2020-04-27

INFARTO MIOCARDICO ANNI 80: COSA E’ CAMBIATO? CE LO SPIEGA IL DOTTOR GIUSEPPE GULLACE


di Germana Marini - Rinverdire la memoria di chi ha vissuto la realtà di un servizio, sotto ogni aspetto eccellente: quello elargito dall’Ospedale lecchese di via Ghislanzoni, nel corso di oltre dieci intensi anni, compresi tra il 1989 e il 2000, e ragguagliare nel contempo le nuove generazioni in merito alla partecipazione dei medici a stage propedeutici all’accrescimento delle acquisizioni scientifiche, messe a frutto all’interno del contesto ospedaliero stesso: ecco le finalità di questo mio revival.

Il raccogliere in una pubblicazione unitaria, edita dall’Editrice C.B.R.S., una nutritissima serie d’interviste ai primari di ogni singola Divisione del presidio cittadino, da me effettuate in un lungo “Viaggio nel pianeta sanità”, mensilmente apparse sul periodico nazionale “il Punto Stampa”, si deve alla lungimiranza del direttore Claudio Redaelli, Consigliere dell’Ospedale provinciale di Lecco dal 1965 al 1981, e Vicepresidente dal 1975 al 1981,  succeduto al dott. Aldo Rossi, all’On. Vittorio Calvetti e al dott. Salvatore Bonalumi.
Pubblicazione dalla tiratura di 300 copie, in men che non si dica esaurite.
<< Questa singolare iniziativa >>, ebbe a dichiarare Redaelli, << posta in essere grazie alla preziosa collaborazione della giornalista Germana Marini e alla cortese disponibilità degli operatori sanitari, è di enorme rilievo, in quanto l’Ospedale rappresenta un’autentica risorsa, un fiore all’occhiello per Lecco, apprezzato com’è in ambito europeo, al punto che da ogni parte giungono qui per affidarsi a mani provatamente esperte >>. Aggiungendo: <<Posso ben dire che le articolate interviste della Marini rimarranno ad esempio di un  servizio giornalistico esclusivo, reso possibile dal lodevole impegno professionale, sia di chi le ha curate, che di chi ne è stato protagonista. Mi corre quindi l’obbligo di ringraziare sentitamente, non gli specialisti soltanto, bensì il personale infermieristico, paramedico, ausiliario, i tecnici,  le 75 operose, infaticabili suore all’interno del collegiato e tutti coloro che si sono prodigati al fine  di dar lustro a questa privilegiata
struttura >>.


