2018-12-31

“Lecco d’una volta”, una città in immagini tra Ottocento e Novecento

Il volume era stato dato alle stampe nel 1974 per volontà degli “Amici di Enrico Gandola”




Claudio Redaelli - Si intitola, anche un po’ romanticamente, Lecco d’una volta e racchiude immagini di una città tra Ottocento e Novecento.
Era stato dato alle stampe, in esemplari numerati, sul finire del 1974 dalle Arti grafiche Valsecchi di Malgrate per conto degli “Amici di Enrico Gandola” e alla realizzazione del bel volume avevano contribuito l’Associazione Bovara di Lecco, Antonio Balbiani, la Banca Popolare di Lecco, Pietro Gaetani, Giuseppe Rossi, Gianfranco Scotti e Angelo Borghi, al quale si deve la cura del libro stesso.

Una pubblicazione “dedicata” all’ingegner Enrico Gandola, al quale si dovevano la biblioteca civica e l’istituzione di due musei. Ma non solo. Gandola, come si legge nella pagina introduttiva del volume, “fu anche un cittadino esemplare nel porsi a disposizione dell’amministrazione pubblica, pressoché gratuitamente, quale ingegnere capo del Comune per un periodo provvisorio, che poi durò abbastanza a lungo, nel consigliare molti comuni della Valsassina salvaguardandoli dagli insediamenti che li hanno trasformati e distrutti nella loro bellezza, quale progettista di lavori pubblici significativi e quale consulente di aziende industriali”.
Gandola inoltre donò ai musei civici, dopo averle raccolte, molte illustrazioni della “sua” Lecco e un gruppo di amici decise di offrire alla città un omaggio alla sua memoria, riunendo in un volume quelle e altre fotografie della vecchia Lecco.

“Oggi Lecco è una città abbastanza vasta - scrivevano nella prefazione i promotori dell’iniziativa - che ha sfruttato all’inverosimile la sua lingua di terra tra la montagna e il lago. Ha sacrificato tutto il sacrificabile per industrie e case, ha creato brutti quartieri, ha soffocato nel decadimento i vecchi rioni cittadini, senza che peraltro il centro abbia assunto il respiro di una città moderna, e si è creata vasti problemi di traffico”.

E ancora: “La sua unica gloria è forse il lavoro, la capacità dei suoi abitanti di creare incessantemente nella storia condizioni di lavoro per una massa di gente, di Lecco e dei comuni del territorio. Lavoro che fu un tempo prevalentemente del ferro, lavoro che non disdegna però ogni tipo di impresa, tanto che nelle centinaia di industrie si può ritrovare agevolmente lo specchio dell’intera industria nazionale”.

Non a caso i lecchesi “si sono dimostrati capaci di affrontare ogni difficoltà, di sperimentare ogni tecnica, di risolvere ogni problema con una poliedricità tipicamente lombarda”.
“Un luogo - sottolineavano sempre i promotori del volume - di forti contraddizioni, anche se in genere la celebrazione delle attività lavorative da tempi antichi si spreca, specie sui meriti del torrente Gerenzone, indiavolato conduttore delle nostre macchine idrauliche. E questa celebrazione, sostenuta dai capitani dell’industria, non ha mancato di formare la reale retorica della nostra provincia, a scapito della gloria dell’umile movimento dei loro operai”.
Poi spazio alle meravigliose immagini, una più interessante e più significativa dell’altra, ciascuna spiegata con corpose quanto efficaci didascalie: dalla prima - una veduta generale di Lecco e del Resegone del 1894 - fino all’ultima: le casupole di piazza Era a Pescarenico, rimaste uguale per secoli.

Davvero un bel libro, anzi un bellissimo volume destinato ad arricchire ogni biblioteca, sia essa pubblica o privata.


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