2019-07-14

OLIMPIADI INVERNALI 2026: OCCASIONE DA NON PERDERE

ENRICO MAGNI - Camminando o facendo footing in qualsiasi città attrezzata di percorsi ciclopedonali con delle panche per rilassarsi e fermarsi a chiacchierare, è facile incontrare o vedere anziani più, o meno giovani e arzilli, che se la raccontano senza troppo affaticarsi. Basta fermarsi per prendere fiato e allungare le orecchie per ascoltare dei mantra ricorrenti; uno di questi è quello della salute del corpo; un altro riguarda la pensione e lo stato economico; un altro ancora è l'aiuto ai figli o alle figlie per i nipoti; un altro riguarda il passato che è sempre meglio del presente e del futuro.
Per i simpatici e monotoni anziani l'importante è stare lì fermi a raccontarsi le cose senza immaginare nessun cambiamento. Il presente nel bene o nel male rassicura, per loro il cambiamento è una categoria archiviata: preferiscono quello che c'è.
E' la stessa impressione che si riceve nel leggere quello che è emerso dall'incontro o dal convegno voluto dal Consigliere Regionale del Pd per quanto riguarda le future Olimpiadi Invernali del 2026 che, essendo state assegnate all'Italia, si svolgeranno su due territori regionali Veneto e Lombardia e coinvolgeranno il lecchese.
In Lombardia da padrone la faranno Bormio e Milano. Il bello è che il territorio di Lecco sarà coinvolto per quanto riguarda prevalentemente la viabilità. Le Olimpiade del 2026 avranno bisogno di infrastrutture quindi di finanziamenti che proverranno anche dall'Unione Europea; è un’occasione per guardare le cose con un certo opportunismo per il lecchese, anche se poi su dieci richieste strutturali sostanziali se ne porteranno a casa una o due. 
Dopo solo qualche settimana della nominescion i politici locali e le varie agenzie socioeconomiche del lecchese si sono ritrovati per confrontarsi ed elencare le priorità, le opportunità da prendere in considerazione.  Le proposte espresse dai vari partecipanti si possono racchiudere in una categoria dell’hic et nunc: cioè, cerchiamo di sistemare, mettere in sicurezza la statale trentasei, fare i peduncoli, sistemare al meglio la stazione di Lecco, ripensare alla viabilità anche perché altro non sarà dato. E' una sintesi un po' contratta, ma nella sostanza è ciò che è stato detto: è una visione minimalistica e depressogena. 
Dire che il traforo dello Spluga, non è possibile, è comprensibile. Se fosse stato fatto cinquant'anni fa, le vie commerciali e turistiche di questa terra sarebbero in testa alle statistiche; ormai fa parte dei racconti dei vecchi pensionati seduti sulla panchina a guardare il lago e il Resegone: non c'è più nemmeno lo scalcagnato Cinema Italia. 
Non sarebbe sbagliato cogliere l'occasione per proporre il raddoppio della linea ferroviaria Lecco-Sondrio-Tirano per favorire il pendolarismo dei visitatori e rispondere a un bisogno di modernità e di comodità a chi usa il treno tutti i giorni per andare a lavorare o a studiare: è una linea maltenuta e maltrattata. Non ci potrà essere una riqualificazione di questa tratta senza il raddoppio ferroviario; non basta cambiare motrici e vagoni: sono solo dei pannicelli caldi. 
Bisogna credere nelle visioni, non lasciarsi prendere dal mal di pancia di una cattiva digestione. Prima del governo del centro-sinistra a Lecco, quando c'era il centrodestra al potere, una delle proposte fatte dal centrosinistra fu di canalizzare il percorso ferroviario sotterraneo come a Bologna o spostare la stazione a Maggianico; erano ragionamenti che mettevano al centro la dimensione urbana della città. L'ipotesi urbanistica era quella di mettere in contatto la parte alta della città con la parte bassa; l'allora sindaco Bodega della Lega propose una passerella che da piazza Sassi scavalcasse tutta la linea ferroviaria per raggiungere le Meridiane. Non se n'è fatto nulla ma il problema resta. 
Proporre il raddoppiamento dei binari vuol dire collegare la città metropolitana con tutto il nord della Lombardia. Stando sempre nel settore viabilità il prolungamento della tangenziale Lecco-Bergamo è indispensabile per il movimento delle merci e l'avvicinamento all'aeroporto di Orio al Serio. Non basta rattoppare o allargare quello che già c'è. E' necessario uscire dalla logica: si fa quel che si può. 


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