2020-02-27

EMERGENZA CORONAVIRUS: LE RICHIESTE DELLA FIPE

"Bisogna pensare a provvedimenti di sostegno per i pubblici esercizi"
Tolto l'obbligo di chiusura alle 18 per i bar che fanno servizio ai tavoli 


I bar stanno vivendo uno dei loro momenti più complessi della loro storia, come conseguenza alla grave emergenza pubblica collegata alla diffusione del Coronavirus. La contrazione dei flussi turistici e il crollo della domanda interna di consumi fuori casa stanno determinando una riduzione fino al 70-80% del fatturato dei pubblici esercizi. Una situazione difficile che si è innestata in un contesto già delicato, caratterizzato da una preoccupante stagnazione dell'economia.
Di fronte alle limitazioni imposte ai pubblici esercizi, la Fipe è intervenuta nella giornata di ieri inviando una lettera ai ministri dello Sviluppo Economico, dell'Economia, delle Politiche Sociali e del Turismo. Il presidente nazionale Fipe Lino Stoppani ha chiesto in primis "la messa in stato di crisi del settore e interventi tempestivi ed efficaci, che possano aiutare le imprese a sostenere l’impatto derivante dal Coronavirus”. 
Una presa di posizione importante come evidenzia il presidente di Fipe Confcommercio Lecco, Marco Caterisano: "Come associazione abbiamo dato la nostra disponibilità a collaborare, ma siamo nello stesso tempo consapevoli della gravità della situazione per le imprese. Fin da subito abbiamo espresso dubbi sull’efficacia di disposizioni che contrastavano il contagio con l’imposizione di limitazioni nell'orario apertura: la chiusura solo per i pubblici esercizi alle ore 18 non ci pareva una soluzione. Ora, grazie alle sollecitazioni del presidente di Confcommercio Carlo Sangalli e al presidente della Fipe Lino Stoppani, abbiamo ottenuto che i bar con i tavoli possano restare aperti dopo le 18, con clienti in numero proporzionale ai posti a sedere disponibili nel locale. E' un risultato importante, che va incontro alla nostra richiesta di potere essere equiparati ad altre attività come i ristoranti".
Il chiarimento è arrivato dal sito della Regione Lombardia: i bar e/o pub che prevedono la somministrazione assistita di alimenti e bevande possono rimanere aperti come i ristoranti, a condizione che sia rispettato il vincolo del numero massimo di coperti previsto dall'esercizio".  La Faq pubblicata sul sito della Regione ricorda inoltre che "l'obiettivo dell'ordinanza che regola le prescrizioni per il contenimento del Coronavirus nelle aree regionali classificate come 'gialle' è quello di limitare le situazioni di affollamento di più persone in un unico luogo. Nei ristoranti può entrare un numero contingentato di persone. Lo stesso, dunque, vale anche per i bar dove ci sono posti a sedere contingentati e che effettuano servizio al tavolo e non al bancone". 
Ma l'intervento della Fipe non si limitava alla questione dell'orario di chiusura. Nella sua nota la Federazione Italiana Pubblici Esercizi ha richiesto al Governo provvedimenti di sostegno eccezionale: sospensione dei contributi e premi come già avvenuto in precedenza in occasione di eventi e calamità naturali; previsione di fondo di contribuzione per i titolari di pubblico esercizio, come ad esempio bar, pub, ristoranti, locali da ballo..., interessati dall’obbligo di sospensione dell’attività; estensione delle previsioni delle causali del Fondo Integrazioni Salariali alle imprese non ricomprese e previsione della cassa in deroga anche per tutte le causali che non sono ricomprese in quelle già previste per il Fondo Integrazione Salariale, sia riferite alle zone direttamente coinvolte ed interessate da provvedimenti e misure di contenimento, sia indirettamente al settore dei pubblici esercizi in conseguenza della riduzione dei flussi turistici e della forte contrazione della domanda interna. "Chiediamo attenzione e risposte rapide, che diano maggiori certezze al settore e che attenuino la portata della crisi che stiamo vivendo. Stiamo già adottando le misure di sicurezza tese a arginare il contagio, ma chiediamo, pur senza sottovalutare l'emergenza Coronavirus, che sia posto un freno all'effetto psicosi. Vanno bene le precauzioni, ma fare dell'inutile allarmismo non serve nè a tutelare la salute dei cittadini nè tantomeno a sostenere le imprese", conclude il presidente Caterisano.


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