2020-05-01

OBIETTIVO SALUTE MENTALE “A LECCO HO TROVATO UN AMBIENTE ACCOGLIENTE E FERTILE”, AFFERMA IL DOTTOR NATALE GUIDOTTI, “PERSONE, TRA CUI CLAUDIO REDAELLI, CHE MI HANNO SOSTENUTO SEMPRE !”

di Germana Marini Rinverdire la memoria di chi ha vissuto la realtà di un servizio, sotto ogni aspetto eccellente: quello elargito dall’Ospedale lecchese di via Ghislanzoni, nel corso di oltre dieci intensi anni, compresi tra il 1989 e il 2000, e ragguagliare nel contempo le nuove generazioni in merito alla partecipazione dei medici a stage propedeutici all’accrescimento delle acquisizioni scientifiche, messe a frutto all’interno del contesto ospedaliero stesso: ecco le finalità di questo mio revival.

Il raccogliere in una pubblicazione unitaria, edita dall’Editrice C.B.R.S., una nutritissima serie d’interviste ai primari di ogni singola Divisione del presidio cittadino, da me effettuate in un lungo “Viaggio nel pianeta sanità”, mensilmente apparse sul periodico nazionale “il Punto Stampa”, si deve alla lungimiranza del direttore Claudio Redaelli, Consigliere dell’Ospedale provinciale di Lecco dal 1965 al 1981, e Vicepresidente dal 1975 al 1981,  succeduto al dott. Aldo Rossi, all’On. Vittorio Calvetti e al dott. Salvatore Bonalumi.
Pubblicazione dalla tiratura di 300 copie, in men che non si dica esaurite.
<< Questa singolare iniziativa >>, ebbe a dichiarare Redaelli, << posta in essere grazie alla preziosa collaborazione della giornalista Germana Marini e alla cortese disponibilità degli operatori sanitari, è di enorme rilievo, in quanto l’Ospedale rappresenta un’autentica risorsa, un fiore all’occhiello per Lecco, apprezzato com’è in ambito europeo, al punto che da ogni parte giungono qui per affidarsi a mani provatamente esperte >>. Aggiungendo: <<Posso ben dire che le articolate interviste della Marini rimarranno ad esempio di un  servizio giornalistico esclusivo, reso possibile dal lodevole impegno professionale, sia di chi le ha curate, che di chi ne è stato protagonista. Mi corre quindi l’obbligo di ringraziare sentitamente, non gli specialisti soltanto, bensì il personale infermieristico, paramedico, ausiliario, i tecnici,  le 75 operose, infaticabili suore all’interno del collegiato e tutti coloro che si sono prodigati al fine  di dar lustro a questa privilegiata
struttura >>.


