2018-11-12

ANACI: "Ricostruire la comunità sociale in condominio è un impegno di tutti"

“Chi svolge un’attività come quella degli amministratori condominiali si trova in prima linea a dover gestire le tensioni personali e sociali di cui è piena la nostra società contemporanea. Un ruolo che vi accomuna a quello di chi è amministratore pubblico, chiamato a fare sintesi di esigenze espresse da una molteplicità di interessi.
Occorre avere buona capacità di ascolto, oltre che competenze specialistiche. E proprio questi due elementi sono gli ingredienti che hanno fatto apprezzare dai cittadini la vostra attività di consulenza gratuita offerta presso il Comune di Lecco on lo sportello che gestite”. Ad affermarlo è stata giovedì sera la Vicesindaco di Lecco, Francesca Bonacina, portando il saluto dell’Amministrazione comunale del capoluogo all’incontro pubblico dal titolo “Ricostruire la comunità sociale”, promosso da ANACI Lecco presso Sala don Ticozzi a Lecco.  Un incontro voluto da ANACI Lecco per offrire ai cittadini un’opportunità di confronto sui temi “più caldi” che toccano da vicino la vita in condominio, e, al tempo stesso, un’occasione per gli amministratori condominiali per riflettere sul proprio ruolo nella società contemporanea.
“Pretendere che l’amministratore condominiale educhi è sbagliato.– ha affermato nel suo intervento il presidente di ANACI Lecco Marco Bandini– L’amministratore è un soggetto terzo rispetto alla comunità del condominio: è un notaio, un consulente a cui è chiesto da un lato di conoscere la materia nel suo insieme, dall’altro di fare da facilitatore rispetto alla vita quotidiana del condominio. E il condominio è un alveare, in cui tutti non vorremmo trovarci: un luogo di convivenza forzata che, per sua natura, crea tensioni, in quanto ci obbliga alla convivenza, a dover prendere consapevolezza che questa è una condizioni ineliminabile. L’obiettivo, dunque, è quello di vivere al meglio questa condizione, aprendoci per risolvere le problematiche collettive, assumendoci le nostre responsabilità. Solo in questo modo, affrontando e condividendo i problemi comuni, possiamo cementare un’unità”.
Certo, ha continuato Bandini, è un processo che implica fatica a livello personale, soprattutto perché ci impone di prendere atto che ogni comunità è fatta di “diversi” con i quali siamo chiamati a convivere. Ma gli esempi che arrivano dal Nord Europa ci mostrano che ciò è possibile: “Il tema del co-housing, che altrove è particolarmente diffuso, ci fa capire che condividere servizi è non solo possibile ma anche vantaggioso. Ciò che ci è chiesto è un salto culturale, che ci porti ad accettare la coesistenza di culture diverse”. Ciò non significa lassismo, ma al contrario “mantenere al più alto livello il senso civico, ovvero il rispetto delle regole comuni”.
Un impegno a cui l’amministratore condominiale è chiamato nel proprio quotidiano, con un ruolo di “facilitatore” che implica una capacità di ascolto attivo e al tempo stesso di comunicazione. Sapere, saper fare e saper essere, dunque, come ha ricordato lo psicologo Silvano Sala, nella consapevolezza che esistono dei tempi necessari perché il principio di apprendimento diventi capacità di adattamento, soprattutto quando ci sono in gioco culture profondamente diverse. Ad aiutare la convivenza e l’apprendimento, ancora una volta, è la responsabilità del singolo partecipante alla comunità, come ha sottolineato l’avv. Arveno Fumagalli: ogni inquilino non si può sottrarre a questo impegno morale. Anche perché, se è vero che oggi la legislazione offre strumenti più efficienti di quelli a disposizione fino a ieri, è fondamentale agire sul piano dei rapporti personali prima di adire alle vie legali.

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