cui si sente più spesso parlare. La sua figura mi affascinava: poche parole e tanta sostanza, fatto di una tempra più dura del granito e più forte dei venti della Patagonia stessa. Casimiro non aveva uno stile di vita propriamente da alpinista: aveva un’azienda meccanica a Lecco e la sua passione era la caccia. Non si allenava come un forsennato, tuttavia non lasciava nulla al caso. Anche quando non era tra le sue amate montagne, pensava a come salirle e poi immancabilmente ci riusciva, anche se a volte la cosa richiedeva più di un tentativo. …..
Penso che Casimiro mi incuriosisse così tanto perché negli anni avevo capito che per scalare grandi montagne, quelle della Patagonia in particolare, serve una grande determinazione. Una qualità estremamente difficile o forse impossibile da allenare, e che Casimiro possedeva più di chiunque altro alpinista al mondo. 

            Matteo Della Bordella         (pagine 368 e 369) 




Tratto dal libro: I RAGNI DI LECCO – Una storia per immagini -  
di Serafino Ripamonti 
Rizzoli, 2020

“Quando vidi il Torre per la prima volta dissi al Carlo: se non lo avete salito tu e il Walter, 
figuriamoci se posso farlo io!”…..

“A un certo punto trovai nel ghiaccio un chiodo e un cordino, probabilmente il punto da cui Bonatti e Mauri si erano calati. Se loro sono arrivati fino a qui nel ’58, pensai, forse noi possiamo fare qualcosa di più”. 

            Casimiro Ferrari       (pagina 101)

“Allora l’hai trovato il modo di superare il passaggio finale tra i funghi del Torre?”. 
Un giorno (ai Piani Resinelli, nella casa di Gigi Alippi) è proprio Mauri a fare la solita domanda, ma la risposta di Casimiro lascia tutti a bocca aperta: “Sì, l’ho trovato! Me lo sono sognato di notte!”.

            Casimiro Ferrari       (pagine 103 e 104)






CRONOLOGIA  ALPINISTICA DEL CERRO TORRE – PARETE OVEST – 
parete di roccia e ghiaccio che si erge dallo Hielo Continental Sur. 
Via dei Ragni di Lecco, denominata anche via Ferrari. 
Riconosciuta internazionalmente quale una delle più grandiose imprese alpinistiche 
di tutti i tempi.



Anno 1974 – Il 13 di gennaio, in stile spedizione (dopo che è stata affrontata la logistica, la scalata viene affrontata con il supporto di corde fisse e campi intermedi, con un gruppo numeroso di alpinisti. L’obiettivo è soprattutto portare una cordata in vetta): Casimiro Ferrari, Mario Conti, Daniele Chiappa e Pino Negri raggiungono la cima, realizzando la prima salita assoluta, scalando la parete Ovest e la cresta Sudovest del Cerro Torre di 3128m. La vittoriosa spedizione di 12 componenti, in Argentina a fine novembre 1973, ha dovuto superare le difficoltà di accesso sul vasto altopiano glaciale della Patagonia meridionale e il clima pessimo e spaventoso. La montagna è battuta senza posa da forti venti che si caricano di umidità soffiando sulla calotta glaciale. Sferzando la parete queste correnti creano meravigliose incrostazioni di ghiaccio, che conferiscono alla montagna un aspetto insormontabile e rendono la progressione degli alpinisti davvero improba: la roccia granitica, infatti, è quasi ovunque verglassata (sottile strato di ghiaccio che ricopre la superficie rocciosa); 






Anno 1977 – Nel mese di gennaio, in stile alpino (senza campi intermedi o corde fisse, in progressione diretta fino alla vetta e ritorno), la prima ripetizione assoluta è stata realizzata dagli statunitensi John Bragg, Jay Wilson e Dave Carman;



Anno 1986 – Nel mese di febbraio, in 3 giorni di arrampicata libera (con uso di corde, chiodi e nuts, utilizzando prese ed appoggi naturali su roccia per la progressione, senza ricorrere alla catena dei mezzi di protezione), gli statunitensi Michael Bearzi e Eric Winkelmann portavano a termine la terza salita;



Anno 1992 – Nel mese di gennaio gli statunitensi Dan Cauthorn e Jon Krakauer effettuano la terza ripetizione; 



Anno 1994 – Nel mese di dicembre i francesi David Autheman, Patrick Pessy e Fred Valet, compiono la quarta ripetizione. Gli stessi alpinisti dopo aver scalato la via dei Ragni, scendono sulla “Direttissima del Diavolo”, via aperta lungo la parete Est, nel gennaio 1986, dagli sloveni Silvo Karo e Janez Jeglic, realizzando la prima traversata del Cerro Torre; 



Anno 1997 .- Nel mese di febbraio gli spagnoli Simon Eliàs e Iosu Merino compiono la quinta ripetizione;



Anno 1999 – Nel mese di luglio, la prima invernale, è stata effettuata dagli svizzeri Stephan Siegrist, David Fasel e Thomas Hulrich, insieme all’americano Gregory Crouch; 



Anno 2008 – Nel mese di gennaio, dal giorno 21 al 24, lo statunitense Colin Haley, 
23 anni, e l’talo-argentino Rolando Garibotti, 36 anni, realizzano la prima traversata dell’intero gruppo del Cerro Torre, concatenando il Cerro Stanhardt, la Punta Herron, 
la Torre Egger e il Cerro Torre. La discesa viene compiuta lungo la via del Compressore. 
La stimolante impresa della cosiddetta “skyline” è stata portata a termine da Garibotti 
dopo aver fatto più tentativi. 

Anno 2008 – Nel mese di dicembre Fabio Salini e Matteo Bernasconi compiono la prima 
ripetizione italiana, raggiungendo la vetta il giorno 2;

Anno 2008 – Nel mese di dicembre lo svizzero Walter Hungerbuhler compie la prima solitaria (arrampicata in libera o artificiale, con o senza autoassicurazione), con l’arrivo in vetta il giorno 9;



Anno 2013 – Il 13 gennaio l’austriaco Markus Pucher effettua la prima salita “free solo” (arrampicata senza corda. Una caduta ha conseguenze estreme, il più delle volte mortali), stabilendo il record di velocità.  

Anno 2014 – Il 27 dicembre lo stesso Pucher realizza la prima ripetizione in “free solo”, questa volta nel quadro rabbrividente di una giornata tormentata da una forte tempesta, tanto tremenda da costringere a desistere tutti gli altri alpinisti impegnati nelle stesso massiccio. Un altro exploit che Rolando “Rolo” Garibotti definisce “una delle salite 
più strazianti nella storia dell’alpinismo patagonico”. 



Anno 2015.-.Lo statunitense Colin Haley e il canadese Marc-Andrè Leclerc percorrono 
la traversata del Torre in senso inverso, partendo dal Cerro Torre (salendo per Via 
dei Ragni) per raggiungere poi la Torre Egger, la Punta Herron e il Cerro Standhardt. 



Anno 2016.-. Gli statunitensi Colin Haley e Alex Honnold ripetono la traversata del Torre 
in meno di ventiquattr’ore in stile alpino e con equipaggiamento ridotto al minimo. 

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