2020-07-02

IL GASHERBRUM IV, UNA DELLE PIU’ BELLE E DIFFICILI MONTAGNE DELL’HIMALAYA. E’ STATO CONQUISTATO DA ALPINISTI ITALIANI, CON WALTER BONATTI E CARLO MAURI IN VETTA, NEL 1958.

Renato Frigerio L’epoca delle grandi conquiste extraeuropee si apre il 3 giugno del 1950 con la conquista  dell’Annapurna da parte dei francesi Maurice. Herzog e Louis Lachenal. 
I tentativi susseguitosi prima della seconda guerra mondiale sulle più elevate cime himalayane, se non hanno portato frutti immediati hanno dato agli alpinisti la misura esatta dei probabili rischi, quali valanghe, congelamenti, condizioni atmosferiche, e delle difficoltà che si incontrano per salire oltre una certa quota in cui scarseggia l’ossigeno, hanno sperimentato e affinato via via le capacità organizzative, la qualità degli equipaggiamenti, la collaborazione dei portatori, che fanno parte della spedizione. 

È interessante poi notare come contemporaneamente al desiderio di dominare le più alte vette del mondo, si sia ritrovato, a suo tempo, anche fuori delle Alpi il gusto di ricercare non tanto l’altitudine quanto la bellezza della montagna o di un certo versante. 
Si riproduce così in campo mondiale quel processo già concluso nelle Alpi, di conquista delle cime massime spesso più difficili e della riconquista per le vie più impegnative. 
La lunga premessa è per mettere in rilievo l’aspetto più significativo della spedizione alpinistico esplorativa di cui si intende parlare e adesso rievocare in breve. 
All’epoca il Gasherbrum IV (7925m) rappresenta una delle cime più difficili da scalare nel bacino del Baltoro in Karakorum, dopo la caduta del K2, Gasherbrum II, Torre Muztagh, Gasherbrum I, Broad Peak. Mentre nella catena himalayana, dal Nepal e al Tibet, erano già state conquistate altre vette dell’Asia centrale “oltre gli 8000”, quali Annapurna, Everest, Nanga Parbat (Kashmir), Cho-Oyu, Kanchenjonga, Makalu, Lhotse, Manaslu. 
Per la seconda volta, nel 1958, una grossa spedizione nazionale del Club Alpino Italiano, ha come obiettivo una montagna di provocante bellezza con una parete impressionante da capogiro. Riccardo Cassin guida la spedizione composta da Walter Bonatti, Giuseppe De Francesch, Toni Gobbi, Fosco Maraini, Carlo Mauri, Giuseppe Oberto e Donato Zeni. 
Oltre il Campo Base, piazzato a 5150m sul ghiacciaio Duca degli Abruzzi, ben cinque Campi sono necessari per giungere al Colle di Nordest, a quota 7100m. Il superamento della seraccata, prima del Campo IV, chiamata “seraccata degli Italiani”, impegna fortemente gli alpinisti: inoltre la piramide terminale che si eleva a quota 7200m, costituisce anch’essa un serio problema. Alla base della cresta sul versante Est si pone il Campo V. Superando forti difficoltà ne viene impiantato un sesto a quota 7550m. Affrontano una caratteristica e lunga cresta di roccia, ghiaccio e con cornici di neve, e successivamente con la scalata di cinque piccole torri, Bonatti e Mauri, cordata scelta da Cassin per l’assalto decisivo, che avverrà vittoriosamente il 6 agosto 1958, alle ore 12,30’ esatte. 











Note complementari:

dal racconto della spedizione, scritto da Fosco Maraini, si ritiene di fare cosa interessante e gradita, come sintetica scelta, di dover riprendere il profilo di 3 personaggi a noi lecchesi particolarmente cari e indimenticabili. Infatti con limpida prosa l’autore così si esprime nei confronti di Cassin, cui fu affidato il comando, e di Bonatti e Mauri, la cordata che ha raggiunto la vetta del Gasherbrum IV. 

Tratto da “Gasherbrum IV – La splendida cima” di Fosco Maraini 
Collana “I Licheni” – Vivalda Editori, 1997


Pagina 320: 

            “Io intanto sono rimasto al Campo Base a fare da magazziniere e ci resterò sin quando i carichi previsti non siano stati tutti inviati verso l’alto. Ho trascorso così alcuni giorni, tra i più gradevoli della spedizione, con Bonatti e con Mauri”. 

            “Mauri, un po’ come Riccardo, è una forza elementare della natura. In Riccardo, però, gli anni sono scesi ad arricchire il carattere di una dolce saggezza. Riccardo ha un’esperienza che sembra infinita di montagne e di uomini, ed essa lo rende rispettoso verso le prime, pieno di comprensione per i secondi. Carlo invece ha ancora tutti gli sfulmini e gli strapiombi dell’animo intatti”……….
”In un certo senso ha lo spirito oltre il fisico, del cavaliere senza macchia e senza paura”. 


Pagina 321 

            “Walter e Carlo! Dall’unione di due personalità così profondamente diverse si è costituita una cordata davvero irresistibile. L’uno è la forza ragionata e cauta, l’ardire misurato e preciso, quasi felino; l’altro è l’urto, l’ardore, l’esplosione appena imbrigliata. 
Un uomo completa ed integra l’altro. Sono profondamente amici; non solo di fronte alla montagna, alla pietra ed al ghiaccio, ma di fronte alla vita”. 

…..”È giusto, non solo per la superiorità su noi tutti, che questi due uomini costituiscano la cordata della vetta, ma anche perché non ha luogo alcuna altra integrazione così perfetta di caratteri tra le combinazioni e permutazioni immaginabili nel gruppo. E qui ancora ha giocato l’intuito finissimo di Riccardo che vede quasi costantemente giusto”. 

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