Dopo l’iniziale testimonianza del compianto dottor Mauro Knippel, primario di Cardiologia del presidio ospedaliero cittadino, perito in un incidente stradale a pochi giorni dalla nostra intervista, trattiamo con il cardiologo, dottor Giuseppe Gullace, che opera nell’Ospedale di Circolo lecchese, di quel muscolo rossastro, non più grande di un pugno, dall’incessante attività del quale dipende la nostra esistenza.
“Lei si appresta a partecipare ad un importante convegno, che si terrà all’Hotel Griso di Malgrate, avente per tema “Infarto miocardico anni 80: cosa è cambiato?.
Vorrebbe cortesemente fornirci qualche anticipazione circa quella che sarà la sintesi del suo intervento e degli altri che si terranno?”.
“Diciamo che questo convegno è impostato in termini di bilancio e che il bilancio è senz’altro positivo. Gli anni 80 hanno determinato dei cambiamenti sia nella terapia che nella prognosi dell’infarto miocardico. Uno sguardo retrospettivo infatti evidenzia come queste ultime tre decadi abbiano sostanzialmente mutato l’approccio al paziente che ne sia colpito in modo acuto. Il grosso problema, negli anni 60, era rappresentato dall’alta mortalità pre-ospedaliera, la quale si concentrava maggiormente entro le prime tre ore dall’insorgenza dei sintomi; per cui tale epoca è stata caratterizzata innanzitutto dall’istituzione delle Unità Coronariche, nonché dalla sorveglianza delle complicanze dell’infarto, vale a dire aritmia e scompenso. Gli anni 70 invece hanno visto una netta riduzione della degenza a letto dell’infartuato, passando da 40/60 giorni, a due settimane, associata alla sua mobilizzazione precoce. Si sono altresì presi in considerazione i vari fattori di rischio coronarico, approdando ad oculati interventi di cardiologia preventiva. Riferendoci agli Stati Uniti, ad esempio, gli interventi sui fattori di rischio hanno condotto negli anni ad un declino della mortalità per cardiopatia ischemica. Interventi che si configurano in: correzione della dieta, abolizione del fumo, controllo della pressione arteriosa e del peso, esercizio fisico. Da una mortalità del 30/35% si è passati ad una del 20%, fino ad arrivare intorno al 51% degli anni 70. Quelli 80, infine, hanno promosso l’instaurarsi di un intervento precoce di rivascolarizzazione miocardica, visto che lo 0% dei pazienti con infarto miocardico acuto presentava un ‘occlusione coronarica di tipo trombotico. Rivascolarizzazione tempestivamente attuata a base di appositi farmaci, tra i quali il famoso “R.T.P.A.”. Sono stati parimenti effettuati studi che hanno dato esiti eclatanti, come quello organizzato in Italia dalla nostra associazione. Si può così affermare che la mortalità intraospedaliera, negli anni 80 si è attestata intorno al 10/11%”.
“Mentre quella extraospedaliera sembra mantenersi ancora alta…”.
“Purtroppo sì, in quanto i fattori che qui intervengono sono diversi. Legati a problemi logistici, organizzativi, ecc…  Da un punto di vista educativo, a differenza di una volta, oggi è molto più facile che arrivi in Ospedale gente con una lesione verificatasi in un arco di tempo non superiore alle tre ore. Aggiungiamo che questa riduzione della mortalità si è accompagnata alla riduzione della letalità stessa ad
un anno dall’infarto, imputabile anche a quell’importante ruolo giocato dalla riabilitazione”.
“Per trattare di Infarto anni 90, quali sono le prospettive?”, chiediamo, “ dal momento che si è determinata una maggiore incidenza di soggetti recuperati alla vita e restituiti integri, o con lievi limitazioni, alla società e al lavoro,  come risolvere i conseguenziali problemi di ordine assistenziale ed organizzativo?”.
“Tale esigenza rappresenterà il peculiare impegno degli anni 90. E’ prevedibile un progressivo, ulteriore incremento di post-infartuati parallelamente ad una sensibile riduzione dei decessi, cui occorrerà fare adeguatamente fronte, tramite un sostanzioso potenziamento delle strutture nel loro complesso. L’oggetto del prossimo simposio è appunto questo”.
“ Nel caso specifico del reparto cardiologico lecchese, attualmente su quale percentuale si aggira la diminuzione dei decessi?”.
“ Calcoliamo che negli anni 80 abbiamo avuto 2450 ricoveri per infarto in 10 anni, con una media annuale di 250/260, rispetto ai 1100/1200 complessivi all’anno. Ora una valutazione sul mutamento avvenuto si può fare basandoci sul fatto che nei primi 5 anni, quando non era ancora in uso la trombolisi, la letalità era del 16,4%, mentre nel secondo quinquennio, grazie alla sua introduzione si è attestata intorno al 12%. E ciò sia nei confronti di soggetti giovani, che anziani. Un'altra realtà con la quale dovremo confrontarci è quella che, a causa del prolungarsi della vita media, andremo incontro ad un maggior numero d’infarti in soggetti anziani, nei quali per tutta una serie di complicanze si verifica più facilmente il decesso”.
“ Corrisponde al vero, dottore, che l’infarto che colpisca in età giovanile, miete più vittime tra gli uomini che tra le donne?”.
“Certo. Contrariamente a quanto avviene per l’uomo, è difficilissimo che una donna al di sotto dei 65 anni non superi la crisi; mentre da questa età in poi accade esattamente l’opposto. Tengo a precisare che abbiamo sin qui parlato di netto calo di morti, riferito però esclusivamente all’infarto. Non registra la stessa flessione infatti quella per cardiopatie cardiovascolari e ischemiche, che permane del 45/47%”.
““ Dimensione cuore” è una rivista che ha pienamente raggiunto gli scopi prefissi e che è  l’organo ufficiale dell’Associazione Lariana per La Lotta Contro Le Malattie dell’Apparato Cardiovascolare o “ALLMAC”. Come direttore può dirci quali motivazioni ne hanno determinato la nascita e quali sono i futuri progetti?”.
“ Rammentiamo intanto che l’ALLMAC, un’associazione costituitasi nell’85 con finalità di tipo culturale, contemplanti cioè problemi legati alla prevenzione, all’educazione sanitaria, alla riabilitazione del cardiopatico, non è riservata solo ai cardiopatici, ma è aperta a tutti. In conformità a tali obiettivi l’abbiamo sin qui condotta, effettuando tutta una serie di riunioni, come il menzionato simposio;
finché siamo riusciti a mettere in cantiere questa “Dimensione cuore”, onde sensibilizzare ed informare i lettori. Nonostante qualche difficoltà di ordine finanziario, bisogna ammettere che finora ci ha dato innegabili soddisfazioni. Quanto ai progetti futuri, dipendono molto dalla riorganizzazione dell’associazione stessa, visto che presto si rinnoverà il direttivo”.

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