2019-02-28

Addio Vittorio Martinelli, pittore manzoniano. L’ultimo saluto sabato 2 marzo

I funerali alle ore 9.45 nella chiesa parrocchiale a Germanedo di Lecco. Settantatreenne, le sue tele erano un omaggio d’amore al Lario. Lo si scopriva nella tenerezza delle pennellate con cui l’artista componeva il quadro dell’ambiente, sullo sfondo di “quel ramo del lago di Como” e del Resegone


di Claudio Redaelli
Lutto nel mondo dell’arte. E non soltanto del capoluogo e della terra lecchese. All’età di 73 anni, all’ospedale “Manzoni” è morto il maestro Vittorio Martinelli.
Le sue tele erano un omaggio d’amore al Lario. Lo si scopriva nella tenerezza delle pennellate con cui l’artista componeva il quadro dell’ambiente, sullo sfondo di “quel ramo del lago di Como” e del Resegone.

E quella tenerezza prorompeva in particolare nei suoi dipinti raffiguranti Pescarenico, dove riecheggiava il sublime canto dell’Addio, monti in cui Alessandro Manzoni prestava a Lucia sentimenti che erano i suoi, per il “tristo passo” dell’allontanamento da quelle “cime ineguali” fra le quali il Gran lombardo era cresciuto e alle quali, volontariamente, non sarebbe più tornato.
Le opere di Martinelli hanno portato  in tutta Italia e in tutto il mondo i paesaggi manzoniani, perché nelle immagini del borgo divenuto città, compresi i suoi indimenticati notturni presentati tra fine 2002 e inizio 2003 in una mostra alla Torre Viscontea proposta dal Comune di Lecco e dai Musei civici, era sempre vivo lui, il Manzoni.
Manzoniana è in effetti tutta Lecco, con il suo lago e i suoi monti, i suoi torrenti, le stradicciole , i villaggi sparsi sui pendii, l’ambiente nel suo insieme e persino l’aria che vi si respira.
Ogni particolare aveva e ha tuttora un richiamo manzoniano e non lo cancella il perpetuo scorrere dell’acqua dell’Adda che passa sotto il ponte.
Qualcosa è certamente mutato dai tempi del Manzoni. Il “gran borgo” che all’epoca si incamminava a diventare città ha camminato davvero e città lo è diventata, ma a ben guardare si ritrova integro il quadro che scaturisce dall’avvio del romanzo, lo “spettacolo” di Lecco. E il suo poema.
E un altro riferimento che ci faceva definire Vittorio Martinelli “pittore manzoniano” o, per meglio dire, pittore della terra manzoniana, era l’Adda, il cui riferimento ci riportava nuovamente a Pescarenico, il rione dove l’Adda ha ormai ripreso “corso e figura di fiume”.
E si tratta di un fiume che ha una presenza non accessoria nella vicenda degli sposi promessi, specie per quel suo comparire in scena in due momenti cruciali: la fuga di Renzo e Lucia dal paesello e quella di Renzo da Milano verso Bergamo.
“L’Adda ha buona voce…” pensa il filatore di seta tendendo l’orecchio. Una “voce”  che il Manzoni e, come lui, anche Martinelli avevano imparato a conoscere fin dall’infanzia.
Pittori di ogni epoca hanno affidato al pennello l’elogio del Lario e la descrizione dei più suggestivi scorci di questa nostra terra incantata. Nelle tele di Vittorio Martinelli l’eloquenza dell’immagine sapeva fissare l’incanto proprio della terra manzoniana.
Il linguaggio del colore penetrava l’essenza di questo paesaggio sobrio, sereno e schietto, quasi velato di tenera malinconia.

I suoi quadri erano un tuffo in una natura che a tratti poteva apparire aspra, ma che in realtà era un insieme di dolcezza e svelava qualcosa anche del grande Leonardo da Vinci.
Un piccolo mondo che vive, lavora, che è protagonista di uno spettacolo senza confronto. Se in primo piano, negli scorci manzoniani di Martinelli, c’era l’acqua di “quel ramo” e dell’Adda, lo sguardo veniva poi catturato dall’altra componente che contraddistingue il territorio: i monti.
Il pittore aveva per le montagne di casa quell’amore comune a tutte le genti lecchesi, di ieri e di oggi.  Martinelli sapeva esaltare il Resegone nell’ora più emozionante del giorno, quella del tramonto, quando la montagna offre ogni volta una spettacolo cromatico nuovo.
Nelle sue tavole, infine, si ritrovava un’altra “pennellata” manzoniana, quella della costiera di Lecco “che scende appoggiata a due monti contigui, l’uno detto di San Martino, l’altro il Resegone”. Guardando le due montagne, sulle tele di Martinelli non si poteva non pensare al “diadema de’ miei monti”, come definiva questa cerchia il lecchese abate Antonio Stoppani, lasciandosi sfuggire come un sospiro  - nel Bel Paese - “non la finirei più quando parlo de’ miei monti”.
L’ultimo saluto al maestro Vittorio Martinelli verrà dato sabato 2 marzo alle ore 9.45 nella chiesa parrocchiale di Germanedo, rione di Lecco.
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Alla moglie e ai tre figli di Vittorio Martinelli il senso del cordoglio di tutti noi del sito ilpuntostampa.news e la vicinanza personale del direttore Claudio Redaelli, nella certezza che la personalità, la professonaltà e le qualità pittoriche di questo splendido artista non saranno mai dimenticate .





3 commenti:

  1. Uno dei pochi artisti che ancora amano,rappresentano e cantano la nostra Lecco. Mancherà a tutti.

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  2. Ho conosciuto personalmente Il Maestro in quanto frequentavo i suoi corsi.
    Mi sono “innamorato” del suo stile pittorico vedendo i suoi quadri appesi in un albergo di Pescarenico, da quel momento iniziai a frequentare i suoi corsi che mi portarono a conoscere la Persona, La sua umanità ed il suo lato mistico.
    Lascia un ricordo umano indelebile e credo che il suo Estro continuerà a vivere nei quadri di tutti i suoi allievi che lo hanno seguito con rispetto ed ammirazione .
    Ciao Vittorio grazie per averci dato tanto

    Nicola Perut

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