2018-10-22

EFFETTO RIMPASTO A LECCO

ENRICO MAGNI L’effetto del rimpasto di Giunta a Lecco ha determinato una serie di reazioni dentro e fuori l’apparato che sollecitano ilarità. La prima è l’interpretazione esegetica che il Sindaco offre agli analfabeti della politica nello spiegare la differenza tra il verbo rinnovare e rimpastare affermando che rinnovare è più appropriato e meno ambiguo: hanno lo stesso significato. 

Sempre il Sindaco di Lecco, in una lunga intervista giornalistica, pone l’accento sull’aspetto comportamentale degli assessori: sono poco empatici, aggreganti con le associazioni, stanchi, poco energetici nei riguardi del mondo civico, però ne condivide l’operato. 
Per il Sindaco il problema non è politico ma riguarda la condizione psicologica degli assessori uscenti: erano stanchi e necessitavano nuove energie.
Un terzo passaggio è quello della comunicazione futura. Il Sindaco da adesso in poi s’impegnerà a narrare quello che è stato fatto e quello che farà con determinazione e solerzia. In queste argomentazioni apparentemente di politico c’è poco, servono soltanto per spostare l’attenzione e mascherare, ma non negare, ciò che non va. 
La dimostrazione che qualcosa non va  è sotto gli occhi di tutti e riguarda la macchina comunale gestita - prima del rimpasto - dal leader della lista Appello per Lecco. Infatti, la macchina comunale da anni continua a subire una serie di difficoltà organizzative e amministrative. C’è un movimento costante e permanente di personale apicale e non solo che lascia Lecco per altre amministrazioni. La solita giustificazione è che il personale può chiedere trasferimenti e attingere alla mobilità: è una risposta vuota di senso. Il cambio così accentuato è un segno sostanziale di un malessere e di una cattiva gestione politica amministrativa. 
Il primo risultato ottenuto da questo rinnovamento è stato quello di sentire alcune valutazioni e amarezze degli assessori licenziati e c’è qualcuno del Pd e fuori che inizia a porsi qualche domanda. 
Inoltre, sarà un caso, ma non lo è, all’interno del Pd della città e a livello provinciale sono in atto dei cambiamenti organizzativi. In primis, è stata la riorganizzazione dei Circoli a Lecco.
I cinque Circoli, che corrispondevano alle vecchie sezioni del Pci, Pds, Ds, sono stati azzerati. In città resta solo il Circolo di Lecco. Si sono cancellati sessant’anni e più di storia della sinistra democratica: è il frutto fallimentare della fusione a freddo, della politica veltroniana del partito leggero, quello di opinione contro quello territoriale, della cellula (ma questa è un’altra storia). Si giustifica questo passaggio in chiave razionalistico organizzativo. E’una grande balla. 
Al posto di ripartire dalle periferie, dalle situazioni marginali per ristabilire un contatto si compie un’operazione che va in bocca alla balena com’è stato per il 4 marzo 2018: l’accentrare è sempre un grande segno di debolezza in politica e non solo.
Così, allo stesso modo è sconcertante sentire, da parte dell’ex segretario provinciale del Pd di Lecco, a Merate, e da altri sauropsidi, che bisogna costruire un soggetto terzo per le amministrative del 2019. Il concetto di soggetto terzo evoca il lettino analitico di formazione lacaniana, forse qualcuno dovrebbe rivolgersi allo psicoanalista lacaniano del partito (Massimo Recalcati) per far emergere dalle ceneri, dalle ombre della psiche che cosa sia questo soggetto terzo: è un androide, un fantasma acefalo, una civetta, un porco spino? Ma dove sono costoro?
In una fase sociale in cui la frammentazione produce disgregazione e c’è bisogno di trovare almeno un’identità multipla ma identità, si lascia il territorio e il sociale per costruire un soggetto senza colore, identità e faccia. E’ questa la proposta sommersa che sta maturando.  I movimenti attuali al governo sono invece frutto di un aggregativo sociale in movimento che si fonda su contenuti aggreganti: piaccia o non piaccia. 



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