2018-09-28

Stendhal in Brianza e a Oggiono

di Gianfranco Colombo -  I laghi di Pusiano, di Oggiono, di Annone sono gli specchi di quella terra inafferrabile che è la Brianza. Carlo Linati ne parla come di un «mirabile giardino naturale, dove persino la luce ha un suo accento tipico e inimitabile, come la luce su un eden». Gianni Brera si spingeva, in epoche non sospette, a scrivere di essere certo dell’esistenza «di una nazione lombarda e persino di una nazione brianzola nella nazione lombarda».
Dunque, quella brianzola è una realtà che non può essere trascurata. E ci danno ragione quegli illustri che l’hanno descritta come il Parini e lo Stendhal, ma anche un grande scrittore come Gadda, che l’ha amata ed odiata, quasi non sapesse decidersi se considerarla madre o matrigna. Una terra che ha in sé qualcosa di non comune se ha potuto ispirare due grandi amici come Testori e Morlotti. Le loro parole, i loro quadri ci dicono che la Brianza è terra molto particolare e, proprio per questo, da conoscere. Proprio Stendhal annotava: “Finalmente il mio spirito, che rifiuta per amore il troppo bello, ha trovato qualche cosa dove non c’è nulla da rifiutare… i monti della Brianza”. E su questo concetto di “un’affascinante imperfezione” ha scritto anche Luigi Santucci: «E’ bella la Brianza? Per fortuna non troppo. Tutto perfetto in Brianza, più quel tocco di imperfezione (ma sfuggente, indefinibile) che rende questi luoghi anche più degni di venir promossi a primo posto del mondo». Henri Beyle, in arte Stendhal (1783-1842), compì un viaggio in Brianza nel 1818, esattamente cento anni fa. Partì da Milano il 25 agosto con l’amico Vismara, si fermarono ad Inverigo e quindi arrivarono al lago d’Alserio, alle quattro giunsero,  infine, ad Asso. Il giorno successivo si misero in cammino per il lago di Pusiano: «Siamo su un sentiero circondato da castagneti che mena al triste lago del Segrino. Posti selvaggi e incolti; l’acqua ne prende un’aria morta. Arriviamo alfine a una cima e scopriamo l’incantevole lago di Pusiano, che ci appare tanto più gradevole in quanto tutto quello che abbiamo visto ad Asso è assolutamente insignificante. La nostra ammirazione aumenta allorché scendiamo al lago per una scorciatoia. Il nostro contento è ancora accresciuto dai begli occhi delle due sorelle del padrone di casa. Prendiamo una barca e facciamo il giro dell’Isola chiamata “Delizie d’Adda”. Il lago è delimitato a Mezzogiorno da poggetti ben rimboschiti che gli conferiscono un aspetto dolce in contrasto con la severità dei suoi confratelli circondati da alti monti scoscesi.. Non vi sono montagne alte che sul lato nord, dietro Pusiano. Vi è una montagna brulla con un villaggio a destra. Gran numero di campanili al di là del lago». Successivamente i due amici si recarono a Oggiono, dove non mancarono dolci avventure sentimentali a cui Stendhal era sensibilissimo. Infine il 29 agosto ritornarono a Milano. Ma da dove nasce questo amore incondizionato di Stendhal per l’Italia? Possiamo dire che fu un colpo di fulmine che si concretizzò sin dal suo primissimo incontro con la nostra penisola. Non ancora diciottenne, nel giugno del 1800, Stendhal valicò le Alpi con l’esercito di Napoleone. Si trovava in uno stato di folle agitazione, che molto contribuì a fargli ritenere la terra italiana come un luogo unico e privilegiato. La città che entrò innanzitutto nel cuore di Stendhal è Milano e con lei, immediatamente dopo, la terra lombarda: «La campagna intorno a Milano, vista dai bastioni spagnoli che, in una pianura tanto uniforme, costituiscono un’altura notevole, è talmente coperta d’alberi da sembrare una fitta foresta impenetrabile allo sguardo. Al di là di questa campagna s’eleva, a qualche lega di distanza, l’immensa catena delle Alpi, le cui cime sono coperte di nevi anche nei mesi più caldi… Sotto questo bel cielo italiano, le pendici di quei monti dalle vette coperte di nevi d’un biancore abbagliante, appaiono d’un biondo cupo: sono esattamente i paesaggi di Tiziano. Gli abitanti indicavano ai giovani francesi, incantati di questo spettacolo, il Resegone di Lecco…». A conferma di questa passione, di quello che si può definire un vero innamoramento, lo stesso scrittore qualche anno dopo, il 3 agosto del 1827, annotava: «Che dire del lago Maggiore, delle Isole Borromee, del lago di Como, se non compiangere le persone che non li amano follemente?».

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