2018-09-26

L’agricoltura nelle zone montane come alternativa al sottosviluppo

Negli anni Settanta a Como si tenne una conferenza provinciale incentrata in particolare sull’occupazione giovanile e più in generale sui nodi dell’economia lariana

di Mauro Galli
Era la seconda metà degli anni Settanta e a Como si tenne una conferenza provinciale incentrata in particolare sull’occupazione giovanile e più in generale sui nodi dell’economia lariana. A promuoverla fu l’amministrazione provinciale, all’epoca presieduta da Giovanni Fiamminghi.
L’evento ebbe vasta risonanza non soltanto a livello locale, tanto che anche il quotidiano nazionale del Pci L’Unità dedicò alla conferenza un ampio servizio.
Erano gli anni dello storico accordo di Villa Amalia di Erba, il primo in Italia, siglato da ben cinque partiti (Dc-Psi-Pci-Psdi-Pli) dopo un ampio quanto serrato confronto, con il Partito comunista rappresentato dal suo capogruppo Claudio Redaelli (va ricordato che il Pci partecipava alle sedute della giunta provinciale con voto consultivo).

A tenere banco in quegli stessi anni era, come detto, il dibattito sull’occupazione, con in primo piano l’agricoltura nelle zone montane come alternativa (di fatto unica) all’emigrazione e al sottosviluppo.
A guidare la Commissione provinciale Agricoltura era Claudio Redaelli, che in sede di dibattito sui temi forti della Conferenza economica aveva innanzitutto sottolineato come proprio l’agricoltura fosse in grado di recuperare forze giovani, “quelle stesse forze che negli ultimi anni hanno abbandonato la terra in maniera massiccia”.

“Emerge da una parte un quadro provinciale generale di abbandono dell’attività agricola - rimarcò Redaelli - e dall’altra una situazione provinciale che ha al suo interno due situazioni antitetiche: una di sviluppo e una di crisi. Nei dieci anni che precedono il 1971 la popolazione attiva in agricoltura in provincia di Como è passata dalle 20.000 unità del ’61 alle 9.051 del 1971, con una diminuzione del 57 per cento. Nello stesso arco di tempo il numero delle aziende effettivamente attive è diminuito del 54,8%. Sono diminuite anche le superfici coltivate e i lavoratori che più hanno pagato questo tracollo dell’economia agricola sono i coltivatori diretti”.

“Attualmente - aggiungeva Redaelli - la situazione dell’agricoltura in provincia di Como è, se non la peggiore, tra le peggiori fra quelle delle altre province della Lombardia. Da noi l’agricoltura trova impedimenti e ostacoli di ordine naturale e di ordine urbanistico, in conseguenza di insediamenti disordinati, abitativi e urbani”.
Veniva altresì evidenziato che l’unico dato positivo in merito alla situazione agricola nel Comasco e nel Lecchese riguardava il miglioramento delle strutture a seguito di piccoli investimenti e della meccanizzazione avvenuta nelle zone di sviluppo secondario.
Già allora occorreva dunque affrontare seriamente i temi della montagna. E veniva sottolineata l’importanza di “far diventare le Comunità montane organismi operanti e democratici, che diano impulso allo sviluppo dei territori montani e di riflesso delle attività agricole, zootecniche, turistiche e collaterali”.
In montagna, si chiedeva Claudio Redaelli nella sua riflessione, non è forse il caso di programmare un recupero e uno sfruttamento delle estensioni per pascoli, degli alpeggi, per un corretto potenziamento della zootecnia in parallelo con altre iniziative in pianura, stalle sociali e altro?

Recuperare gli alpeggi e i pascoli avrebbe significato del resto anche dotarli delle necessarie infrastrutture, così come sarebbe stato fondamentale ristrutturare le aziende da un punto di vista dell’estensione terriera, delle caratteristiche e degli investimenti produttivi attraverso l’associazionismo e gli investimenti pubblici.
“E’ necessario migliorare le condizioni di vita degli addetti - scriveva in quegli stessi anni sempre Claudio Redaelli - dal punto di vista del reddito e delle condizioni di lavoro, oltre che delle infrastrutture sociali e civili e della difesa dell’ambiente naturale. Occorrerà quindi elaborare piani di zona per lo sviluppo agricolo ed è indispensabile che l’agricoltura venga tenuta in considerazione nelle programmazioni urbanistiche dei singoli comuni e dei comprensori”.
“Se è vero che questa è la strada per salvare l’agricoltura e per farle riconquistare il posto  che le compete nel quadro economico lariano - concludeva l’allora capogruppo del Pci - è indispensabile che l’Amministrazione provinciale entro brevissimo tempo dia l’esempio mettendo a disposizione Cassina Rizzardi (130 ettari di terreno agricolo già di proprietà pubblica, ndr) per l’agricoltura associata”.

Nelle foto, immagini d’archivio dei Piani di Bobbio e uno scorcio della platea durante i lavori della Conferenza economica provinciale.

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