“Quello della segregazione del paziente affetto da turbe psichiche di varia entità, ormai non è che un lontano ricordo. Allo stesso modo , più che di “psichiatria” in
senso stretto, oggi si parla di “Operatore di salute mentale”. Ma cosa si prefigge, quali sono in realtà i compiti di questo moderno operatore?”, domando.
La parola al dottor Natale Guidotti, primario presso la Divisione Psichiatrica del
Padiglione Gazzaniga di Lecco.
“Diciamo che l’obiettivo di questa Unità Operativa è perseguire un “progetto di salute mentale nell’ambito del nostro territorio”. Ritengo infatti che
sia un preciso dovere degli operatori attendere a tutto ciò che serve a garantire
l’equilibrio psicologico, il benessere soggettivo, la capacità di vivere , lavorare,
di affrontare al meglio le varie esperienze e problematiche dell’esistenza. Tale atteggiamento è il risultato di un’evoluzione generale della psichiatria, ma altresì specifica di questo servizio. Da un’epoca in cui lo psichiatra era un “alienista”, deputato cioè ad occuparsi di fragili individui, cosiddetti “fuori di sé”, da rinchiudersi (o custodirsi), in Istituto manicomiale, si è passati a tutt’altra concezione. Nel tempo in cui imperava una filosofia positivistica, si riteneva che pazienti di questo tipo fossero dei condannati. Purtuttavia gli scienziati che svolgevano tale lavoro erano molto esperti nel classificare e definire i sintomi. Dal punto di vista della conoscenza oggettiva del malato, il lavoro da loro condotto può dirsi improbo, anche in quanto, da medici, essi non hanno puntato alla diagnosi soltanto, bensì alla cura dei soggetti
tramite terapie empiriche, se non addirittura violente, per giungere, attraverso due
rivoluzioni scientifiche: quella Psicoanalitica psicologica, e quella Farmacologica,
a scoprire validi rimedi alla loro sofferenza. Il periodo di contestazione al vecchio ordine, si è concluso con la legge del 1978 di riforma psichiatrica, che ha sancito la fine  della segregazione, nel convincimento che i problemi del paziente andassero affrontati sul territorio”.
“Il che, cosa ha comportato, in pratica?”.
“Che la fase ospedaliera della malattia mentale si è cominciato a fronteggiarla
nell’Ospedale generale, e quella ambulatoriale nei Poliambulatori, distretti, ecc…
Il moderno psichiatra deve dunque attendere alla salute mentale dei cittadini
abitanti nel suo territorio”.
“Ma le vostre responsabilità non sono circoscritte a questo…”.
“Vanno effettivamente ben oltre, nel senso che noi siamo responsabili non solo delle persone che ci interpellano per una problematica specifica, bensì di quelle ricoverate in ogni reparto dell’Ospedale. Mi spiego: tutti sanno come il ricovero ospedaliero sia sempre traumatico per il mutamento d’ambiente, d’abitudini e via discorrendo. Aggiungiamo che un individuo è inevitabilmente ansioso per via delle sue precarie condizioni fisiche, delle terapie o interventi cui deve sottoporsi in sede, e possiamo comprendere quanto necessiti di un supporto psicologico. Ecco allora che arrivando nell’Ospedale generale, lo psichiatra ha senz’altro dei vantaggi, configurabili nell’elevata considerazione da parte dei colleghi e specialisti delle varie discipline. I suoi pazienti sono inoltre meglio seguiti; ma anch’egli ha il dovere di dare. Come? In termini di miglioramento della qualità della vita del ricoverato, procurando che questi collabori con tutte le sue forze alla ripresa”.
“Col progressivo aumento delle esigenze tecnologiche e l’affinarsi dei mezzi d’indagine, il lavoro sanitario diverrà sempre più elaborato e costoso. Come conciliarlo con le notoriamente limitate risorse finanziarie?”.
“Certo il mondo sanitario ha costi molto forti, destinati a salire di continuo. E non possiamo non tener conto del fatto che le risorse sono oltremodo ridotte. Di qui l’esigenza di migliorare la qualità dei sevizi, visto che la quantità difetta. “Come attuare un progetto di salute mentale, in queste condizioni?”, mi chiede. Risponderò che è impensabile che un progetto così ambizioso sia portato avanti dalla sola organizzazione psichiatrica. Molto opportunamente, a mio avviso, la Regione Lombardia ha previsto il Dipartimento di salute mentale non limitato agli psichiatri, bensì con la fattiva collaborazione dei servizi sociali, della Medicina di base e di quella specialistica, oltre che della psichiatria e della neuropsichiatria infantile. Il problema, insomma, non è tanto quello di raggiungere un’autonomia, quanto di integrarsi”.
“Cosa può dirci in merito al volontariato, dal punto di vista generale e relativamente al nostro territorio?”.
“E’ questa una risorsa fondamentale, che sarebbe un vero peccato lasciare inutilizzata. La quale fa parte di tutte quelle iniziative che esistono e che vanno semplicemente coordinate, incoraggiate e guidate. Per fortuna da noi tale esigenza è stata sempre sentita e presente. Un altro dei vantaggi di operare in quest’area è quello di constatare come i responsabili dell’Organizzazione Sanitaria siano favorevoli e sensibili a tutto ciò. C’è anche da dire che io non potrei lavorare così serenamente, se non mi avvalessi di un gruppo di collaboratori tanto preparato. Medici di estrazione sanitaria, ma anche sociale, psicologica e amministrativa”.
“D’altra parte pochi campi come il vostro richiedono un aggiornamento continuo..”.
“Uno dei compiti più importanti è appunto quello della formazione degli operatori. Parlo di un aggiornamento permanente, di un processo che si cala nella quotidianità, ma che prevede anche dei costi, ai quali, insieme a chi mi fiancheggia, io cerco di attendere nel migliore dei modi, considerata anche la grande richiesta”.
“Il lavoro di un’Unità operativa di Psichiatria si svolge in diversi presidi. Può elencarceli?”.
“Attualmente noi abbiamo il Reparto di Ospedale, le Strutture Ambulatoriali (C.P.S.), il Centro Residenziale di Terapia (C.R.T.) e ora, secondo il nuovo progetto Obiettivo regionale, sono in arrivo due nuovi presidi: il Centro diurno e la Comunità protetta. Occorre aggiungere che, fra gli altri compiti, un’Unità come la nostra non potrà non costituire una sezione, nella quale il disagio psichico venga affrontato in termini prevalentemente psicologici e psicoterapeutici. Molto incoraggiata a livello regionale è poi la ricerca epidemiologica, che permetterà di costruire su misura la soluzione dei vari problemi, a seconda delle esigenze del territorio. Di enorme importanza è parimenti quella definita “Psichiatria di consulenza e collegamento”, che fa sì che la psichiatria stessa porti il proprio contributo al benessere dei pazienti ricoverati in qualsiasi reparto ospedaliero. Una fiorente branca della Società italiana di psichiatria è quella di Psicologia medica, che mira ad umanizzare il più possibile la condizione del malato oncologico e terminale, non lesinando in supporti idonei al suo delicato caso”.
“Lei, dottore, operava a Como. Altri, dopo un’esperienza nel lecchese, hanno fatto ritorno nelle sedi di provenienza. Cosa la induce a restare fra noi?”.
“Io ho iniziato a lavorare nell’Ospedale Psichiatrico di Como, in piena fase alienistica e, in seguito, quando è avvenuta l’apertura verso il territorio, ho preso a seguire anche il Reparto psichiatrico di Lecco. Altri, in effetti, sono tornati a Como, mentre se il sottoscritto ha reciso le sue radici a favore di Lecco, è stato per la sensazione di aver trovato un ambiente fertile e recettivo verso le nuove esigenze. Persone, tra cui in primis Claudio Redaelli, direttore de “il Punto Stampa”, che mi hanno sostenuto in uno dei momenti più cruciali per gli operatori nel ramo, coincidenti con la Riforma Psichiatrica, e alle quali pertanto serbo gratitudine e affetto”.

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