2018-12-18

Sala piena per la presentazione del libro “L’uomo delle parole incrociate”


Gianfranco Colombo - Non tutti sanno che il vero inventore delle parole incrociate fu il lecchese Giuseppe Airoldi (1861-1914). A questo impiegato comunale appassionato cultore dei giochi di parole dedica il suo recentissimo romanzo Giorgio Spreafico: s’intitola “L’uomo delle parole incrociate” ed è pubblicato da Teka edizioni.
Giuseppe Airoldi nacque a Castello di Lecco l’8 settembre 1861 e la sua professione era quella di impiegato municipale. Ma l’Airoldi doveva essere tutto tranne che un grigio passacarte, infatti, un vecchio articolo lo descrive come «un tipo eclettico, pubblicista, scrittore, musicofilo, corrispondente di giornali e di riviste». Il 14 settembre 1890 Airoldi pubblicava sul «Secolo Illustrato», edito a Milano da Sonzogno, le «parole incrociate». È l’esordio ufficiale di questo gioco, più di vent’anni prima della sua apparizione oltre oceano. Come mai nessuno se ne accorse? Giuseppe Airoldi ci mise del suo. Infatti, era solito non firmare i suoi contributi, oppure firmarli con pseudonimi astrusi, spesso ricavati dai Promessi sposi. Nel numero del 21 settembre 1890 del «Secolo illustrato della domenica» le parole incrociate erano firmate da un certo “Inno Minato” che altri non era se non l’Airoldi che doveva divertirsi un sacco ad attribuirsi queste nuove identità. In altri numeri della rivista appare un gioco simile, la «parola quadrata», firmata talora da “Ugo Finora di Roma” ed altre volte da “Ambrogio Arpisella di Milano”. Eccentricità divertite di un personaggio che avrebbe meritato maggiore fortuna. A Spreafico chiediamo innanzitutto come sia nata l’idea di dedicare un libro a Giuseppe Airoldi: «Questo libro nasce per ovviare alla scarsa memoria che spesso abbiamo della nostra storia e quella di Giuseppe Airoldi è una vicenda che meritava di essere ricordata.

E’ un percorso che va dal 1881 al 1891 e che spiega come questo pioniere dell’enigmistica moderna giunse a proporre un gioco che segnò una svolta rispetto agli altri del suo tempo. Il primo a pubblicare le parole incrociate, infatti, fu proprio lui. Era il 14 settembre del 1890, una domenica, e il nuovo gioco – presentato proprio con quel nome e con definizioni numerate verticali e orizzontali – uscì senza firma sul “Secolo Illustrato” di Milano. Solo ventitré anni dopo il giornalista Arthur Wynne, un inglese trapiantato in America, propose sul “Fun” (supplemento del “New York World”) il “Word-Cross Puzzle” che lo rese famoso come padre del passatempo enigmistico più amato e diffuso nel mondo». Il vero inventore delle parole incrociate, dunque, fu proprio Airoldi ma nonostante questo la paternità dell’invenzione è da sempre attribuita a Wynne: «Purtroppo le cose stanno così e la battaglia è persa da tempo. Del resto, che Airoldi esista ed abbia inventato questo gioco lo si è scoperto anche da noi solo negli anni Sessanta grazie ad Angelo Zappa, fondatore nel 1952 della rivista “La Sfinge Manzoniana”. Sono state proprio le ricerche di Zappa a rivelare Giuseppe Airoldi e la sua invenzione di cui sino ad allora non si sapeva nulla. In seguito a quella scoperta, nel 1961, centenario della nascita di Airoldi,  gli vennero dedicate grandi manifestazioni. Sul piano internazionale, invece, non è mai cambiato nulla». Giorgio Spreafico non si è limitato a raccontare questa incredibile storia, l’ha anche trasformata in un romanzo: «Ho voluto calare la vicenda di Airoldi dentro il suo tempo e mi sono concentrato sui dieci anni (1881-1891) che hanno portato il nostro impiegato a creare questo gioco. Mi è molto piaciuto mettere in rilievo il contrasto tra l’impiegato comunale ed il mondo immaginario in cui viveva». Le pagine di Spreafico raccontano così anche la storia della Lecco di quei tempi: «Airoldi doveva essere tutto tranne che un grigio travet. Era anche un cronista ed io lo faccio muovere in questa sua città con persone veramente vissute. Potremmo dire che anche la città è protagonista  di questo libro.  Il passo di Airoldi segue quello della città.
Lui vive nella Lecco dei mercati e del porto, delle filande e delle officine, dei primi scioperi operai, delle battaglie tra garibaldini e cattolici, della nascita del Cai e dei freschi echi manzoniani; la città di Mario Cermenati e dell’abate Stoppani, di Antonio Ghislanzoni e dei compositori Ponchielli e Gomes». Un debito particolare Spreafico deve anche alla sua storia familiare, molto legata all’enigmistica: «Mio padre, negli anni Cinquanta e Sessanta, fu un grande amante dell’enigmistica, vinceva gare, creava giochi legati alle parole. In quegli anni Lecco visse una grande stagione legata all’enigmistica. Anche se io non ho ereditato questa passione, il libro su Airoldi è un omaggio a mio padre, che mi ha insegnato a giocare con le parole».

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